Centro prima accoglienza in caserma nell'area del Not

Accanto al centro di prima accoglienza e smistamento (hub) dei profughi, già in funzione a Marco di Rovereto, verrà attivato - entro tre settimane, massimo un mese - un altro centro all'interno di un padiglione delle ex caserme Damiano Chiesa in via Desert a Trento, capace di ospitare fino a 300 persone, anche se per ora si prevede un'accoglienza media di cento profughi alla volta.
L. Patruno, "L'Adige", 22 settembre 2015

 

Questa caserma fa parte dell'area che avrebbe dovuto essere rasa al suolo e bonificata per ospitare il Not (Nuovo ospedale del Trentino), che ora invece la Provincia, come ha annunciato all' Adige l'assessore alla salute e politiche sociali, Luca Zeni, e ha confermato il presidente della Provincia, Ugo Rossi, è decisa a realizzare in località San Vincenzo a Mattarello.
Ieri il governatore Rossi, al termine della riunione di giunta del lunedì, ha detto che: «Il Trentino sa dimostrare spirito di solidarietà ed accoglienza oltre a capacità organizzativa e di gestione di una situazione critica. Per questo la Provincia metterà a disposizione come «hub» per la prima accoglienza dei profughi una caserma trasferita dallo Stato nell'ambito dell'accordo di programma quadro».
Uomini a Trento, donne a Marco.
«Le caserme di Trento - ha precisato l'assessore al welfare, Zeni - ci consentono di alleggerire l'unico hub ora presente sul territorio provinciale, che è quello di Rovereto, dove si era arrivati anche a 230 persone, mentre ora sono circa 150. La nostra intenzione è quella di distribuire fra Marco e Trento i profughi nuovi arrivati, con una capienza media di 100 a Marco e 100 a Trento, anche se la struttura delle caserme Chiesa, che fino a pochi anni fa era usata dai militari, ha una capienza fino a 300 posti, che ci permette una certa elasticità. Quindi a Marco, che è più piccolo vorremmo creare un centro dove destinare prioritariamente le donne e le famiglie e a Trento gli uomini. Abbiamo chiesto a Roma di inviarci infatti anche donne e non solo uomini, mentre prima la disponibilità di un solo centro, quello di Marco, rendeva difficile organizzare una convivenza in un posto così ristretto di donne e uomini».
La cinquantina di profughi che proprio in questi giorni sono stati trasferiti da Marco alle caserme delle Viote, verranno dunque riportati in città, nelle caserme Chiesa, non appena saranno rese agibili. «Sono in buono stato - spiega Zeni - erano già una camerata per i militari, ci vorranno tre o quattro settimane per sistemarle, non intendiamo lasciare i profughi isolati alle Viote. Sia Marco che le caserme di Trento saranno però solo centri di prima accoglienza dove i profughi restano solo qualche settimana poi vengono smistati sul territorio». La gestione dei profughi in caserma sarà affidata ad Atas e Centro Astalli con la regia di Cinformi.
Le presenze sono salite a 960.
Il flusso di arrivi è continuo. Lo ha confermato lo stesso Zeni che ieri ha detto: «Sono arrivati 25 venerdì, altrettanti sabato e ne aspettiamo altri 25 tra oggi e domani. Oggi sono circa 960, siamo arrivati quasi al tetto di assegnazioni che comunque varia in base agli arrivi, Noi abbiamo deciso di farci carico dell'organizzazione della gestione, distribuendo i profughi in piccoli gruppi sul territorio. Riceviamo 4-5 offerte ogni giorno, le valutiamo e ci confrontiamo con i sindaci. Abbiamo scartato la soluzione degli hotel pur avendo ricevuto tre offerte per 60 posti ciascuno. Non intendiamo infatti parcheggiare queste persone limitandoci a offrire vitto e alloggio. Vorremmo cercare di creare le condizioni per integrazione di queste persone che decidono di fermarsi in Trentino per chiedere asilo in Italia».

Città pronta ad accoglierli ma a tempo determinato
 
Dal Comune di Trento piena disponibilità ad ospitare sul proprio territorio il nuovo centro di prima accoglienza per i profughi. Ma c'è un ma. Il patto è che anche il resto del territorio provinciale dovrà fare la propria parte nell'accoglienza definitiva, una volta che i richiedenti asilo confermeranno la loro volontà di fermarsi qui. «Saremo attenti a monitorare e verificare che questa apertura da parte del territorio ci sia e rimanga costante - avverte il sindaco Alessandro Andreatta - altrimenti lanche la nostra disponibilità verrà meno».
È da qualche settimana che la Provincia ha iniziato a lavorare per concretizzare l'ipotesi dell'apertura di un secondo centro di prima accoglienza, in modo da sgravare quello di Marco di Rovereto ormai vicino al collasso. L'idea di utilizzare una caserma è conseguenza del via libera da parte del governo e da quando è maturata c'è stato il coinvolgimento del Comune capoluogo. «Se ne parla da due o tre settimane. Capiamo - afferma Mariachiara Franzoia, assessore comunale alle politiche sociali - che c'è la necessità di sgravare un po' Rovereto e che lo sblocco delle caserme può facilitare la primissima accoglienza e da questo punto di vista la scelta di Trento, che è baricentrica, era naturale. Abbiamo peraltro avuto rassicurazioni sul fatto che si eviteranno ammassamenti e che dopo la prima accoglienza, i mesi necessari per avviare le pratiche burocratiche, si eviteranno ammassamenti eccessivi e si proseguirà con la distruibuzione sul territorio». L'assessore provinciale Luca Zeni ha avuto in questo senso riscontri positivi nei suoi contatti con gli enti locali.
Detto della disponibilità da parte dell'amministrazione della città, che già ospita da molto tempo un centinaio di profughi nell'ex Motel Agip di via Brennero e che in prospettiva ne potrebbe ospitare altri nella cosiddetta Casa della Solidarietà, la nuova sede del Cinformi in preparazione in un palazzo della Curia a Centochiavi, l'assessore Franzoia non nasconde una certa preoccupazione. «È chiaro che sono situazioni delicate anche se non c'è allarme. Il nostro ruolo sarà quello di cercare di attivare gli ospiti e renderli partecipi della vita della città. Per fare questo vorremmo coinvolgere anche le associazioni e magari le circoscrizioni, in modo da evitare che i profughi rimangano inattivi e possano essere percepiti dalla popolazione come un peso».
 
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TRENTO Venticinque sono arrivati al centro di Marco venerdì, altrettanti sabato, e altri 25 tra ieri e oggi. Il conto delle presenze dei profughi in Trentino ha superato così quota 900, a fronte di un contingente assegnato dallo Stato di 963 richiedenti asilo. Numeri che - in attesa di una ridistribuzione a livello europeo che però incontra fortissime resistenze - sono destinati ad aumentare visto che i viaggi della speranza sui barconi continuano, e dunque gli sbarchi sulle coste siciliane.
Il piano di accoglienza della Provincia si regge su due capisaldi: da un lato due centri di smistamento (Marco di Rovereto e, tra qualche settimana, le ex caserme di via al Desert a Trento), dall’altra un’accoglienza a lungo termine in piccoli gruppi diffusi sul territorio. «La nostra competenza è sull’organizzazione - ha ricordato ieri l’assessore Luca Zeni - abbiamo scelto di gestire l’accoglienza in prima persona, invece di delegarla alla prefettura come avviene nel resto d’Italia, come atto di responsabilità. Abbiamo detto no a parcheggiare i richiedenti asilo per mesi e mesi in alberghi, e per questo motivo anche negli ultimi giorni ho rifiutato tre offerte di hotel, nelle valli, che avrebbero potuto ospitare 60 profughi l’uno. Ma noi abbiamo scelto un modello diverso, che prevede un confronto con le amministrazioni comunali per accogliere i migranti in piccoli gruppi, così da favorire l’accettazione sociale da parte dei residenti e da aiutare l’integrazione». «Questo può inizialmente allungare i tempi, ma alla lunga - rivendica l’assessore - facilita l’attivazione di una rete di volontariato sul territorio che rappresenta una forma di controllo sociale e allo stesso tempo permette di impiegare i profughi in lavoretti a titolo gratuito».
Non si tratta di lavoro sottratto ai trentini, chiarisce Zeni: «Per legge i richiedenti asilo non possono lavorare, ma possono dare una mano nella comunità dove vivono, dallo sfalcio dei prati all’aiuto nelle Rsa. Quando lo abbiamo proposto, nessuno ha rifiutato e i risultati nei Comuni dove sono ospitati sono positivi».
Nei prossimi giorni l’assessore concluderà in val di Fiemme il giro di incontri con i sindaci: «Nelle ultime due settimane stiamo ricevendo 4-5 offerte al giorno da privati». Top secret il dove, la cautela è massima per evitare che scattino allarmi e che qualche forza politica protesti prima del tempo. «Prima di firmare un contratto abbiamo preso l’impegno di confrontarci con i sindaci e facciamo accurati sopralluoghi», aggiunge Zeni. Degli oltre 900 profughi attualmente in Trentino, la gran parte sono uomini. Poche le famiglie, che vengono tenute unite. Ci sono anche minori non accompagnati, ragazzini di 16-17 anni che hanno attraversato il mare da soli e per i quali risulta ancora più importante il sostegno degli psicologi per i popoli, l’associazione che collabora con il Centro di Marco.
In questo momento - ha detto l’assessore - ci sono anche due donne incinte, che vivono a Dro. L’attesa per ottenere una risposta dalla commissione che valuta le richieste di asilo è lunga, in media 14 mesi, a cui se ne aggiungono 6 per eventuali ricorsi. Più del 50% dei profughi appena può lascia l’Italia, dunque anche il Trentino, diretto verso altri Paesi, Germania e Nord Europa. «Ma il tempo in cui restano va utilizzato per costruire integrazione», insiste Zeni. Il quale ribadisce anche un altro concetto: «I 30 euro al giorno per ogni profugo accolto non sono soldi sottratti ai trentini, sono soldi che lo Stato ci dà per questo preciso obiettivo». Di questi, una percentuale se ne va per vitto e alloggio, un’altra per le associazioni che si occupano della gestione e dei corsi, una parte per trasporti, buoni spesa e 2,5 euro al giorno di pocket money. «Ma noi siamo virtuosi e stiamo spendendo meno, 27,5 euro a profugo», ha tenuto a sottolineare ieri il presidente Ugo Rossi.