«Tranquilli, l’incontro di sabato a Piedicastello non lancerà nessun assalto alla segreteria». È il messaggio che Donata Borgonovo Re manda a chi, nel Pd, già la vede candidata al congresso. «Eppure - avverte l’ex assessora alla sanità - il tempo da qui al congresso deve servire al Pd per costruire un progetto politico che oggi non si vede». E non si vede, incalza Borgonovo, in particolare sulla sanità, «dove il Pd sta attuando la politica del presidente Rossi».
C. Bert, "Trentino", 1 dicembre 2015
Consigliera Borgonovo Re, nell’invito all’incontro di sabato parlate di «fragilità e distrazione del Pd rispetto alle molte urgenze di oggi». A cosa vi riferite? C’è un piano della quotidianità, dove il Pd è in affanno, che si parli del nuovo ospedale, dello sviluppo turistico o dei fitosanitari in agricoltura. Il rischio è che si schiacci sulla visione di chi è nell’esecutivo, che a volte non è frutto di un’elaborazione comune. E poi c’è un piano più strategico che riguarda il futuro e richiede un lavoro lento e diffuso. Il Pd deve tornare a sollecitare se stesso, i suoi organi interni, e ad essere autorevole.
Perché un incontro tra esponenti tutti della stessa area (Civico, Nicoletti, Plotegher ndr), quasi un cenacolo di amici? Non ha più senso un confronto tra persone che hanno sensibilità differenti? Il rischio di leccarsi le ferite tra il piccolo gruppo di amici è reale. Ma in verità l’invito è allargato a molte persone, interne o vicine al Pd, che non sono legate da vincoli amicali e che sono accomunate dalla stessa preoccupazione. Io lo vedo come l’inizio di un percorso che dovrà portare a coinvolgere gruppi sempre più ampi di persone sul territorio. Capisco che, per come siamo stati abituati a leggere le vicende del Pd in questi anni, sembra che il nostro partito sia composto da monadi, ma noi abbiamo bisogno di includere sempre di più e trovare un punto di sintesi.
Sintesi, appunto. Le vicende della sanità, e della riorganizzazione degli ospedali di valle, hanno fatto irruzione nel dibattito politico e nel Pd siete puntualmente spaccati. La definirei un’eruzione, più che altro. Ma vede, sulla sanità non possiamo dimenticare quello che è accaduto quest’estate. Quando il Pd ha accettato la decisione del presidente che mi ha ritirato le deleghe, ha anche approvato un documento in cui sanciva che ci sarebbe stata continuità tra la politica dell’assessore uscente e di quello entrante. I fatti dicono che così non è stato, dalla collocazione del Not, ai rapporti con la sanità privata, alla Rsa unica, alla riorganizzazione degli ospedali e dei punti nascita gestita in modo barbaro, con un disastro che è sotto gli occhi di tutti. Quindi o il gruppo dice “ci siamo sbagliati”, o qualcosa non va. Invece temo che la risposta in questo momento sia la rimozione.
Non sarà che con Zeni ha ancora il dente avvelenato perché ha preso il suo posto? So benissimo che in molti, Zeni per primo, pensano e dicono “non te la sei ancora messa via”. Ma il mio non è rancore personale, non ho avuto neanche il tempo di maturarlo. Qui c’è una scelta politica ben precisa in cui Zeni è inserito, apparentemente consenziente. Quella che si sta attuando è la politica del presidente della Provincia, non del Pd. Il presidente voleva la conferma di Flor alla guida dell’Azienda sanitaria che con me non ci sarebbe stata. La Rsa unica era una sua vecchia idea di quando era assessore alla sanità. Sui punti nascita non ha voluto una regia della Provincia accettando che ci si andasse a schiantare in questo modo. E guarda caso l’unica questione con questa sovraesposizione è la sanità.
Quale spiegazione si dà? Non c’è dubbio che la sanità è uno degli ambiti più delicati dove si va a toccare il consenso. Ma c’erano i tempi e i modi per arrivare a una proposta coerente. Invece ci siamo adeguati all’ultimo, magari per poter dare la colpa ad altri, per esempio alla normativa europea.
Pensa di candidarsi alla segreteria del Pd? Le idee camminano sulle gambe delle persone ma sono convinta che per il Pd oggi sia sano lavorare per costruire e chiarire un progetto politico. Solo quello può tenere insieme le facce della galassia che avete disegnato sul vostro giornale. Altrimenti ci andiamo a schiantare, finora è stato così. Agli elettori abbiamo dato troppo spesso l’idea di un Pd che si consuma negli scontri al vertice.
Ma il Pd trentino riuscirà a tenere insieme tutti o c’è il rischio di una scissione? Il rischio di un’emorragia di persone e di pensiero c’è, lo vediamo a livello nazionale, prima Civati, poi Fassina. Ma noi siamo il Pd del Trentino, possiamo prenderci il tempo e il lusso di fare un nostro percorso dentro una dialettica tra chi è più conservatore e chi più innovatore. Il percorso verso il congresso dovrebbe servirci a mettere insieme queste visioni e a capire in che misura riescono a sostenersi a vicenda. Abbiamo teste e storie diverse. Io non ho mai messo sul piatto i miei 10.453 voti, ma me li sento tutti nel mio zainetto. Non ho mai ingannato gli elettori, sapevano che non votavano per una yes woman, e se mi hanno votata vuol dire che hanno accettato quel briciolo di non ordinarietà e di innovazione che io portavo. E perbacco, riconosciamo che in quel desiderio c’è qualcosa che merita un po’ di fiducia, di essere esplorato un po’ di più?
E il Pd nel 2018? L’attuale coalizione è per lei una prospettiva irrinunciabile? Certamente ci sono sguardi diversi nel Pd tra chi dice “la coalizione è il fine” e chi, come me, pensa che la coalizione è uno strumento, pur preziosissimo perché da soli non si va da nessuna parte, ma uno strumento che va testato ogni volta. E lo possiamo testare solo quando abbiamo chiarezza su quello che siamo.