Nel medesimo giorno in cui il consiglio provinciale trentino, imitando la Convenzione altoatesina, istituiva la Consulta con il compito di riscrivere lo Statuto di autonomia (lo scorso 28 gennaio), senza alcuna comunicazione, i senatori di maggioranza del Trentino Alto Adige hanno depositato un disegno di legge costituzionale di revisione dello Statuto stesso.T. Scarpetta - G. Riccio, "Corriere del Trentino", 7 febbraio 2016
Nel testo, tra le altre previsioni, quella di trasferire alle Province la competenza regionale sugli enti locali, una delle poche rimaste alla Regione insieme a previdenza e minoranze linguistiche. «Ce lo hanno chiesto i presidenti Kompatscher e Rossi» garantisce Karl Zeller (Svp), primo firmatario del disegno di legge. La strategia dei due governatori era nota e da tempo: muoversi su due fronti. Avviare le procedure per la riscrittura dello Statuto di autonomia e, nel contempo, approntare un disegno di legge di iniziativa parlamentare volto a «mettere in sicurezza» le competenze statutarie dopo che la riforma del titolo V della Costituzione ha cancellato le competenze concorrenti delle Regioni. Perché, allora, nessuno a Trento, Bolzano e Roma ha fatto sapere che, da una settimana, era stato depositato un disegno di legge tanto importante? Perché, in maggioranza, molti nutrono dubbi sull’opportunità di concedere alla Svp di spogliare la Regione di un’altra competenza senza prevedere di attribuirle nuove funzioni e perché una proposta tanto impegnativa ridimensiona il ruolo di Consulta e Convenzione. Fatto sta che il disegno di legge è stato depositato firmato da Zeller, Berger, Palermo, Fravezzi, Panizza, Laniece (Valle d’Aosta) e Tonini. In parte, ricalca il lavoro fatto dai «saggi» a cavallo tra 2014 e 2015 (Boato, Dellai, Detomas, Toniatti e Zeni per Trento, Perathoner, Happacher, Palermo, Volpe e lo stesso Zeller per Bolzano). Il raggio d’azione è più circoscritto. Si limita più che altro alla modifica degli articoli 4 e 8 dello Statuto di autonomia. Come spiegano gli stessi senatori nella relazione, gli obiettivi sono due: «È disposta la trasformazione di competenze, prima di tipo concorrente, in competenze esclusive. Inoltre, con riferimento alla potestà legislativa esclusiva delle Province, oltre ad un aumento in termini quantitativi delle competenze delle province stesse, viene operata una modifica anche in termini qualitativi, mediante cioè il trasferimento di competenze prima attribuite alla Regione»: gli enti locali.Più nello specifico, si spera di convincere il Parlamento a far diventare competenze esclusive della Regione (articolo 4) la disciplina giuridica e contrattuale dei propri dipendenti, l’ordinamento dei libri fondiari, l’ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza, degli enti di credito fondiario e di credito agrario, le Casse di risparmio e le Casse rurali. Quanto alle Province (articolo 8), oltre agli enti locali e all’ambiente, diventerebbero competenze esclusive il commercio, l’urbanistica e gli orari commerciali, la tutela e la sicurezza del lavoro, il demanio idrico e le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, comprese le concessioni, la produzione e la distribuzione dell’energia «d’interesse locale», l’ordinamento degli uffici provinciali e relativo personale, il procedimento amministrativo, la disciplina contrattuale dei lavori pubblici. Nel testo c’è poi un’altra previsione che non farà felice la minoranza: non saranno più i consigli regionale e provinciali ad autorizzare l’impugnativa di una legge, ma le giunte. «Questo disegno di legge — conferma Zeller — è freschissimo, lo abbiamo presentato una settimana fa e ora dobbiamo discutere ed approfondire all’interno della maggioranza per vedere se c’è la possibilità di portarlo avanti al Senato. Il quadro complessivo ora è chiaro e i due presidenti di Alto Adige e Trentino ci hanno richiesto, scrivendoci, di anticipare queste misure sulle competenze per vedere che cosa si potrebbe approvare entro la legislatura. Intanto — assicura il senatore — sono previsti incontri sul tema con gli altri partiti della maggioranza.Chiederemo di mettere questo disegno di legge all’ordine del giorno della commissione Affari costituzionali. Auspico che, nel frattempo, il parere del consiglio regionale possa essere positivo, dato che sono stati i due presidenti a invitarmi a ripresentare questo testo. Per questo, è stato fir-mato anche dai senatori trentini. Per quanto riguarda i tempi in commissione Affari costituzionali — conclude il parlamentare — dipenderà dalla disponibilità della sua presidente Finocchiaro».
Dorigatti furioso: «Ritirate la proposta». Manica tuona: «Atto irresponsabile. Stupefatto e amareggiato per Tonini»
La notizia del deposito del disegno di legge ha fatto saltare dalla sedia tanto il capogruppo del Pd, Alessio Manica, quanto il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, il quale è tranciante: «Invito, in particolare i senatori del Pd, a ritirare questo disegno di legge». «Si tratta di una forzatura politica, un atto inaccettabile e irresponsabile — tuona Manica —. Non più tardi di tre settimane fa Rossi è venuto da noi per rilanciare questa proposta e gli era stato chiaramente detto che non eravamo d’accordo. Non solo: a novembre avevamo tenuto una riunione come Pd sull’argomento, presenti Palermo e Tonini e nessuno aveva sostenuto l’opportunità di questa mossa. Posso capire Palermo, ma vedere che anche il senatore Tonini ha firmato il disegno di legge mi lascia stupefatto e amareggiato: nemmeno una telefonata per comunicarci che aveva cambiato idea». Per Manica l’errore è evidente. «Tutti sanno che per una proposta del genere oggi non vi è agibilità in parlamento. Perché allora sfidare il consiglio provinciale che proprio quel giorno istituiva la Consulta, presentando un disegno di legge di tale portata? Quale sarebbe l’obiettivo? Posso anche condividere l’idea di trasferire la competenza sugli enti locali alle Provincie e infatti, in consiglio regionale, avevamo approvato una mozione di cui risulto il primo firmatario in cui si apriva a questa ipotesi all’interno di un disegno complessivo per la Regione che qui, però, non c’è». Non è da meno Dorigatti. Il presidente del consiglio pesa le parole una ad una, ma la voce è tesa. «Questa scelta rappresenta uno schiaffo istituzionale all’intero consiglio provinciale che, quel giorno, ha istituito la Consulta. Una scelta che non era stata in alcun modo concordata nemmeno con le forze politiche di maggioranza. Chi ha dato loro un tale mandato?». Proprio il 28 gennaio, commentando l’istituzione della Consulta a Trento, Arno Kompatscher dichiarava: «O si fa così, o si lascia l’iniziativa ai parlamentari, ma non è la strada che abbiamo scelto». Peccato che, mentre lo diceva, Zeller depositava il disegno di legge. «Già aveva sollevato dubbi la scelta di procedere in maniera disgiunta tra Trento e Bolzano — continua Dorigatti — se ora si vuole affossare sul nascere il lavoro di Consulta e Convenzione, questa è la strada giusta. Non si può predicare la partecipazione dei cittadini alla ridefinizione dello Statuto e poi presentare un disegno di legge senza nemmeno informare i consigli regionale e provinciale. La mia contrarietà è totale. Invito i proponenti a ritirare questa proposta».
IL COMUNICATO STAMPA DI BRUNO DORIGATTI
E’ con amaro sgomento che apprendo i termini di una scelta irresponsabile, quanto non condivisa sul piano istituzionale, portata alle estreme conseguenze dalla presentazione al Senato della Repubblica di un disegno di legge di riforma dello Statuto d’autonomia, scelta voluta dai Presidenti delle due Province autonome e realizzata dai sigg.i Senatori dell’area di Maggioranza regionale, appunto con la sottoscrizione di tale proposta normativa.
Comunque lo si guardi, è evidente che tale atto rappresenta, prima di tutto, una inevitabile sconfessione dei due organismi, promossi a Trento con la “Consulta” ed a Bolzano con la “Convenzione” e voluti da una trasversale convinzione circa la necessità di porre, autonomamente, mano ad un’ ormai ineludibile revisione statutaria. Con il deposito del disegno di legge parlamentare infatti vengono a svuotarsi di senso e di significato gli sforzi, anche trasversali, fin qui fatti in tema di coagulo di contributi ampi e partecipati attorno al nodo della revisione statutaria. Come chiameremo, infatti, la società civile, le Istituzioni, la cultura ed anche la politica a contribuire ad uno sforzo collettivo di sensibilità, intelligenze e conoscenze, quando qualcuno ed altrove ha già provveduto a riformare senza condividere?
Con uno sgarbo istituzionale senza pari ed anche una pesante scorrettezza in termini di rapporti personali, il Presidente della Provincia autonoma di Trento rischia così di maciullare la “Consulta” ancor prima che questa possa vedere la luce, assumendosi una responsabilità che porterà ad ulteriori inasprimenti del dibattito politico e della quale sarà chiamato a rispondere davanti alla comunità trentina, alle forze politiche ed alla storia stessa di questa terra. Indebolire il già fragile tessuto istituzionale e le sue ramificazioni, tramite l’assunzione di indicazioni in contrasto fra loro e che delegittimano le Istituzioni stesse, è un atto che fa scempio delle regole e dei rapporti, ma è soprattutto la testimonianza di una visione solitaria ed autoritaria della gestione dei processi politici; una visione che scava ancor di più il già profondo baratro fra Cittadini ed Istituzioni.
A fronte di tutto questo e con enorme preoccupazione per ogni possibile sviluppo di questa triste vicenda, invito i sigg.i Senatori che fanno riferimento alla Maggioranza regionale – ed in special modo gli appartenenti al Partito Democratico - a ritirare la loro adesione a tale disegno di legge ed a promuovere una urgente riflessione comune su obiettivi, metodi e rapporti correnti fra le forze politiche di Maggioranza provinciale e regionale, prima che ogni residua fiducia reciproca fra comunità e politica venga meno.
Infine, nella mia veste di Presidente del Consiglio provinciale, mi riservo di valutare, nei prossimi giorni, il senso di un’ulteriore prosecuzione dei lavori di composizione della “Consulta” stessa, rimandando ogni decisione ad orizzonti più chiari e sereni, orizzonti dei quali, mai come adesso, si avverte la necessità.
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