Siamo ossessionati dall’incubo del terrorismo. Parigi e San Bernardino sono gli ultimi e più clamorosi episodi di massacri di innocenti scelti in modo del tutto casuale. Ma non sono gli unici. In luoghi più trascurati del pianeta le vittime di questa follia sono anche più numerose. Spesso si tratta di comportamenti emulativi di isolati individui disperati, non collegati con l’Isis del sedicente califfo Al Baghdadi, anche se questo poi rivendica tali attentati come propria emanazione.
Renato Ballardini, "Trentino", 14 dicembre 2015
Il fenomeno dunque ha dimensioni ed aspetti appunto terrificanti, per la sua estensione planetaria, per le sue modalità e per le sue motivazioni. Tanto che è di tutta evidenza che il mezzo per contrastarlo non è affatto un intervento bellico di tipo tradizionale, con bombardamenti aerei che producono vittime civili e quindi alimentano le ritorsioni. È quindi necessario esaminare l’evento nella sua complessità, rintracciarne le cause, concepire i metodi adeguati per esaurirlo. A tale fine mi sembra utile ricordare che, sia pure con dimensioni non paragonabili a ciò che accade oggi, il terrorismo politico è nato qui da noi, nella nostra regione.
Prima che in Irlanda o in Spagna fu appunto in Alto Adige negli anni 50 e 60 del secolo scorso, che fece la sua sanguinosa apparizione il terrorismo come forma di lotta politica. Il primo Statuto della nostra autonomia non era stato applicato. L’alleanza fra la Südtiroler Volkspartei e la Democrazia Cristiana entra in crisi. Monta il movimento di completa rottura politica con il Los Von Trient. Contemporaneamente, dal 1956 al 1958, cominciano a verificarsi attentati sporadici, promossi da isolati e non organizzati estremisti. Dopo il 1958 il fenomeno, pur sempre separato dalla SVP, comincia a darsi un più visibile coordinamento.
Dopo il 1961 il terrorismo spontaneo viene adottato dalla BAS, un’organizzazione di estrema destra radicale in Baviera, e punta senza riguardo a colpire anche vite umane. Fra il 1956 ed il 1967 si annoverano ben 346 attentati con 19 morti, numerosi feriti ed ingenti danni materiali. Memorabile fu la notte tra l’11 e il 12 giugno del 1961, che passerà alla storia come “la notte dei fuochi”. Vi si compirono ben 33 attentati, con la distruzione di 26 tralicci dell’alta tensione, 3 centrali idroelettriche gravemente danneggiate, con la morte di Giovanni Postal, un cantoniere di Salorno.
Il Governo reagì al terrorismo in modo istintivo e controproducente. Dislocò in provincia maggiori forze di polizia e persino reparti dell’esercito. Vennero eseguite retate ed arresti indiscriminati, con il solo prevedibile risultato di inasprire le reazioni violente e di alimentare la simpatia per i terroristi tra la popolazione di lingua tedesca più moderata. Per alcuni mesi si sviluppò questa spirale perversa di attentati e rappresaglie militari-poliziesche.
In occasione di uno dei dibattiti parlamentari che puntualmente seguivano gli attentati terroristici, ricordo di aver avuto un incontro riservato con il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani. Mi rimproverò l’eccessiva durezza contro il governo di una mia interpellanza. Facevo parte della maggioranza di centro-sinistra che sosteneva il governo e quindi, secondo il ministro, non potevo attaccarlo con tale severità. Promisi che avrei attenuato il tono del mio imminente intervento in aula a condizione che egli promuovesse la collaborazione dei nostri servizi segreti con quelli austriaci per snidare i terroristi. Mi promise che lo avrebbe fatto. Ed infatti poche settimane dopo vi fu l’operazione che portò alla cattura di Amplatz e Klotz, i due animatori della minoranza sudtirolese che avevano scelto la via del terrorismo. Fu anche arrestato un certo Kerbler, che nel tragitto verso il carcere di Bolzano riuscì a fuggire e non fu più ripreso. Era l’infiltrato dei servizi segreti che rese possibile l’operazione. Ma non bastò. Mutò anche la politica. Il 1 settembre 1961 fu costituita la Commissione dei 19, della quale fui membro, che dopo oltre 200 riunioni di intenso, paziente e minuto lavoro, politico e tecnico, consegnò al Governo un pacchetto di misure da adottare per assicurare alle popolazioni bilingui residenti in provincia di Bolzano una pacifica convivenza. Fra queste la principale era il nostro secondo Statuto. Ciò coincise con la fine del terrorismo.
Dunque il terrorismo si vince con prudenti ma decisi interventi di una efficiente intelligence, ma soprattutto con una oculata e tenace azione politica tesa a rimuovere le cause economiche e culturali che lo hanno generato. Ci vollero anni per compiere il miracolo di debellare il terrorismo dalle nostre Valli. Oggi è l’intero mondo civile che deve coalizzarsi per affrontare con gli stessi mezzi la stessa barbarie che ha una dimensione enorme e cause profonde. La guerra ed i bombardamenti non fanno che alimentare le cause del terrorismo. Una politica saggia di lunga durata è l’unico rimedio possibile.