«La politica fa fatica ad avere una narrazione comune e questo crea frequenti cortocircuiti all’interno delle coalizioni». Prima disegna la cornice generale. Poi Alberto Pacher «cala» la sua riflessione nel contesto cittadino. Indicando al sindaco Alessandro Andreatta, suo successore alla carica più importante di Palazzo Thun, la direzione per superare le divisioni che minano da mesi la tenuta della sua coalizione.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 22 novembre 2015
«L’unico modo per stemperare le tensioni — sottolinea l’ex primo cittadino — è rafforzare il progetto politico comune». E avverte: «È necessario costruire un sistema di confronto e di fiducia reciproca. Altrimenti la strada sarà sempre in salita e a farne le spese sarà la città».
Mercoledì si è consumata una frattura importante all’interno della coalizione cittadina di centrosinistra. Sei membri della maggioranza hanno votato contro la delibera del sindaco Andreatta. Come valuta la situazione attuale di Palazzo Thun?
«Devo dire che, parlando a livello generale, questa è un po’ la cifra della politica di oggi: assistiamo a frequenti cortocircuiti interni alle coalizioni perché la politica fa fatica ad avere una narrazione comune. In questo senso, se l’idea di città non è condivisa dalle forze politiche, ogni tema diventa dirimente. Ed è proprio ciò che sta succedendo a Trento: in un contesto come questo, o si è un leader alla Renzi o tutto diventa faticoso. Considerando anche un altro aspetto cruciale: in questo periodo i cittadini hanno bisogno di stabilità. E questo richiede uno sforzo da parte delle forze politiche: è necessario trasmettere un senso di coesione, a Trento come altrove. Lo sforzo più grande della politica, oggi, è quello di trovare delle forme di condivisione delle idee, che abbiano una funzione pedagogica. Altrimenti tutto risulta indebolito».
Lei parla della necessità di trasmettere un senso di coesione. Eppure in questo momento, nel capoluogo, la maggioranza pare tutt’altro che unita. La bocciatura di mercoledì, nascosta dietro al voto segreto, ne è un segnale.
«È evidente che il voto segreto è quel che è. Ma chi mercoledì ha approfittato dello scrutinio segreto per bocciare la delibera lo ha fatto per aprire un fronte politico. Di certo non si è trattato di una casualità».
Molti sono convinti che i malumori legati alla formazione della giunta siano difficilmente superabili.
«Quando il sindaco compone la sua giunta, i malcontenti ci sono sempre. È fisiologico che ci siano delle aspettative frustrate. L’unico modo per fare in modo che questo clima si stemperi è cercare di rinforzare il progetto politico comune. La maggioranza, in questo senso, deve trovare un metodo di lavoro in grado di aggregare anche parti importanti di città, rilanciando un progetto di ampio respiro. E l’occasione può essere la costruzione del nuovo Prg. Da parte sua, il sindaco, all’inizio del suo secondo mandato, può cogliere l’occasione per costruire un nuovo sistema di confronto, di fiducia reciproca con la sua maggioranza. Solo così può evitare una consiliatura tutta in salita: la sensazione di sospensione che si respira non fa bene al Comune, ma soprattutto non fa bene alla città».
Mercoledì prossimo il sindaco ha convocato capigruppo e segretari politici della coalizione di centrosinistra per affrontare con loro la situazione e decidere le misure da mettere in atto. In queste ore c’è chi parla di rimpasto, di voto di fiducia. Lei cosa ne pensa?
«Sul rimpasto, francamente, non saprei cosa dire. Invece, sembrerebbe singolare e sarebbe una grave ammissione di debolezza chiedere la fiducia a pochi mesi dal voto. Il sindaco ha avuto la fiducia a maggio direttamente dai cittadini che sono andati a votare. Non è facendo una forzatura che si risolve la situazione. In ogni caso, il voto di fiducia, di fatto, corrisponde al voto sul bilancio».