FERRARI: «C'è chi sta alimentando una campagna pericolosa e falsa creando un clima bruttissimo, che purtroppo sta preoccupando molti genitori sui corsi alla relazione di genere che in Trentino stavamo organizzando senza che vi fossero problemi già dal 2007».
L. Patruno, "L'Adige", 2 ottobre 2015
L'assessora provinciale alle pari opportunità, Sara Ferrari , è stata invitata ieri sera a partecipare a un incontro pubblico organizzato alle scuole di Mattarello dalla dirigente dell'istituto comprensivo di Aldeno-Mattarello, che ha deciso di aderire al bando provinciale per tre percorsi formativi su «identità, differenze e stereotipi» rivolti a genitori, docenti e studenti. Lo scopo dell'incontro era proprio quello di spiegare i contenuti dei corsi e oltre all'assessora sono stati invitati Luciano Malfer , dirigente dell'Agenzia provinciale per la famiglia, organizzatore dei corsi; Chiara Tamanini di Iprase e la sociologa Barbara Poggio , proretrice dell'Università di Trento.
Ma ieri mattina, l'assessora Ferrari che abita proprio a Mattarello, mentre accompagnava uno dei figli a scuola ha dovuto assistere alla distribuzione di volantini anonimi che la ritraevano spiega: «Come una sorta di strega moderna, un pericolo pubblico favorevole all'eutanasia, all'utero in affitto e ai matrimoni gay». Insomma, un concentrato di tutto quanto chi condivide le posizioni di siti quali «No ai matrimoni gay in Italia» aborrisce. Nel volantino veniva additata anche la professoressa Poggio.
Proprio sul sito «No ai matrimoni gay in Italia» si esultava nei giorni scorsi alla notizia - infondata - che a Mattarello la dirigente scolastica Antonietta Decarli avrebbe rinunciato a tenere i corsi previsti. «Non è assolutamente vero - conferma Ferrari - i corsi si faranno. Queste persone speravano che fosse così per innescare una sorta di effetto domino partendo dal mio paese. Il problema è che qui si stanno mischiando i corsi sulla parità di genere con i corsi sull'affettività e l'educazione sessuale fatti dall'Azienda sanitaria con quelli contro il bullismo omofibico per fare di tutta l'erba un fascio e rimettere in discussione tutto». Il dirigente Malfer, che con molta precisione, sta accompagnando l'assessora nelle varie serate per illustrare pacatamente in cosa consistono questi corsi sulla relazione di genere tra uomo e donna dice: «Noi cerchiamo di spiegare come stanno le cose realmente perché c'è molta speculazione: si stanno intrecciando le polemiche nazionali sulla "Buona scuola", poi sul disegno di legge sull'omofobia e sui nostri corsi».
In realtà, appunto è da 6 anni che nelle scuole trentine si organizzano questi corsi. L'anno scorso hanno aderito ai bandi 22 istituti comprensivi e quest'anno sono 21 in tutto il Trentino per un totale di 60 percorsi scelti di cui la metà rivolti agli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado (medie e superiori) sugli stereotipi di genere per rimuovere le disparità. «I corsi - conferma Malfer - una volta approvati dal consiglio di istituto rientrano nelle materie curriculari».
Intanto, Guerrino Soini (Fratelli d'Italia) ieri con un comunicato interviene per contestare proprio «l'obbligatorietà dei corsi sulla parità di genere» e parla di corsi che «adottano come un cavallo di troia l'omofobia e il rispetto della diversità» per «sfociare nella teoria del gender».
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Inserire in legge una norma che stabilisca che i corsi «concernenti l'identità sessuale o di genere e l'educazione sessuale e all'affettività» devono essere opzionali e non obbligatori, come chiesto dall'assemblea delle minoranze del consiglio provinciale in relazione al disegno di legge di contrasto all'omofobia, andrebbe ad incidere profondamente sull'autonomia scolastica oggi garantita.
Attualmente, infatti, spiegano al Dipartimento istruzione della Provincia, che ha già iniziato a fare un approfondimento giuridico sulla questione, quando un corso è inserito nel piano curriculare approvato dal collegio dei docenti e dal consiglio di istituto, nel quale sono rappresentate anche le famiglie, la partecipazione dello studente è obbligatoria.
Se poi la famiglia vuole tenere a casa il ragazzo o la ragazza naturalmente può farlo, presentando però una giustificazione dell'assenza.
Mettere in legge che invece questi corsi, che poi rientrano tra quelli di educazione alla cittadinanza previsti dai piani scolastici, non possono essere curriculari e obbligatori, sarebbe come esprimere una sfiducia nei confronti dell'autonomia scolastica.
Molti dirigenti sono rimasti basiti rispetto a questa eventualità, anche perché, ad esempio, nelle scuole trentine è già da anni che si tengono i corsi inseriti nei piani curriculari proprio sull'educazione alla parità di genere e anche corsi contro le discriminazioni e non ci sono mai stati problemi. Anzi, agli uffici provinciali risulta, dopo una rapida ricognizione, che non ci sia stato un solo caso di famiglie che hanno tenuto a casa i figli perché non vi partecipassero. L'autonomia scolastica, viene ricordato dalla Provincia, prevede processi decisionali di garanzia della partecipazione e controllo sociale attraverso le decisioni dei collegi dei docenti e del consiglio di istituto, che verificano che non si portino nelle scuole delle materie non consone e tutti i questi corsi, compresi quelli sulla parità di genere contro i quali recentemente si sono organizzate serate di protesta come quella di Novaledo, rientrano nelle facoltà educative della scuola.
È difficile dunque pensare che in futuro un eventuale corso sull'affettività o il contrasto al bullismo omofobico le scuole siano obbligate a inserirlo per forza tra le materie opzionali (come il corso di teatro o di basket) e non tra le materie curriculari, all'interno dell'educazione alla cittadinanza, come avviene invece oggi ed è sempre stato per i progetti sull'educazione sessuale, l'affettività e contro gli stereotipi sessuali e altre discriminazioni che già si tengono nelle scuole trentine. Sarebbe un deciso arretramento.
Si vedrà comunque nei prossimi giorni come il presidente con delega all'istruzione Ugo Rossi deciderà di gestire questa «patata bollente».