Vicepresidente Olivi, che giudizio dà alle Comunali di Rovereto?
«Un risultato grave. Perché Miorandi e la sua squadra hanno lavorato bene, in uno sforzo reale per smuovere una città che era seduta, avvolta nella sua proverbiale pigrizia. Avevamo un sindaco giovane, un'immagine fresca e la coalizione politica, per quanto possa apparire oggi sgangherata, più ampia possibile. C'erano tutti i presupposti per un rilancio».
M. Pfaender, "L'Adige", 31 maggio 2015
Cosa è mancato?
«La capacità di sintonizzare la città rispetto agli obiettivi dell'amministrazione; l'umiltà di capire che non basta fare bene per avere risultati elettorali automatici. Fare scelte anche impopolari e riformatrici è giusto, perché senza non si fa buona politica. Ma vanno affiancate ad uno sforzo quotidiano nei rapporti con i cittadini».
Miorandi ha fatto bene, ma non ha comunicato abbastanza?
«Anzi, forse ha comunicato troppo. Coniugare la progettualità amministrativa con la costruzione di un pensiero di sviluppo condiviso con i cittadini non si fa con il "twitter patologico"».
Hanno fallito i partiti.
«Chi più chi meno. Il 21% del Pd è molto insoddisfacente. Ma il voto raccolto da Upt e Patt lo è ancora di più. E non facciamo l'errore di pensare di aver perso per la campagna elettorale. La guida di una città non la perdi negli ultimi 4 o 5 mesi. Il centrosinistra ha fallito nel costruire un ponte tra l'amministrazione e i roveretani».
Deficit di relazione coi cittadini. Sta citando il programma di Valduga.
«Valduga ha colto la frattura tra amministrazione e roveretani, dimostrando di essere sveglio e con fiuto politico. Ha raccolto i bisogni e le aspettative della città, ora serve la sintesi in un progetto di governo. Da vicepresidente della Provincia e da roveretano, con grande rispetto istituzionale - perché io nasco sindaco e tale resto nella testa - contribuirò perché la città non torni indietro. Credo che il neosindaco sia responsabile e intelligente per non sacrificare quanto di buono è stato impostato. La rigenerazione urbanistica di Follone, Piazzale Orsi, polo della meccatronica, l'introduzione della partnership pubblico-privato per la realizzazione di opere pubbliche, l'introduzione di una visione di centro storico libero dalle auto, l'impostazione innovativa della gestione delle politiche sociali, le politiche per i giovani».
Cosa pensa del ritorno del movimento civico?
«Premesso che in queste elezioni dietro Valduga c'erano sì persone senza casacche di partito, ma che la politica, anche nei partiti, la conoscono benissimo, il civismo non è la medicina per i partiti in crisi, ma il termometro che indica la febbre».
Robol sfiduciata di fatto. Lorandi dimissionario. Miorandi annuncia di volersi prendere il Pd e "rigenerare la coalizione". Che sta succedendo a Rovereto?
«Prima di pensare a scenari più ampi mi concentrerei sul capire perché il partito alle Provinciali prende dieci punti in più che alla Comunali. Miorandi dice: "Ci siamo già presi il coordinamento della città (Adige di ieri, ndr )". Ma il problema non è sostituire Lorandi, cui va riconosciuto un gran lavoro di perseveranza, con un'operazione interna e autoconservativa. Non ci si deve chiudere dentro via Tartarotti. Apriamo porte e finestre, rinnoviamo il coordinamento secondo la linea indicata dagli elettori. Nell'elenco dei più votati del Pd (Filippi, Gerola, Simoncelli, Pellegrini, Airoldi) abbiamo il futuro del partito. Un passaggio del testimone che lo stesso Lorandi potrebbe governare».
Vede analogie tra la sua storia e quella di Miorandi?
«No. Io persi le primarie perché, ad un mese dal "rifiuto" definitivo di Pacher, fui mandato al massacro. Giravo da solo il Trentino in campagna elettorale e sentivo addosso tutto il freddo di un partito provinciale incapace di vincere e senza voglia. Partecipando a quelle primarie ho mezzo salvato il partito, al quale mi sono dovuto però per forza appoggiare, perché in un solo mese non potevo costruire una mia rete. Complice l'evidente assenza dei rappresentanti locali, a Rovereto e Trento il risultato fu esageratamente insoddisfacente. Dopo la vittoria di Rossi, il giorno dopo dissi al partito: non chiedo a nessuno di dimettersi, io adesso farò il capolista e prenderò una marea di voti. Così è stato. Voglio dare un consiglio a Miorandi: quando si perde non bisogna cercare altrove la causa. Vien voglia di farlo, abbiamo tutti un carico di emotività e di passione. Ma sbaglia nel dire: "La coalizione non c'è stata, Giulia Robol mi ha fatto fuori...". Chi ci mette la faccia ha sempre la responsabilità».
Comunità di Valle, elezioni alle porte. Come si muoverà il Pd?
«Premetto che questa candidatura di Giulia Robol non so da dove spunti. Ciò detto: con la riforma istituzionale le Comunità hanno perso qualsiasi spessore politico. Sono consorzi di secondo livello dei Comuni. Inoltre aver previsto il deposito delle liste due settimane dopo il voto delle Comunali ha tagliato le gambe all'ipotesi di proposte politiche serie, articolate. L'errore è a monte, da parte della Provincia, e quindi anche da parte mia. Una grande occasione persa. Comunque in questo contesto la riproposizione di Bisoffi, che personalmente stimo, è debole. Dalla sua ha solo il valore della continuità. Troppo poco. E non può essere il candidato di tutti solo perché toglie le castagne dal fuoco un po' a tutti. Ai miei ho detto: "Signori, poco o tanto tempo che cia sia, dobbiamo avanzare una nostra proposta strutturata alla comunità di centrosinistra della Vallagarina". E se questa non ha il tempo per tradursi in una proposta di governo, almeno sia la base di un ragionamento per un accordo programmatico con Bisoffi. Perché non chiederemo "due posti in giunta". Rifiuto di pensare la Cdv come una semplice sommatoria di Comuni. Nonostante il quadro normativo ed una legge elettorale "da cruciverba", il suo governo deve avere un indirizzo politico. Quando fai pianificazione del territorio, quando gestisci la destinazione di risorse pubbliche, la cifra politica è imprescindibile».