Sperimentare nuove formule per i punti nascita di valle, anche a costi maggiori, annunciò a fine luglio Luca Zeni, il giorno dopo il suo insediamento all’assessorato alla sanità. Il 30 settembre affronterà il nuovo e probabilmente ultimo round al ministero della sanità, dove si capirà se e quali margini esistono per il Trentino di mantenere aperti i punti nascita sotto i 500 parti all’anno (Tione, Arco, Cavalese e Cles).
C. Bert, "Trentino", 21 settembre 2015
Un anno fa la ministra Beatrice Lorenzin fu categorica: «Nessuna deroga, valgono i parametri fissati nel 2010 dall’accordo Stato-Regioni». Da allora l’assessora alla sanità Donata Borgonovo Re (che condivideva la linea Lorenzin) è stata rimossa e il pressing di Trento e Bolzano si è fatto più forte, con i due governatori Rossi e Kompatscher in campo.
Della delegazione che andrà a Roma faranno parte i due presidenti e i due assessori, Zeni e Martha Stocker. «Al ministero non andiamo a chiedere una deroga, ma a proporre un modello», chiarisce l’assessore, «che tenga conto della sicurezza sanitaria, delle distanze, dei costi economici e delle ricadute sociali». «Ci sono realtà che hanno problemi analoghi, nell’arco alpino ma anche negli Appennini - osserva Zeni - penso che sarà bene muoverci in modo coordinato». Per garantire l’adeguamento alla normativa dei punti nascita (con sei professionisti sempre in servizio), servirebbero circa 5 milioni di euro all’anno. Ma Trento e Bolzano puntano su un’équipe di medici che possa garantire alta sicurezza, per esempio assicurando la presenza fissa di un anestesista rianimatore formato per operare anche su bambini piuttosto di un pediatra, come previsto dal ministero.
Medici di base in rete. Se le sorti dei punti nascita periferici, strenuamente difesi dall’Upt, restano uno dei banchi di prova per la tenuta della maggioranza, le decisioni che attendono la sanità vanno ben oltre e da queste dipenderà il futuro degli ospedali di valle. Quella che Zeni considera in questo momento la priorità è la nuova organizzazione dei medici di base, non più sparsi sul territorio ognuno con il proprio studio, ma associati in gruppi «cosìcché - spiega l’assessore - possano dare una risposta più pronta e completa ai pazienti nell’arco delle 12 ore, migliorando anche la capacità di diagnosi». Una soluzione questa che permetterebbe di alleggerire il pronto soccorso dove resta troppo alta la percentuale di codici bianchi. Le resistenze degli interessati, che sono liberi professionisti, sono forti, ma Zeni è deciso ad accelerare: «Ci muoveremo cercando la massima condivisione, territorio per territorio. Ci sono realtà più pronte, come Mezzolombardo e Ala che possono sfruttare gli ospedali come logistica, e dove si potrebbe partire nel giro di pochi mesi».
Ospedali di valle specializzati. «Avere un miglior servizio sul territorio ci consentirà di avere un miglior collegamento con gli ospedali in termini di diagnosi e esami», insiste l’assessore. Che sulla riorganizzazione della rete ospedaliera conferma: «Andiamo avanti convinti sul Not, che sarà l’ospedale hub per i casi gravi e le urgenze e la multidisciplinarietà, e dall’altra ci saranno gli ospedali periferici, che non significa ospedali secondari». Zeni concluderà la prossima settimana il suo primo giro nelle strutture di valle: dopo Tione, toccherà a Cles, Cavalese e Borgo: «Ognuna avrà il pronto soccorso, medicina e ortopedia, e poi si cercherà di individuare, anche in base alle professionalità, una specializzazione che ne faccia un ospedale di riferimento». Il confronto con l’Azienda sanitaria è già cominciato.