TRENTO Una spinta forte alle donne che cercano, più che legittimamente, di percorrere la salita faticosa che porta a rafforzare la propria posizione lavorativa. Questo, per l’assessore al lavoro Alessandro Olivi, il vantaggio principale del congedo parentale in salsa trentina, che estende la fruizione del bonus (il 30% dello stipendio fino a un massimo di 900 euro il mese per 4 mesi) dagli 8 ai 12 anni di età.
"Trentino", 12 ottobre 2015
«Con questo provvedimento non pensiamo di risolvere tutti i problemi, però credo sia uno sforzo importante nella direzione di rendere meno discontinuo il progetto di consolidamento dell'occupazione delle donne, nel delicato passaggio da un contratto a tempo determinato ad un impiego più stabile, dove c'è bisogno di investire nell'impegno e nella continuità. Ci ha ispirato in questo la volontà di dare un segnale: siamo forse gli unici in Italia ad avere un congedo di questa durata». Il congedo è uno dei due capisaldi del Documento di politica del lavoro, «un insieme di misure - continua Olivi - che ci permette di fare delle politiche innovative e più aggressive a favore delle aree di disuguaglianza che ancora ci sono». Il primo è “Donna digitale” e «consiste nel favorire il loro ingresso anche nei settori tecnologici dove c'è una certa “segregazione culturale”, rafforzando il loro bagaglio di competenze attraverso una formazione specialistica individualizzata».
Paolo Holneider, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari del Trentino, concorda: «Ben vengano tutte le iniziative che possono migliorare la conciliazione. Si dimostra ancora una volta che le politiche familiari del Trentino sono più avanti di quelle messe in capo dello Stato. Il quale è rimasto molto indietro e dovrebbe prendere spunto dalle buone pratiche di casa nostra, come la legge del 2011 sul benessere della famiglia: un vero e proprio investimento sul futuro, molto diverso dalle azioni a spot come i mille euro per il bonus bebè, che servono ai politici per farsi belli ma che nella sostanza non hanno un grande effetto». Quanto al congedo, nel concreto esso «è utilizzato tanto dalle mamme, poco dai papà: c'è ancora scetticismo da parte dei datori di lavoro. Quella che si avvale di questo strumento è vista come una figura debole. Dobbiamo quindi fare dei passi avanti anche dal punto di vista culturale: il congedo è una pari opportunità effettiva: si suddivide l'impegno della crescita di un figlio e l'ente pubblico viene incontro ai genitori con la norma. Importante è che questa opportunità non resti sulla carta ma sia valorizzata da chi dirige gli uffici pubblici e da chi governa le aziende. Un papà che sta a casa con i figli al 30% dello stipendio è da considerare una risorsa per la comunità».
Holneider dà a Cesare quel che è di Cesare: «Con questi strumenti Rossi, prima come assessore e ora come presidente della Provincia, dimostra di credere nell'investimento sulla famiglia, che rappresenta anche il futuro del Trentino, perché senza ricambio generazionale si va verso la crescita zero». Un altro esempio significativo, per il vicepresidente del Forum, è il Family-audit, «una certificazione frutto di un percorso consistente in una serie di azioni per conciliare famiglia e lavoro messe in campo da un'azienda. Si è dimostrato che ciò produce nei propri collaboratori un benessere che a sua volta si traduce in produttività. Pensiamo alle 6 ore di lavoro sperimentate in Svezia. Anche nel Family audit il Trentino è preso come riferimento a livello nazionale». Sono diverse le misure che il Trentino ha introdotto prima di tutti nelle politiche del lavoro, dimostrando il suo ruolo di traino in questo ambito. «Abbiamo fatto moltissimo, dai lavori socialmente utili ai nuovi ammortizzatori sociali, fino al fondo territoriale di solidarietà», ricorda l’assessore al lavoro, Alessandro Olivi. C’è poi la staffetta generazionale: «Anche lì siamo gli unici a prevedere un sostegno al reddito a favore del lavoratore senior che riduce il tempo lavorativo e una decontribuzione Irap a favore dell'impresa che assume. Una cosa che altri hanno provato a fare senza metterci i soldi».
LEGGI ANCHE: "Papà a casa con i figli. Bonus esteso fino a 12 anni", C. Bert, "Trentino", 12 ottobre 2015 Non sarà come in Svezia, dove l’80% dei padri rimane a casa con i propri figli piccoli, al posto delle madri, o alternandosi con loro. Ma il Trentino punta a restare all’avanguardia nei congedi parentali: coinvolgere i papà nell’attività di cura significa ridurre lo sbilanciamento del carico, che ancora oggi grava principalmente sulle donne, e dall’altra favorire il lavoro femminile. Perché da un lato la scarsa occupazione delle donne deriva molto spesso dalla necessità di stare a casa con i figli e dall’altro i datori di lavoro - in previsione che le lavoratrici si assenteranno più dei colleghi uomini - possono considerare l’assunzione delle donne più onerosa.
Le novità del Jobs Act. Si tratta di equilibrare questa situazione. Una parte l’ha fatta il governo con il Jobs Act: il decreto attuativo del 15 giugno scorso ha portato da 8 a 12 anni del figlio il periodo entro cui i genitori possono usufruire del congedo parentale e ha elevato da 3 a 6 anni l’età in cui si ha diritto a un indennizzo. I periodi di congedo (per un massimo complessivo di sei mesi tra i due genitori) sono indennizzati al 30% della retribuzione media giornaliera a prescindere dalle condizioni di reddito del genitore che fa richiesta. Tra i 6 e gli 8 anni di vita del bambino l’indennizzo è invece subordinato al reddito del genitore, che per il 2015 è stato fissato a 6.531 euro. L’altra novità è appunto quella che il genitore può chiedere il congedo anche dopo gli 8 anni, fino ai 12 anni del figlio e fino a 6 mesi individualmente e con un limite massimo complessivo tra i genitori di 10 mesi, ma in questo caso senza percepire alcuna retribuzione.
In Trentino. La Provincia di Trento è pronta ad aggiungere un dettaglio non di poco conto: il contributo - un’indennità del 30% dello stipendio, fino a un massimo di 900 euro al mese per un massimo di 4 mesi - che oggi vale fino agli 8 anni del bambino, potrà essere usufruito fino al 12° anno di età. Si tratta di uno degli interventi contenuti nel nuovo piano di politica del lavoro che entro fine mese approderà in giunta provinciale, dopo il passaggio nella commissione provinciale per l’impiego. Il documento dell’Agenzia del lavoro adegua tutte le azioni a sostegno dell’occupazione femminile, dunque anche il congedo di paternità, alla nuova disciplina del Jobs Act, ma fa dei passi ulteriori: i padri potranno stare a casa per un periodo con i propri figli fino al compimento del 12° anno di età, e avere un sostegno economico. Attualmente infatti ai padri che chiedono il congedo parentale, in alternativa alla madre lavoratrice, l’indennizzo è riconosciuto pari al 30% della retribuzione e il sostegno è aumentato al 40% nel caso di richiesta del congedo parentale a partire dal 7° mese. I padri che stanno presentando la domanda in queste settimane, o che lo faranno nelle prossime, potranno già beneficiare del nuovo regime grazie a una norma transitoria che consentirà loro, una volta approvato il nuovo piano della Provincia, di optare per la disciplina più vantaggiosa.
Incentivi al lavoro femminile. Il piano di politica del lavoro, come detto, si propone di sostenere l’occupazione delle donne. Accanto al capitolo congedi, conterrà altre novità. Tra queste c’è l’intervento “Donne digitali”: nel settore del digitale ci sono le maggiori potenzialità di nuovi posti di lavoro, e l’obiettivo è dunque quello di ridurre il gap di conoscenze delle laureate in discipline non scientifiche, con iniziative di alfabetizzazione informatica e di sviluppo delle competenze tecnico-scientifiche attraverso tirocini. Un altro fronte di intervento riguarderà il supporto alla presenza delle donne nei ruoli di vertice. Nel settore privato in Trentino (dati delle aziende con più di 100 dipendenti) ogni 10 quadri le donne sono poco più di due e su 10 dirigenti solo in un caso la qualifica è ricoperta da una donna. Il progetto prevede che l’Agenzia del lavoro rilasci un marchi, «Valore Donna», ai datori di lavoro che realizzeranno politiche favorevoli all’equilibrio di genere e che adotteranno pratiche organizzative efficaci di gestione della maternità. In prospettiva il marchi potrà essere riconosciuto come punteggio nelle gare di appalto. «Il 44% delle donne ha dovuto fare rinunce lavorative, contro il 19% degli uomini, a causa di impegni e responsabilità familiari». Sono i dati forniti da Linda Laura Sabbadini (foto), direttrice del dipartimento per le statistiche sociali dell'Istat, durante un convegno tenutosi a Trento lo scorso mese di giugno. Fra i motivi principali per cui le donne hanno rinunciato a entrare nel lavoro vi sono ovviamente la maternità e il dover farsi carico della cura dei figli e dei familiari - ha sottolineato Sabbadini - sono il 26% le donne che devono interrompere il lavoro per gli stessi motivi, mentre per gli uomini la percentuale è quasi del tutto assente, e il 20% delle donne contro l'8% degli uomini ha dovuto rinunciare a un particolare incarico che avrebbe voluto accettare.