«Pd, pacificarci prima di contarci»

Consigliere Mattia Civico, Dorigatti sostiene che la minoranza Pd ha sempre bisogno di un nemico. Prima Dellai, poi Pacher, ora Rossi. È così? Il Pd deve concentrarsi meno sulle proprie dinamiche interne e pensare più seriamente alla responsabilità che ha. Che non credo sia genericamente governare al traino di un capo, ma essere forza che guida la coalizione.
"Trentino", 3 dicembre 2015

Disegnare uno schema di maggioranza e minoranza serve solo ad allontanare le questioni di merito buttando tutto in caciara.

Cosa dovrebbe fare il Pd per incidere di più sulle politiche? Il consiglio e la maggioranza non sono uno ski-lift. Ci vuole molto più confronto e costruzione delle politiche. La sensazione oggi invece è che vi siano pezzi di governo che temono il confronto e che procedono a suon di delibere, infischiandosene del parere di chi poi sul territorio quelle scelte dovrebbe difenderle.

Sulla sanità una parte del vostro partito sembra punti a delegittimare l'assessore Zeni. La sua colpa è aver accettato di sostituire Borgonovo? Il mio unico interesse è che il Pd, chiunque in giunta lo rappresenti, insieme a questa maggioranza, offra ai cittadini servizi e politiche di salute che vadano nella direzione della qualità. Per questo serve capacità di programmare. Le logiche dell'urgenza e degli annunci sui giornali, senza una costruzione comune delle soluzioni, rischiano di confondere i cittadini e di demotivare gli operatori. È accaduto sulla proposta di accentramento delle Rsa, sulla riorganizzazione sanitaria, sullo spostamento del Not. Ma le responsabilità non sono tutte dell'assessore. Chi governa l'organizzazione sanitaria non può reiteratamente confidare nelle deroghe nazionali.

Per lei l'attuale coalizione è una prospettiva irrinunciabile o il Pd potrebbe smarcarsi? Non vedo la possibilità di costruire altro rispetto a quello che c'é, questo vale anche per chi da mesi sta cercando un dialogo con pezzi di centrodestra. Dovremmo invece impegnarci di più per offrire una visione di futuro che non può essere solo lo slogan "meno tasse". La coalizione vive un periodo di fatica, è evidente. Non possiamo addossare la responsabilità solo al presidente. Dovremmo come primo partito assumere l'iniziativa. Invece purtroppo vedo nel Pd la tendenza spesso di andare al traino.

C'è nel Pd un problema, e non da oggi, di sfiducia reciproca. Lei la considera una situazione irrecuperabile? Nessuno dice che i problemi non ci siano. Ma liquidarli come incompatibilità caratteriali è sbagliato. Io pongo una questione politica: quest’estate i vertici del Pd (non tutto il Pd) hanno dato, sbagliando, il via libera a Rossi ad un cambio in giunta. Avevano chiesto una verifica di maggioranza e un rimpasto. Non hanno ottenuto nessuna delle due cose. A chi ha assunto quelle decisioni chiedo se ritiene di aver rispettato gli elettori.

C’è bisogno di un Pd con la schiena dritta. Il Pd appare debole e senza leadership. Non avrebbe aiutato uncongresso dopo la crisi della segreteria Robol? La crisi non è solo del Pd e per risolverla non basta dire "andiamo al congresso e contiamoci". Il rischio è di ampliare il solco. Bisogna ripartire da un momento di pacificazione, di riconoscimento reciproco. Questo sarebbe il compito primo dell'attuale segretario. Sono convinto che in questo momento serva più una conferenza programmatica, sui temi e sulle linee politiche, che un congresso.

La vostra area si presenterà con un candidato? Sarà Borgonovo Re? Non mi risulta che vi sia la data del congresso e credo che, prima di decidere chi ci dovrà guidare, dobbiamo ricostruire il senso del nostro stare insieme. Parlare di nomi è prematuro e inappropriato, la priorità è superare le divisioni per lavorare insieme.