«Abbiamo il dovere di dire le cose come stanno evitando di alimentare illusioni: se consideriamo il trend che vede nascere ogni anno in Trentino circa 5.000 bambini, non sarebbe oggettivamente sostenibile la trasformazione di tutti i posti di lavoro a tempo determinato nella scuola in posti di lavoro a tempo indeterminato».
"L'Adige", 19 gennaio 2016
Nel presentare i numeri della scuola e nell'annunciare il concorso entro la fine dell'anno, il presidente Ugo Rossi mette i puntini sulle i, in una partita, quella della scuola e della relativa legge, con diversi protagonisti, dai docenti agli studenti, passando per i sindacati e, ovviamente, la giunta. «In Trentino - ha proseguito il presidente ? a differenza di altre realtà, i concorsi sono sempre stati fatti e i pensionamenti pure. E poi in altre regioni la quota di precariato legata a posti di organico sono pari a zero. I precari non sono i circa 13.000 docenti che hanno lavorato anche solo per pochissimo nella scuola, ma il personale assunto a tempo determinato con cui gli istituti hanno gestito le variabilità lavorative come le malattie, le maternità, ecc. È su questo personale con contratti a tempo determinato che dobbiamo ragionare. Comunque non siamo stati fermi, visto che negli ultimi due anni abbiamo già stabilizzato i rapporti di lavoro di 926 insegnanti. Siccome non si possono coprire le variabilità con contratti a tempo indeterminato, oggi potremo ridurre al massimo di altre 40-50 persone la quota di questi docenti precari. Come? Con la sostituzione di tutti i pensionamenti attingendo a concorsi e graduatorie, pur sapendo che questi due canali non ci consentiranno di coprire in alcuni casi il fabbisogno. Ecco perché occorre un nuovo concorso».
Il presidente della V Commissione Lucia Maestri (Pd) ha accolto con soddisfazione la presentazione del presidente. «Prima di ogni tipo di ragionamento era necessario un momento informativo, una sorta di check, per avere un quadro della situazione magari freddo, ma oggettivo. Per quanto riguarda il disegno di legge non siamo chiamati a fare un copia incolla della «buona scuola» di Renzi, ma possiamo armonizzare il tutto, adattandolo alla nostra realtà. Fermo restando, ovviamente, che la materia è delicata e sono necessari una serie di approfondimenti giuridici».
Il punto di partenza appare comunque mediamente buono?
«I numeri sembrano buoni, è vero. Li abbiamo letti in maniera cruda, ma è innegabile che l'investimento sulla formazione ci sia. I 926 stabilizzati ci riferiscono di un governo non fermo rispetto, che tiene presente le necessità di tutti. Come ha detto il presidente non potremmo rispondere a tutte le aspettative e ci troveremo di fronte a delle scelte difficili. Inizia un percorso condiviso, nel quale c'è massima apertura per ascoltare le esigenze di tutti gli attori e di tutte le parti in causa. Però ci tengo a far passare il concetto che i temi della scuola non sono legati solamente alla stabilizzazione dei docenti: la scuola è dei ragazzi, l'attenzione maggiore va rivolta a loro e alla loro formazione. Che passa necessariamente, però, dalla soddisfazione degli insegnanti».
Il prossimo passo?
«All'inizio del mese prossimo vorremo fissare un secondo step, per fare un bilancio degli incontri avvenuti. E magari sapremo qualcosa di più sul concorso, per il quale abbiamo deciso di allinearci a quello nazionale, soprattutto nei tempi. Il primo mattone è stato messo e pare essere solido. Ora avanti con la costruzione».