Pd e Upt uniti in un Ulivo 2.0 per evitare che la coalizione si snaturi

OLIVI: «Una modificazione genetica nella coalizione di centrosinistra sta avvenendo, perché il Patt sta spostando il baricentro della stessa da coalizione politica a coalizione di interessi e consenso. Ma il partito autonomista legittimamente sta colmando praterie enormi lasciate dal Pd e dall’ area che fa riferimento all’ Upt, oggi in trasformazione. Invece di lamentarci del comportamento del Patt, occorre che Pd e Upt nella fase decisiva dei due momenti congressuali di autunno organizzino una collaborazione strutturale che porti dentro un nuovo soggetto i loro patrimoni e parte delle loro strutture organizzative e delle loro elite».
"L'Adige", 12 luglio 2015

Alessandro Olivi, di fronte alle fibrillazioni della coalizione di centrosinistra autonomista e alle analisi di Ugo Rossi e Lorenzo Dellai, chiede uno sforzo all’ Upt affinché nelle prossime elezioni del 2018 non si arrivi «a un Patt rafforzatosi e che, in quanto meno legato a schemi e più libero di scegliere le alleanze, decida sulla base delle cose da fare e non delle appartenenze se presentarsi alle elezioni con il centrosinistra o con la destra».

Vicepresidente Olivi, lei parla di una necessità di collaborazione tra Pd e Upt. Come la immagina concretamente?

Per come la vedo io dovrebbe essere una riedizione, rinnovata all’ insegna dei tempi cambiati in Trentino, Italia e in Europa, dell’Ulivo. Una sorta di confederazione tra Pd e Upt per arrivare ad ampliare il consenso e l’attrazione dei due partiti nei riguardi di nuove fasce della società trentina e evitare che la stessa, in fase di disgregazione, perda i suoi riferimenti valoriali.

La sua proposta parte da un’analisi del comportamento del Patt di questi mesi. Cosa la preoccupa dell’atteggiamento degli autonomisti?

Non credo che la risposta alle richieste di maggior politica, di un progetto e di un’idea di Trentino per il presente e il futuro possa essere l’atteggiamento, legittimo per carità, del Patt che si mostra come partito della territorialità, dell’autonomia, del fare e cerca di aumentare con soluzioni amministrative e non politiche il proprio consenso al massimo, sfruttando l’ occasione storica della leadership in giunta provinciale.

Così si rischia che la coalizione cambi da un punto di vista dell’identità. In che senso?

Nel senso che per come la vedo io la coalizione non è un patto elettorale per andare al governo sulla base di un programma che si condivide, ma è qualcosa di più. È un luogo in cui le varie culture e sensibilità che ne fanno parte, si confrontano per delineare un’idea di Trentino e i valori che, di fronte a una differenza tra destra e sinistra che secondo me c’ è ancora e in profondità, servono a dare risposte alla società trentina in profondità.

E invece la coalizione in cosa si sta trasformando secondo lei?

A mio parere, con il Patt che si sta rafforzando profondamente, si sta passando da una coalizione politica a una coalizione che è caratterizzata esclusivamente dalle risposte amministrative ai problemi immediati. Un esempio di questa trasformazione e del peso che sta acquisendo il Patt è quella arrivata con la riforma delle Comunità di valle. Le elezioni hanno ridotto di molto il peso del Pd, che sul piano amministrativo non può competere con il Patt, e ha ridato più forza alla Provincia da un lato verso i Comuni, azzerando di fatto il decentramento e facendo delle Comunità un luogo in cui comandano i sindaci, accentuando la caratteristica amministrativa del rapporto tra centro e periferia.

Fin qui l’analisi di quanto sta accadendo. Cosa propone per riportare il baricentro della coalizione alle origini?

Non credo che sia utile lamentarsi e basta, occorre fare un passo in più. Per questo serve una scelta coraggiosa che sia al centro delle prossime assemblee di Upt e Pd. Credo che, per tornare a essere centrali nella coalizione e a dimostrare che il Trentino può anticipare e essere modello per il livello nazionale, si debba pensare a un Ulivo trentino 2.0, non a una Margherita 2.0 o a un Pd nuovo. Con una cessione di sovranità da parte dei due partiti a un soggetto più ampio che, come l’Ulivo, confederi i soggetti che ci stanno e li faccia pesare più della loro semplice somma, Pd e Upt potrebbero fare un passo avanti decisivo.

Per arrivare dove?

Per far capire che in Trentino il centrosinistra c’ è ancora, ha una forza importante, ha una sua autonomia territoriale ma, allo stesso tempo, si federa con un partito nazionale, che non potrebbe essere che il Pd. In questo modo, visto che il Partito della Nazione segna il passo e che il Pd a livello centrale ha bisogno di più forza per far passare riforme coraggiose, questo potrebbe allargare il campo a disposizione e evitare che Renzi debba cercare di volta in volta l’appoggio di Verdini o fare accordi strutturali con Alfano perché al suo interno alcuni non lo seguono.

Perché il Pd e l’Upt dovrebbero provare a gettarsi nel nuovo progetto?

Il Pd che a livello nazionale era nato come evoluzione dell’Ulivo in Trentino non è riuscito a raggiungere l’obiettivo per resistenze interne e perché chi faceva parte della cultura riformista all’ esterno dei democratici non ci ha creduto fino in fondo. Se vogliamo evitare di farci erodere dalle discussioni infinite sulle regole e sulla forma di partito, dobbiamo tornare a parlare di contenuti e a farlo essendo più forti. Dall’ altro lato, vedo che anche l’Upt sta pagando una erosione di consensi a causa dell’attivismo del Patt. Un passo avanti serve a tutti e anche alla coalizione.

Ma secondo lei la coalizione terrà fino al 2018 o, come ha detto l’ex presidente della Provincia Lorenzo Dellai, c’ è il rischio che non ci riesca?

A mio parere occorre tenere su piani diversi quanto accade a livello di partiti e di singoli e quanto invece attiene alla Provincia come istituzione. Le istituzioni devono venire prima delle ambizioni dei singoli e dei partiti e quindi io dico che la coalizione deve tenere fino al 2018. In un momento come questo, di crisi sociale e di difficoltà economiche, si ha la responsabilità di assicurare governo e stabilità al Trentino per dare risposte ai cittadini.

Eppure le fibrillazioni interne alla maggioranza sono all’ordine del giorno. Il riaccendersi del tema Valdastico può portare nuovi problemi nella coalizione?

Sulla Valdastico ho detto sin da subito chiaramente che va difeso in maniera decisa il modello di sviluppo economico che ci siamo dati e che prevede che si tuteli un bene irrinunciabile come l’ambiente, rifiutando di essere territorio di passaggio di infrastrutture che sono utili solo per risolvere problemi economici di altre zone. Detto questo, ritengo che per dire il proprio no fondato su argomenti importanti, occorre che ci sediamo al tavolo delle trattative. Certo, rispetto alle posizioni della giunta precedente, ho visto qualche parola di troppo per lisciare il pelo a chi ha proposto di realizzare l’autostrada veneta. Quello che serve, in generale, ora è più politica per riuscire a disegnare il Trentino del futuro all’ interno di una fase in cui occorre rafforzare l’autonomia evitando i rischi del neo centralismo.

 

 

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Pd e Upt devono dare vita «a un nuovo soggetto che vada oltre la fusione tra i due partiti» per combattere contro «il rischio di localismo e chiusura» del Trentino e dargli «una dimensione nazionale e europea». Vittorio Fravezzi, senatore Upt, rilancia il tema della collaborazione tra Upt e Pd. Lo fa spiegando che tale alleanza potrebbe poi essere di esempio anche per il Nord Italia in generale, dove il centrosinistra è in difficoltà. Insomma, per Fravezzi occorre «pensare agli stati generali del centrosinistra territoriale» per iniziare «a costruire un ampio cantiere democratico territoriale». Per Fravezzi si deve partire dalla «condizione di crisi che accomuna - ognuna con le proprie caratteristiche - Pd e Upt». 
Perché le due forze sono in questa situazione?
Penso che ambedue questi partiti subiscano oggi gli effetti della mutazione genetica che sta subendo la coalizione. Pd e Upt sono oggi l'espressione di continuità di quelle culture di governo (della Margherita e dei Ds) che a partire da fine anni ?90 avevano costruito un progetto per il Trentino che ha portato a uno sviluppo dell'autonomia e ad una crescita della comunità trentina. Sono le forze che hanno rielaborato un'idea di Trentino policentrico, capace di fare sintesi tra valli ed aree urbane.
E questo aveva portato alla cosiddetta anomalia trentina nel Nord Italia?
Sì, questa è l'essenza dell'anomalia rispetto al resto del Paese e, in modo specifico, rispetto alle altre Regioni del Nord e al vicino Alto Adige-Südtirol. Attenzione: l'anomalia non stava nei risultati (il Trentino è stato ed è un'isola nel panorama berlusconian-leghista), ma stava, invece, prioritariamente nel patto politico e sociale che andava innanzitutto a produrre una buona azione di governo. 
Questo modello è in pericolo?
Questa «anomalia» oggi rischia di andare dispersa proprio per effetto della mutazione genetica della coalizione. Con una precisazione, necessaria e dovuta: non è la presidenza Rossi a generale questo cambiamento. 
In che senso?
La vittoria di Rossi alle primarie è stata la manifestazione più evidente della, a mio parere, nuova strategia di una parte del Pd e del Patt che, non a caso, si sono ritrovati in questi ultimi anni su posizioni convergenti. Una parte del Pd - inseguendo la logica della vocazione maggioritaria - ha ritenuto superato lo schema fondato sul principio della territorialità; il Patt ritiene, invece, che l'anomalia trentina possa essere sostituita con lo schema sudtirolese un grande partito di raccolta, in questo momento certamente alleato con il Pd, ma come "naturalmente" orientato ad una logica "blockfrei".
Quali le conseguenze sulla coalizione?
Questa diversa articolazione ha portato a quella mutazione genetica del «patto di alleanza». Non è un caso che a pagarne il prezzo siano oggi Upt e Pd, i due partiti che hanno sempre posto la territorialità come elemento costitutivo della loro alleanza. 
Cosa devono fare Upt e Pd?
Pd e Upt devono ritrovare la forza di proporre al Trentino una nuova strada che porti a rafforzare il senso originario della coalizione trentina, ovvero quello della territorialità e della sperimentazione. Si tratta, pertanto, di ripartire da quel progetto che era già stato vagliato a Trento e a Roma. Ossia dare vita ad progetto politico nuovo, territoriale, riformista, «per il governo del Trentino», capace di essere il perno della coalizione del centrosinistra autonomista. Aprire un grande cantiere, un ampio campo democratico con cultura di governo, attrattivo, pertanto, anche di numerose istanze civiche presenti sul territorio, nel quale rilanciare l'«anomalia trentina», confederato a livello nazionale con il Pd e senza perciò risultarne una sezione locale.