L'intervento in Aula di MICHELE NICOLETTI nella discussione generale sul disegno di RIFORMA COSTITUZIONALE

"Signora Presidente, signora Ministro, colleghe e colleghi, vorrei concentrare questo mio intervento su un tema che forse nella discussione attorno alla riforma costituzionale non ha svolto un ruolo di primo piano come invece meriterebbe e che però negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto è stato richiamato più volte.
Roma, 20 novembre 2015

 

Io penso infatti che, anche alla luce dei gravissimi fatti di questi giorni, non possiamo ragionare sulle questioni politico-istituzionali semplicemente sull'orizzonte nazionale. Gran parte della nostra discussione è stata una discussione come se noi ci trovassimo nel 1948. Abbiamo parlato di divisione dei poteri, di bilanciamento dei poteri come se il potere legislativo che si esercita sui cittadini del nostro territorio fosse in capo esclusivamente al nostro Parlamento e non anche all'Unione europea, come se il potere esecutivo fosse tutto in capo al nostro Governo nazionale e non anche a organismi sovranazionali, come se il potere giudiziario o il controllo e la tutela dei diritti fossero in capo tutti a organismi nazionali e non a organismi sovranazionali, come la Corte dei diritti di Strasburgo o la Corte di giustizia.

Ogni giorno nel nostro Parlamento noi sperimentiamo il fatto che gli atti politici che riguardano la vita dei cittadini in larga misura sono assunti al di fuori delle nostre istituzioni nazionali, non per un qualche disegno demoniaco ma perché noi, perché i nostri padri costituenti saggiamente, nel 1948, articolo 11 della nostra Costituzione, hanno previsto queste limitazioni della sovranità nazionale. Questo è stato un elemento profetico che ha inserito dentro il nostro ordinamento costituzionale un elemento di dinamismo che noi oggi dobbiamo valorizzare. Non esistono allora più questioni nazionali, né a livello economico, né a livello sociale – pensiamo al dramma delle migrazioni – né a livello militare, né a livello di sicurezza, né a livello ambientale, né a livello politico-istituzionale.

Forse dobbiamo dircelo anche con chiarezza e forse nella discussione che noi avremo, finito l’iter parlamentare, quando ci rivolgeremo ai nostri cittadini, noi dovremo dire con maggiore chiarezza che la scelta politica oggi fondamentale è esattamente tra chi pensa che i problemi si possano risolvere ancora a livello nazionale – con tutto il rispetto che io ho per lo Stato nazionale, che ha rappresentato uno strumento fondamentale di tutela dei diritti delle persone, di realizzazione di un elevatissimo sistema di welfare e che oggi gli organismi sovranazionali non sono in grado, questa è la loro gravissima responsabilità, di garantire – e chi invece, nonostante le difficoltà che vi sono a livello internazionale, ritiene che ormai quello sia l'orizzonte su cui noi possiamo meglio tutelare i diritti delle persone, una più piena democrazia, benessere per tutti.

Questa è la frattura politica fondamentale: da un lato un ripiegamento nazionale o, ahimè, nazionalistico, come vediamo in altri Paesi europei; dall'altro lato una forte e coraggiosa apertura, con tutti i rischi ma anche le sfide che questo comporta, a un nuovo orizzonte internazionale, per noi quello europeo. Questo io penso sia un elemento importante da tenere presente. Allora – questa è la linea tra conservatori e innovatori – se questa è la sfida, la sfida della costituzionalizzazione del potere a livello sovranazionale, forse anche i temi che stanno dentro questa riforma dovrebbero essere considerati conseguentemente. Non si tratta infatti solo di un'opera di razionalizzazione e di efficientamento interno quando noi mettiamo mano al nostro bicameralismo paritario o al rapporto tra Stato e regioni, ma a mio modo di vedere – certo, con le contraddizioni che anche sono state rilevate e gli elementi di debolezza che io mi auguro poi nel cammino futuro potranno essere anche eventualmente corretti – però c’è chiaramente indicata la volontà di armonizzare il nostro assetto istituzionale interno ad un ordinamento sovranazionale.

Io penso che noi non possiamo discutere delle cose, dei rapporti interni tra gli organi del nostro Stato, quando ormai le decisioni sono appunto prese altrove, ma il nostro problema è quello che anche voi avete sollevato, colleghi delle opposizioni, e cioè come noi possiamo rendere pieno l'articolo 1 della nostra Costituzione, cioè la sovranità dei nostri cittadini, laddove le decisioni vengono assunte. Allora se questo è l'orizzonte, in questa direzione assume pieno senso la differenziazione che qui è stata operata tra la rappresentanza politica e la rappresentanza territoriale, che tanta fatica si è fatta a comprendere, come due forme diverse e complementari di espressione della volontà politica dei cittadini: da un lato nella loro diversità, pluralismo e ricchezza ideologico-politica organizzata in partiti e dall'altro lato delle istanze dei territori nelle loro diversità geografiche e sociali. L'una, quella politica, tesa a definire le politiche dei diritti e l'indirizzo politico del Governo a livello nazionale e internazionale; l'altra, a contribuire a modellare le direttive interne e anche comunitarie con riguardo alle differenze e alle specificità dei territori e a valutarne l'impatto. Se questa è la direzione forte di questa riforma costituzionale, allora dobbiamo dirci che, una volta compiuto questo iter, altri passaggi devono essere compiuti per rafforzare il rapporto tra ordinamento nazionale e internazionale e potenziarne la dimensione democratica.

Penso anzitutto al rapporto tra Parlamento e Governo. Io di nuovo ho sentito qui favoleggiare attorno al presidenzialismo di fatto, al potere di un uomo unico al comando. Vorrei capire dove questo vi sia nel testo che noi stiamo discutendo e approvando. Non vi è nulla di tutto ciò. Siamo dentro una forma di Governo parlamentare, in cui un gruppo, anche limitato, di deputati avrà domani mattina la possibilità di togliere la fiducia a qualsivoglia Governo e farlo cadere senza che il Governo abbia, come in altre forme di Governo parlamentare, degli strumenti di difesa, quali quello della sfiducia costruttiva, quello dello scioglimento delle Camere e così via. Siamo dentro una forma di Governo parlamentare. Io confesso di avere una preoccupazione opposta a quella che voi avete, se solo rileggo la storia politica italiana, con il trasformismo parlamentare che caratterizza quest'Aula e il magmatico muoversi di membri della Camera da una parte all'altra, che non ha uguali in nessun Paese civile.

Quindi io invito a considerare la lettera di questo testo, che, invece, ci mantiene dentro questa forma di Governo parlamentare, che noi abbiamo intensamente voluto mantenere. È, però – e questo non è un malvagio combinato disposto, ma, anzi, è un virtuoso disposto – affiancato con una legge elettorale che consenta ai cittadini di indicare una maggioranza omogenea di Governo che esca dal voto popolare. Detto questo, il problema cruciale sarà potenziare il rapporto tra il Parlamento e il Governo in sede di relazioni anche con l'Unione europea. Io penso a quanto noi facciamo quando il Governo viene a riferire prima dei Consigli dell'Unione. Ma se noi siamo dentro una forma di Governo parlamentare, se noi riconosciamo che quelli sono i luoghi della decisione effettiva, noi non possiamo celebrare questi momenti come momenti rituali, ma devono essere dei momenti di effettiva discussione e indirizzo politico da parte della Camera, dell'unica Camera politica e, attraverso la Camera dei cittadini, nei confronti del suo Governo.

Così penso al rapporto tra Parlamento nazionale e Parlamento europeo e penso, ancora, al ruolo, anch'esso fondamentale, del nostro Parlamento nelle altre organizzazioni internazionali, che – qui voglio ricordarlo – spesso sono sconosciute, ma che svolgono un ruolo importante proprio in materia di costituzionalizzazione del potere di tutela dei diritti fondamentali, in primo luogo il Consiglio d'Europa, ma anche le altre assemblee come la NATO e l'OSCE.  È evidente a tutti quanto queste organizzazioni giochino un ruolo fondamentale dall'inizio di questa legislatura. Ci sono moltissimi provvedimenti che riguardano la vita delle persone, che riguardano il contrasto al terrorismo, al crimine informatico e così via, che noi assumiamo sulla base di convenzioni, di trattati internazionali o di sentenze di una Corte di giustizia.

La nostra presenza dentro a quelle organizzazione e il raccordo tra il nostro Parlamento e quelle organizzazioni devono essere più forti, perché che cos’è la Costituzione se non, appunto, una cornice all'interno della quale si difendono i diritti ? E a quelli che dicono che volevano un Senato delle garanzie io mi permetto di chiedere: ma un sistema di garanzie, cioè di tutela dei diritti fondamentali, chi lo ha esercitato in questi anni, se non la Corte costituzionale ? se non la Corte di Strasburgo ? E quanto il nostro bicameralismo paritario, su tante materie sensibili per la vita quotidiana delle persone, è stato in grado di svolge un effettivo ruolo di garanzia dei diritti fondamentali ? Allora andiamo a vedere qual è oggi, sulla vita delle persone, il vero sistema delle garanzie e andiamo a potenziare quel sistema di garanzie. Andiamo a potenziarlo e a rendere il nostro Paese maggiormente protagonista dei luoghi in cui le convenzioni, i trattati si scrivono.

Allora, dentro questo, signora Presidente, noi dobbiamo pensare a quello che succederà dopo. Noi dobbiamo rafforzare la nostra azione come Parlamento. Dovremmo rivedere la nostra legislazione in materia. La delegazione che io ho l'onore di presiedere è regolata da una legge del 1949, che dà, in qualche modo, la linea alle altre delegazioni parlamentari, che naturalmente rispecchia il bicameralismo paritario, prevedendo una composizione tra Camera e Senato. Ma nel momento in cui noi avremo una Camera politica, che è il luogo della rappresentanza fondamentale dei valori delle persone, e l'altra è una Camera dei territori, bisognerà evidentemente adattare la legislazione vigente per consentire al nostro Parlamento di essere politicamente rappresentato, laddove, appunto, queste decisioni vengono assunte anche tenendo conto che i territori sono rappresentati a livello di Consiglio d'Europa dal Congresso delle autorità locali e regionali.

Quindi, posto anche che la Camera dei deputati avrà competenza sulla materia dei trattati internazionali e della politica internazionale, ad esclusione dei rapporti tra le regioni e l'Unione europea, che rimane anche in capo al Senato, bisognerà, appunto, pensare ad una piena rappresentanza della Camera dentro queste delegazioni. Questo è quello che dovremo fare, così come noi dovremmo dedicarci al grande tema che negli altri Paesi si sta discutendo e che anche è stato evocato dei colleghi, cioè gli strumenti di governance europea. Noi dobbiamo fare del nostro Parlamento anche il luogo della discussione della governance europea e di come rendere piena – è anche la nostra preoccupazione – la democrazia in quei luoghi così vitali, proprio perché questa limitazione della nostra sovranità politica, in condizioni di parità con altri Stati, non sia un depauperamento della possibilità dei nostri cittadini di decidere del loro destino e del destino delle loro comunità, ma sia un potenziamento.

Così si potrà proseguire nella direzione, oggi decisiva, della costituzionalizzazione del potere politico sovranazionale e dotare i nostri concittadini e il nostro Paese di strumenti più adeguati all'esercizio della sovranità, dentro quell'orizzonte che oggi è l'orizzonte della nostra vera comunità politica, ossia l'orizzonte europeo, l'orizzonte degli Stati Uniti d'Europa, su cui anche il nostro Parlamento, per iniziativa anche della Presidente, ha mosso recentemente passi significativi. Questa è la direzione in cui noi dobbiamo andare e io mi auguro che questo passo di approvazione della riforma costituzionale, che noi stiamo per compiere, e poi di dialogo con i cittadini possa trasmettere al nostro Paese che noi non stiamo togliendo democrazia a loro, ma stiamo cercando, invece, di renderli più cittadini in un orizzonte nazionale e sovranazionale.