Immaginiamo una squadra di calcio ingiustamente accusata di ricevere favori arbitrali. Un’accusa che in realtà è fondata più sull’invidia per i risultati raggiunti, che sulle prove, ma nella bolgia delle curve gli argomenti razionali contano ben poco. Immaginiamo che per legge venga sancito che quella squadra non può perdere, e il peggior risultato che può conseguire è lo 0-0. E immaginiamo che quella squadra inizi a inanellare una serie di pareggi a reti bianche e perda comunque il campionato. Di chi sarebbe la colpa?
Francesco Palermo, "Trentino", 24 ottobre 2015
Se la riforma costituzionale sarà approvata in via definitiva e se sarà confermata dal referendum del prossimo autunno, l’autonomia speciale del Trentino e dell’Alto Adige potrebbe trovarsi nella situazione di quella squadra. La clausola di salvaguardia dice sostanzialmente che è impossibile perdere. Perché introduce l’intesa per la modifica degli statuti, sia che l’iniziativa provenga dal centro sia che provenga dal territorio.
Nella inimmaginabile ipotesi che una riforma dello statuto venisse approvata unilateralmente dal Parlamento, basterebbe il no delle giunte provinciali per far finire nel vuoto la delibera legislativa, anche se approvata da oltre i 2/3 dei componenti del Parlamento. Parimenti, il Parlamento avrà, come ora, il potere di negare l’approvazione di una riforma statutaria se non la condivide, ma non avrà più il potere di stravolgerla e di imporre una decisione non concordata con le province. È lo 0-0 garantito per legge. Ci sarà poi la possibilità di trasferire alle province, ancora in questa legislatura, un’importante competenza ancora mancante, quella in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.Dopo la revisione dello statuto si potrà acquisire la competenza in materia di commercio con l’estero. Senza contare tutto ciò che di altro si potrà negoziare.
Tutto bene dunque? Fino a un certo punto. Perché la garanzia di non subire gol non dà anche la certezza di segnarli. Per questo bisogna saper imbastire buone azioni di attacco. E mostrare di giocare meglio degli altri, altrimenti tutti quelli che pensano che si stiano rubando le partite non vedranno l’ora di rendere la pariglia. Al momento più che lo spirito di squadra si vedono tre blocchi poco compatibili: i catenacciari che non vogliono attaccare e protestano perché qualsiasi difesa è come minimo dovuta e comunque troppo poco rispetto a ciò che ci spetterebbe per destino storico; i pasdaran dell’attacco, che entrano a gamba tesa perché vogliono giocare un altro campionato; per fortuna esistono anche quelli che vogliono imbastire una ragionevole manovra di attacco, per provare a vincere in maniera sportiva.
I segnali positivi non mancano, a partire dal fatto che alla testa del terzo gruppo c’è l’allenatore della squadra. Insomma, la palla è nel nostro campo e non ci sono più scuse per non lavorare con serenità. Molto si può fare anche a statuto invariato. Non solo la legge paritetica per la competenza sull’ambiente, ma anche le norme di attuazione e con scelte e metodi per la modernizzazione dell’autonomia. E Trento non è da meno: fusione di comuni, riforma delle comunità di valle, investimenti in ricerca e molto altro. Ma la partita grossa è quella dello statuto. Una visione di gioco si sta affermando, ma serve il coraggio di metterla in pratica. Altrimenti prima o poi, al netto della sacrosanta tutela delle minoranze, ci verrà chiesto se la visione di sviluppo dell’autonomia può essere la competenza sul Parco dello Stelvio o la possibilità di derogare alle distanze tra edifici previste dal codice civile.
Anche con la garanzia di non perdere, non si vince se si ha paura della propria ombra. Allora sì che nel tempo le competenze non verranno più concesse (come ha scritto Alberto Faustini dalla prossima legislatura la delegazione parlamentare rischierà di contare pochissimo) e verranno gradualmente erose dall’arbitro (la Corte costituzionale), che difficilmente resterà insensibile alle urla del pubblico. Allora lo 0-0 garantito sarà servito a poco. Ma la colpa sarà solo nostra.