TRENTO L’Austria, dopo la Germania, sospende il trattato di Schengen. E il Trentino cerca le risposte. Cosa fare di fronte ai profughi che, se bloccati nella corsa verso il Nord Europa, potrebbero raddoppiare la loro presenza in provincia? «Ce lo chiediamo da un po’, ma il problema è nazionale e non solo locale. Noi, in primis, stiamo pensando di aiutare l’Alto Adige: è lì che si avranno i problemi più grossi», preannuncia l’assessore provinciale Luca Zeni.
S. Pagliuca, "Corriere del Trentino", 19 gennaio 2016
I flussi
«Già mesi fa quando la situazione sul Brennero si fece difficile, noi non subimmo alcuna ripercussione. I profughi — ricorda Zeni — vogliono lasciare l’Italia per cui, anche se bloccati alle frontiere, non tornano a Trento, piuttosto restano sul confine, si fermano a Bolzano o si dirigono a Milano, per poi ripartire da lì». Ecco, dunque, la necessità di affrontare la questione tramite l’Euregio con la task force istituita lo scorso novembre per condurre in maniera sovraregionale i flussi migratori, affrontando le situazioni di normalità ma anche i casi di emergenza. Eppure, al momento, nulla di nuovo sembra muoversi all’orizzonte.
I numeri
«Ancora non abbiamo preso in considerazione l’eventualità peggiore, quella delle frontiere chiuse che per il Trentino significherebbe la permanenza di 800 immigrati in più, praticamente il doppio rispetto a oggi», commenta Pierluigi La Spada, responsabile del Cinformi, contando quante sono le persone che solitamente passano da Trento solo per proseguire il viaggio verso Nord.
«Preferiamo mantenere la calma e monitorare ciò che accade: sappiamo, infatti, che i migranti presenti in provincia sono 949, lo 0,9% delle persone accolte a livello nazionale, e che questo numero non è aumentato neanche a seguito delle ultime tensioni», conclude La Spada.
Pochi alloggi
Ma, nonostante la calma, doverosa di fronte a una questione tanto delicata, un piano B sembra essere d’obbligo, a partire dalle più strette necessità logistiche. E dunque: il Trentino ha le strutture per accogliere altre 800 persone? «Potremmo contare sulla Residenza Fersina da 250 posti, sulle strutture messe a disposizione dai privati e su quelle della Diocesi — riflette Zeni — Posti letto che potrebbero garantire un certo margine di manovra, ma in ogni caso dovremmo rivolgerci a Roma e a Bruxelles. Se accadesse una cosa simile, vorrebbe dire che ci stiamo giocando, davvero, il futuro dell’Europa».
Un caso nazionale
Intanto, c’è chi si porta avanti con il lavoro, come il Friuli Venezia Giulia che pur auspicando una sospensione «veramente temporanea» delle regole di Schengen, chiarisce di aver «già preso i primi contatti con le autorità centrali del governo italiano» per «monitorare gli sviluppi».
I partiti
E di fronte al rischio raddoppio, alza la posta, come prevedibile, la Lega Nord del Trentino chiedendo la chiusura delle frontiere regionali: «C’è il forte rischio di una situazione fuori controllo al confine del Brennero che si ripercuoterà sulle città di Trento e di Bolzano. Tutti i profughi presenti in Italia e nella nostra Regione saremo costretti ad accudirli e accoglierli noi», è l’affondo del segretario Maurizio Fugatti, aggiungendo: «È giunto il momento di dire stop ad altri arrivi: Rossi e Kompatscher dicano chiaramente che qui non c’è più posto, che la situazione sta diventando insostenibile e che anche le frontiere della nostra Regione devono essere chiuse».
Dopotutto, gli fa eco Raimondo Frau di Azione nazionale trentino, la decisione austriaca è «un atto di pieno diritto e di assoluto buon senso. Un poderoso colpo di maglio nei confronti dell’Europa. Una presa di pozione che ha spazzato via in un solo colpo la stessa ragione di esistenza dell’inutile orpello chiamato Euregio».