Dal suo osservatorio roveretano, Roberto Pinter assiste «non senza preoccupazione» all’evoluzione dei rapporti in coalizione e al dibattito interno al Pd. «Quasi tutti — osserva — dicono cose assolutamente condivisibili, peccato che certi principi non vengono poi praticati e che l’unica costante sia convenire, o dissentire, in base alla convenienza del momento». T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 8 dicembre 2015
L’ex presidente del partito liquida velocemente la contrapposizione interna alla maggioranza. «Personalmente non ho dubbi circa il fatto che la maggior parte delle responsabilità legate all’attuale tensione siano da attribuire a Rossi. Ma se il Pd reagisce o no e, se sì, come lo fa, è sua responsabilità». «Quasi ogni giorno — nota — leggo dichiarazioni del tipo “voglio un partito unito”, “un partito plurale, che sappia decidere” e via discorrendo. Poi, invece, si procede a suon di imboscate.
Sabato il gruppo dei Demo ha prodotto una piattaforma ambiziosa, ha espresso preoccupazioni che reputo di sinistra. Ha incalzato la giunta su questi temi e poi spiegato che, invece, a livello nazionale va tutto bene. Ora mi chiedo, davvero le politiche del governo rispondono alla piattaforma che si era appena delineata? Davvero a livello nazionale si può tranquillamente dissentire? Non è, piuttosto, che si è rinunciato a dissentire?».
Insomma, gran parte del valore delle attuali riflessioni sarebbe vanificato da «una notevole discrepanza tra ciò che si predica e ciò che si fa». In questo modo, il partito «è giudicato positivamente solo se è funzionale. Ora Borgonovo Re si occupa del partito, cosa che non riteneva necessaria finché aveva un altro ruolo».
Un altro episodio viene dal congresso di Rovereto. «Durante il dibattito, si sono sentiti solo interventi a favore di Pallanch, quando si sono contati i voti, Pallanch ne aveva presi pochi in più. Non si fa più nemmeno la fatica di dibattere, si cerca solo di occupare il partito. Così stare insieme diventa davvero difficile, si vive da separati in casa». E ancora. «Il congresso provinciale è stato rinviato dicendo “aspettiamo le regole nazionali”. Ora che le regole nazionali sono orientate a far votare i soli iscritti ai congressi, le stesse persone vogliono chiedere una deroga, che senso ha?».
La riflessione più amara, Pinter la dedica al merito. «A me non è piaciuto il modo in cui il Pd ha gestito l’uscita dalla giunta di Borgonovo Re. Lei stessa ha riconosciuto di aver fatto degli errori di metodo, ma poi c’è anche il merito delle questioni. Rossi è molto abile a non entrare nel merito delle politiche sanitarie, ma noi come Pd vogliamo farlo, o siamo uniti solo quando si parla di Valdastico? Come può il Pd proporsi come guida della coalizione se non ha il coraggio di entrare nel merito delle scelte politiche? Di più: a cosa serve il Pd se non matura scelte di merito?».
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