La politica modello "COLOR RUN"

Sollecitata in ultimo dalla lettera rivoltami da Vincenzo Calì, sento il dovere di rispondere alle tante domande lette in questi giorni. Dove scaldare di nuovo il cuore della politica? L’esperienza del popolo della Color Run, che ha attirato senza fatica migliaia di persone a colorare, con le tinte dell’arcobaleno, se stessi e contemporaneamente la nostra città, mi ha fatto intravvedere un modello.
Luca Fronza Crepaz, "Trentino", 22 giugno 2015

 

C’è qualcuno che fornisce il colore, ma tutti diventano protagonisti e non c’è chi ha il colore più bello o va più veloce: si vince tutti assieme e il risultato si raggiunge se ognuno si porta via e cede agli altri tutti i colori. Sono nata nel ’55 e ho attraversato in tutta la sua estensione il travaglio del modello partitico e politico, nato nella guerra fredda, ormai in crisi catatonica. Ho visto il mio partito di allora, la DC, morire di inedia programmatica, imprigionata in un compito che la storia le aveva già tolto; ho visto parte significativa della sinistra, conquistata dal ’70 in poi dal radicalismo libertario dei diritti individuali, perdere pian piano, con il concetto di classe, anche l’idea che la politica è il riscatto organizzato di chi non ce la fa; ho visto parte significativa della destra invasa da un liberismo an-etico per cui tradizione e regole si sono tramutate in chiusura e localismo pregiudiziale; ho visto significativa parte dei cattolici divenire da difensori della democrazia come valore a nostalgici di una “cristianità” non negoziabile.

Soprattutto ho visto, nel recente periodo, una classe politica che dalla delega ricevuta ha spremuto privilegi e, divenuta élite mediatica incomprensibile ai più, attende dei leader che da dentro riformino, possibilmente senza cambiare troppo, politica e istituzioni. Qui non si tratta di cercare l’ultimo colpevole, facendo la guerra tra noi, ma di rispondere alla domanda: siamo disposti ad aprire il sistema ai cambiamenti necessari? Di fronte ad una crisi democratica che è strutturale e culturale assieme, i risultati saranno all’altezza delle aspettative, solo se tutti assieme ci caricheremo la responsabilità dei beni comuni, dal più vicino e concreto come lo può essere la piazzetta sotto casa, ai maggiori come lo è un buon con-vivere che oggi non può sottrarsi alla dimensione mondiale. Qui non si tratta di affidarsi a qualcuno, qui si tratta di sconvolgere in modo radicale il rapporto tra istituzioni e società, sapendo che non regge più il modello paternalistico e delegante per cui chi ha una domanda alza la testa e trova qualcuno che gli dà la risposta.

Le risposte ai nostri bisogni e alle nostre paure, che sono ormai potenzialmente di tutti, vanno trovate sedendosi allo stesso tavolo, cittadini, tecnici, professionisti, iscritti ai partiti, e tutti dandosi il tempo di conoscere la situazione, di ascoltare ogni punto di vista, affidando poi la soluzione condivisa agli eletti per la responsabilità dell’attuazione. Impegnata nella Scuola di Preparazione Sociale, ho avuto la possibilità di partecipare ad esperienze, per cui ho capito che vale la pena di non demordere dall’impegno, anche partitico. Stiamo lavorando a progetti di formazione alla cui elaborazione stanno collaborando i diversi datori e fruitori del ‘bene’, funzionari, professionisti, volontari, esponenti di partiti, giovani, ognuno con competenze differenti, ma necessarie, per arrivare a proposte praticabili e avverabili. Il ‘sistema’ volontariato si fa carico del coinvolgimento dei giovani alla vita democratica (al “noi) per dare una mano alla democrazia vista non come una professione di qualcuno, ma come un valore da coltivare quotidianamente. Il PD è in dirittura per un congresso, arriviamoci con pochi e semplici obiettivi: come suggerisce giustamente Calì, facciamo in modo che ne esca un chiaro vincitore, ma non solo, che ella/egli esprima una squadra, che sappia lavorare, sperimentando politiche sul territorio. E su quali temi prioritari? Forse, oggi, solo uno: essere aperti, e non chiusi, ai cittadini, in particolare a quelli in difficoltà e non demordere dall'impegno di costruzione del Partito Democratico Trentino, in una prospettiva di partecipazione.