Mentre il Fondo Monetario Internazionale avverte che per l’Italia ci vorranno forse 20 anni per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi, il Corriere della Sera di oggi pubblica una tabella da cui risulta che in Italia si sono persi dal 2008 circa 930.000 posti di lavoro. Dalla pubblicazione emerge che il Trentino Alto Adige è l’unica regione dove i posti di lavoro sono cresciuti: + 2,5% (da 459.000 a 470.000).Alessandro Olivi, 29 luglio 2015
Un dato significativo con riferimento al panorama italiano ma anche a quello del Nord Est. Questo non significa che anche la disoccupazione complessiva non sia aumentata, per effetto soprattutto di chi si mette ex-novo alla ricerca di un lavoro. In ogni modo, la stessa disoccupazione giovanile in Trentino è poco più della metà della media nazionale. Quello che più conta, però, è che in Trentino, come anche in Alto Adige, l’enfasi riposta sull’innovazione, la ricerca, e la qualificazione delle risorse umane, dà dei risultati. Dobbiamo insistere su questa strada, coniugando ancora maggiormente ricerca e mondo produttivo, come indicato anche dal nuovo piano pluriennale della ricerca varato dalla Giunta.
Un altro quotidiano, La Stampa, venerdì scorso sottolineava un altro dato significativo. Secondo il quotidiano torinese per la prima volta in Italia esiste oggi un nuovo “triangolo industriale”, i cui vertici sono Milano, Bologna e Trento. Il successo di Trento era sintetizzato così: vanta un tasso di produzione scientifica e di residenti con titoli di post-dottorato fra i più alti in Europa.
Ma il Trentino si distingue rispetto al resto del paese anche per il suo sistema di protezione sociale, ed in particolare per gli strumenti messi in campo nei confronti di chi ha perso il lavoro. Giovedì si tornerà a parlare di questo a Roma, nel corso della conferenza Stato-Regioni, dalla quale dovranno uscire alcuni pareri indirizzati al Governo in merito ai decreti attuativi del jobs act. In particolare si parlerà del previsto Fondo residuale di solidarietà, un ammortizzatore per il sostegno al reddito dei lavoratori delle imprese al di sotto dei 15 dipendenti, da erogare durante i periodi di inattività. Il Trentino già da tempo aveva iniziato ad impostare un proprio “reddito di continuità”, attraverso il confronto con le parti sociali.
Adesso il Governo ha deciso di intervenire sulla materia con una norma nazionale ma noi insisteremo affinché i nostri versamenti rimangano in Trentino anziché confluire sul fondo nazionale. Potremmo anche pensare di alimentare questo fondo con una nostra quota aggiuntiva, purché ciò ci consenta di mettere a punto in autonomia strumenti si intervento più ampi rispetto a quelli previsti sul panorama nazionale. Vedremo giovedì come si evolverà il confronto.
Seguici su YouTube
Partito Democratico del Trentino