Olivi: «Al Pd serve rifondarsi. Candidarmi? Se necessario»

TRENTO Alessandro Olivi non esclude di poter correre per la segreteria del Pd del Trentino. Lo farà se dovesse rendersi conto che «si va verso la riproduzione di vecchi recinti». In altre parole, se vedesse un partito diviso tra i pro Borgonovo Re e i contro Borgonovo Re, sarebbe anche disposto a ragionare del suo ruolo di assessore. L’obiettivo è «un congresso che sia un atto rifondativo del partito, con una proposta di Trentino indipendente da dove va Rossi e cosa fa Dellai». 
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 5 dicembre 2015


Vicepresidente, nelle ultime settimane una parte del Pd, in particolare l’ex assessora Donata Borgonovo Re, ha votato contro proposte dell’assessore del Pd in commissione. Qual è il suo giudizio? 
«Il problema non può essere il dissenso, quello è legittimo. Anzi, direi che mi preoccuperebbe una certa omologazione istituzionale. Ma tra l’omologazione e l’individualismo c’è la strada della politica. Se un consigliere del Pd considera sbagliata una proposta della maggioranza ha il diritto e il dovere di porre il problema, ma all’interno del partito, non in commissione, o in aula. O meglio, al termine di un percorso in cui si è cercato di raggiungere un’intesa che non viene trovata, si può anche esprimere un voto di dissenso, ma un esecutivo non può presentarsi all’esame del legislativo senza sapere cosa voteranno i propri consiglieri. Si può discutere aspramente, ma i problemi vanno risolti dentro un partito, non possono essere discussi solo all’interno di ristretti gruppi». 
Uno di questi gruppi, Demo, ha organizzato per oggi un incontro dall’impronta congressuale. Non correte il rischio di avere un partito-scatola, all’interno del quale la realtà è che si vive da separati in casa? 
«Mettiamola così: io non sono convinto che il prossimo congresso vada impostato secondo lo schema di una sfida tra “governativi-filocoalizione” e “antagonisti”. Sarebbe la rinuncia del Pd a parlare di sé, come se la priorità fosse come relazionarsi con gli altri». 
Se i «Demo» hanno un’identità riconoscibile, gli altri rischiano di sviluppare un’identità reattiva data solo dall’essere contro i Demo. 
«Appunto. A me questi vecchi recinti non interessano proprio. Aggiungo di più: in chiave congressuale non mi interessa nemmeno se Rossi e Daldoss si muovono nelle valli per organizzare una nuova lista, o che strada sceglierà di percorrere l’Upt tra Dellai e Mellarini. Questioni certo rilevanti, ma che non devono essere anteposte al progetto che il Pd ha per il Trentino. Il prossimo congresso sarà davvero utile se avrà un valore rifondativo. Cosa propone il Pd per economia, lavoro, salute e via dicendo? Il nostro partito deve ritrovare un po’ di coraggio, di voglia di vincere e di essere quello per cui è nato: il soggetto politico che elabora determinate proposte. Un partito che dialoga con il mondo della produzione, del lavoro, col civismo che non è tutto becero, con il centrosinistra che oggi non è in consiglio e, magari, nemmeno nei partiti». 
Non teme l’accusa di autosufficienza? 
«Superare l’attuale subalternità latente non significa non essere fedeli alla coalizione. La verità è che oggi stiamo insieme soprattutto per garantire governabilità, ma abbiamo in parte smarrito le ragioni politiche dello stare insieme. Il centrosinistra del 2018 sarà inevitabilmente diverso dall’attuale. Si parla tanto delle divisioni interne al Pd, ma non mi pare che né nell’Upt, né nel Patt manchino le voci critiche. Certe ambiguità dovranno essere risolte, magari alcune persone cambiate. Il compito del Pd è anche fare questo. I temi sono e devono essere tanti, il dibattito politico non può ridursi alla pur importante decisione a proposito di un singolo punto nascita». 
Sta ragionando da candidato segretario? 
«Potrei dirle che non posso (per lo statuto del Pd il ruolo è incompatibile con quello di assessore, ndr ). Ad oggi, non rientra nei miei progetti. Ora c’è una Finanziaria da approvare e ho la presunzione di pensare che il lavoro che faccio attualmente sia importante. Tuttavia, se a gennaio la situazione fosse quella che descrivevo prima, di un congresso che ricalca ancora le contrapposizioni del 2008, allora credo che tutti dovremmo pensarci. Anch’io».