Cosa succederà con la riforma dello statuto di autonomia? Alla vigilia dell’apertura dei lavori (16 gennaio), il membro della commissione dei Sei Roberto Bizzo ha organizzato un convegno per discuterne. Al di là delle implicazioni legate alle Comunali di Bolzano, il confronto ha offerto spunti interessanti. Applaudito il presidente del consiglio provinciale trentino Bruno Dorigatti che lamenta la mancata dimensione regionale della riforma. "Corriere del Trentino", 13 dicembre 2015
A rompere il ghiaccio è Arno Kompatscher: «Oggi possiamo dire che Alex Langer aveva sbagliato nel pronosticare disastri su “gabbie etniche” e proporz . Oggi abbiamo garanzie che permettono a tutti di esprimersi senza essere sottomessi. La nuova riforma costituzionale è un’occasione per ottenere ulteriori competenze, e la clausola di salvaguardia ci tutela da sorprese. Quanto al nostro statuto, il processo partecipato sarà importante quanto il risultato: il meccanismo della convenzione agevola la partecipazione della società civile». Il deputato ecosociale Florian Kronbichler esprime invece disincanto: «La parte italiana vive in modo “rassegnato” l’autonomia. Quella tedesca la sente come il male minore, o qualcosa di provvisorio nella speranza di ottenere l’autodeterminazione». Kronbichler definisce «caricaturale» la candidatura a sindaco di Durnwalder: «Ricordo la ferocia con cui lo stesso Luis attaccava Langer per la sua “provocatoria” candidatura alla stessa carica vent’anni fa». Dorigatti ricorda le preoccupazioni legate a questa fase storica: «C’è un insufficiente grado di sensibilità dei cittadini per questi temi e si sottovaluta ancora l’importanza strategica del nostro assetto istituzionale per il futuro di questa terra, per la sua economia e per la qualità di vita dei cittadini. Detto questo, dobbiamo fare i conti all’esterno con un governo nazionale impegnato a riaccentrare poteri più che a riconoscerne di nuovi ai territori». Poi il parlamento: «È passato un ordine del giorno che addirittura ipotizza di ridurre il regionalismo a poche macroregioni. La sensazione è che se si votasse per ridurre i nostri spazi di autogoverno, il 90% ci voterebbe contro». Secondo il presidente del consiglio la prospettiva di una consulta trentina per la stesura di un progetto di riforma statutaria è «imminente» ed esorta a sfruttare la finestra aperta dall’articolo della riforma costituzionale che riserva alle autonomie speciali la possibilità di modificare le prerogative sulla base di un’intesa paritaria con lo Stato. Da Dorigatti anche un appello apertis verbis in favore dell’ente Regione: «Così com’è non va avanti. Se la si chiude, crolla l’autonomia. Ripensiamola, diamole nuove e diverse competenze, ma soprattutto facciamolo assieme, Trento e Bolzano».
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Riscrivere lo statuto non sarà uno scherzo. Anche perché intorno all'operazione si aggirano alcuni timori. Uno è quello di Kompatscher: «Temo - ha detto il governatore altoatesino - che ci siano troppe aspettative sulla Convenzione». I tedeschi la chiamano "Convent" e sarà il luogo in cui si raccoglieranno le idee in proposito. L'altro timore, contrapposto, è quello di Palermo: «Ho paura che la nostra società non sia in grado di capire la posta in gioco. Divisa com'è tra italiani rassegnati e sudtirolesi che considerano l'autonomia solo un male minore. Ma tutti uniti da una buona dose di provincialismo». Esempio? La proposta di qualche buon'anima di inserire nelle norme statutarie anche le nuove divise (senza tricolore) degli atleti nostrani. E invece bisognerà lavorare («Ora tocca a noi», ha aggiunto il senatore con faccia preoccupata). E, soprattutto, fare politica. Perché il 16 gennaio la questione avrà inizio e qualcuno (molti?) è ancora all'abc.
Questo e altro è emerso ieri al convegno «Una comunità in cammino. Verso la riforma dello statuto». Per il quale si è impegnato Roberto Bizzo. Che ha voluto suonare la sveglia al suo consiglio provinciale. Ma anche all'altrettanto suo Pd. Che dovrà presto fuoriuscire dalle nebbie dello Spagnolli ter e da quelle che si avvicinano in vista delle primarie, per «riprendersi l'immagine di vero partito popolare - ha detto il consigliere - e riappropriarsi di quel ruolo di rappresentanza della comunità italiana in un contesto in cui si scriveranno le regole per la convivenza futura».
E anche, nel caso, fare a braccio di ferro con la Svp. La quale , per parte sua, ha già tracciato la road map. Che è su due piani, secondo Kompatscher. Il primo sarà esterno e riguarderà i rapporti Provincia-governo. Si dovranno chiarire i contorni della clausola di salvaguardia e definire i rispettivi ruoli in materia, soprattutto, sulle competenze trasversali. «Ma speriamo non solo attraverso i soliti sms tra Arno e Matteo...», ha chiosato Alberto Faustini, direttore dell'Alto Adige, che ha moderato il confronto nella sala del Comune. Perché questo è il rischio. Che tutto avvenga a stretto giro. Per evitarlo, ecco il secondo livello, quello interno al territorio: con il lavoro della convenzione e della messa a punto del piano di volo per i prossimi vent'anni. Perché queste nostre regole del gioco datano 1972, secondo Statuto. Anzi, di più. «In fondo la macchina su cui si muove l'autonomia è la stessa del '48», ha commentato Palermo, pessimista sulla possibilità di arrivare ad un autentico rilancio dei livelli di convivenza «perché mi pare di non avvertire intorno, la comprensione della vera posta in gioco: che non è la singola norma ma la ridefinizione dei sistemi di governo». Che dovranno partire da un miracolo, come lo ha definito l'ex governatore trentino Lorenzo Dellai: l'inserimento nel testo di riforma costituzionale ora in discussione della clausola di salvaguardia. Quell'articolo 39 che stabilisce come qualsiasi cosa che riguardi l'autonomia debba essere decisa "d'intesa" tra le due parti.
«Ma la riforma - ha aggiunto Dellai, attuale presidente dei Sei - avrà bisogno di tempo». Di almeno un anno e mezzo, ha chiarito Elisabeth Alber, ricercatrice Eurac. Che poi ha ammesso: «Ma il fatto stesso che si discuta della cosa è un successo». Insomma il percorso potrà contare anche più del risultato. Che dovrà avvalersi di menti volonterose. «Come quelle, spesso silenziose che hanno scritto il secondo Statuto», ha ricordato Giancarlo Bolognini, ex sindaco di Bolzano. Ma che avrà bisogno anche di chiarire i suoi valori «e magari di inserirli nello Statuto, come quello della convivenza», ha chiesto Michele Di Puppo.
«Con attenzione alla volontà dei territori - si è inserito Bruno Dorigatti, presidente del consiglio provinciale - e con la dovuta trasparenza». Che non vede invece Florian Kronbichler. Che teme le trame trasformistiche sudtirolesi, impersonate dal ritorno di Durnwalder: «Tutto sembra far pensare che si deciderà della riforma dentro i canali istituzionali - ha polemizzato il parlamentare ecosociale - passando dai livelli governativi a quelli dei consigli. Senza dimenticare il chiuso delle commissioni paritetiche...». Ma la convenzione saprà essere luogo di reale elaborazione del pensiero? O sarà un parlamentino di idee (più che di ideali) contrapposte? Una luce di speranza da don Michele Tomasi, vicario del vescovo: «La voglia di partecipare, tra le gente, è tanta. E la partecipazione è una necessità. Per passare dalle proteste alle proposte». Forse la convenzione dovrà andare a farsi benedire.
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