Intervista a DONATA BORGONOVO RE - «Segreteria Pd, sostengo Elisa Filippi»

Donata Borgonovo Re non si sente sconfitta. Anche se, naturalmente, non aver potuto portare a termine il lavoro iniziato all'assessorato alla salute le brucia. E molto. Ma d'altra parte, è serena, perché quando l'unica motivazione ufficiale che ti viene comunicata per la revoca delle deleghe è: « No te sei dei nosi ». C'è poco da discutere. Questo essere ritenuta ontologicamente incompatibile, infatti, non è una ragione politica, né di metodo o di merito, alle quali si può controbattere. 
L. Patruno, "L'Adige", 31 luglio 2015


L'ex assessora «dem» - da pochi giorni degradata a consigliera provinciale semplice - per interpretare la decisione del presidente della Provincia, Ugo Rossi, avallata dal gruppo del Pd, preferisce dunque usare le categorie del mondo animale, definendo il comportamento del governatore da «maschio alfa», che è il maschio dominante di un branco di lupi. E questo anche per le affermazioni di Rossi successive alla revoca delle deleghe, quando il governatore ha detto (l'Adige di martedì) di aver dovuto tenere «sotto controllo» l'assessora in questi mesi per garantire il funzionamento della sanità. 
«È stata una dichiarazione - commenta Borgonovo Re - profondamente offensiva nei miei confronti, perché vuol dire che non si è mai fidato di me fin dall'inizio; e offensiva anche nei confronti dei 10.453 elettori che invece mi hanno dato fiducia. Di una cosa però sono certa dopo questo passaggio traumatico: l'obiettivo di Rossi non è la qualità della sanità trentina».

Consigliera Borgonovo Re, parliamo del Partito democratico. C'è chi nel Pd ora si augura che lei se ne vada, altri che temono che si candidi al congresso per la segreteria provinciale del partito. Che intenzioni ha?
Dal Pd non me ne vado. La mia elezione è avvenuta all'interno di un gruppo e una realtà politica, anche se non apprezzata da tutti, mi ricordo che prima delle elezioni c'era chi mi sollecitava a presentarmi con una mia lista civica. Io invece ho sempre pensato che la dimensione politica è necessariamente collegiale e comuniaria. Il partito serve proprio a essere insieme a costruire un progetto. Ci vuole un progetto comune e valori di base: giustizia, trasparenza, sobrietà e un futuro in cui ci sia posto per la garanzia di servizi per tutti. La sanità è un banco di prova fondamentale perché dobbiamo riuscire a setacciare ciò che non è necessario e trattenere ciò che è fondamentale conservare. Per fare questo bisogna scegliere, scegliere. Qui nessuno vuole scegliere.

Ma le scelte, specie quelle impopolari, come la chiusura dei punti nascita, si deve trovare il modo di farle accettare e condividere. Non pensa?
Certo, magari bisogna comunicare meglio, ma se non si fanno scelte e si continua a tamponare la situazione per la pace sociale e perché è così difficile discutere nel merito delle questioni, ci troveremo travolti da una realtà che si sta trasformando e che ci coglierà impreparati.


Il Pd su questo non ha saputo tenere il punto?
Il Pd ha molte anime, perché è un partito democratico, ci sono io e c'è Gigi Olivieri. Ma il partito ha votato in assemblea due volte prendendo una posizione che era di sostegno alla linea dell'assessora. Forse avrebbe dovuto sostenerla di più aiutandola a spiegare nei circoli e sul territorio. Mi hanno chiamato tre circoli in 18 mesi.


Le viene rimproverato di aver lavorato da sola, di aver codiviso poco.
Questa è una critica che proprio mi sento di respingere. Ho lavorato con il gruppo salute del Pd, sulla riforma della rete ospedaliera ho fatto numerosissimi incontri con i consigli della salute, il forum degli amministratori, i sindaci, incontri pubblici. Dove mi chiamavano sono sempre andata. Ho parlato ai colleghi di giunta, in maggioranza, in commissione, credo più di molti altri assessori. Dire che non è stata data un'informazione completa e che non c'era un disegno complessivo è non voler guardare in faccia la verità per poter continuare a dare una rappresentazione di comodo, come sostenere che funzioni un modello di mobilità del personale per i punti nascita. Pensavo di avere interlocutori adulti e che i tempi fossero maturi. A Pantelleria non c'è il punto nascita, vanno a Trapani. E lì c'è il mare in mezzo: è molto più isolata delle nostre valli. Non so se, al netto della mia persona, i miei colleghi avessero troppa paura di dire una parola definitiva su una questione aperta da 10 anni. Ricordo che il primo conchiuso di giunta sulla chiusura dei punti nascita di Borgo, Tione e Cavalese è del 2004.


Lei ha detto che la ragione vera per cui le sono state ritirate le deleghe è la volontà di Rossi di confermare Luciano Flor alla direzione generale dell'Azienda sanitaria. Cosa glielo fa pensare?
Flor in molti momenti non l'ho sentito accanto a me ma accanto a qualcun altro. Che lui andasse in presidenza regolarmente si sapeva. Quando ho annunciato il bando nell'intervista all'Adige, cosa normale a poche settimane dalla pubblicazione, proprio per evitare che uscissero strane indiscrezioni, la reazione di Rossi è stata molto dura. Vedremo se i fatti confermeranno la mia opinione.


Torniamo al suo impegno nel partito. Non ha detto se ora pensa di candidarsi alla segreteria. Ci sta pensando?
Chi lo sa. Però penso che Elisa Filippi, che era stata la mia candidata, all'ultimo congresso, sarebbe un'ottima scelta. Non ho motivo di cambiare, se si presentasse la sosterrei. Però prima dobbiamo chiarirci su chi è il Pd.

Il prossimo congresso si baserà sul confronto fra chi vuole l'abbraccio con il Cantiere di Dellai e chi no?
Non mi riconosco in queste divisioni. Ho sempre avuto rapporti nitidi con Dellai. Lui ha interpretato in modo molto efficace una stagione politica. Ma siamo troppo concentrati sulle storie di singoli. Dobbiamo cercare di essere il soggetto politico guida, che nella coalizione meglio sa interpretare il futuro, pronto a dialogare con gli altri, anche le civiche, senza essere attaccato come una cozza allo scoglio del centrosinistra autonomista.