Michele Nardelli, "Corriere del Trentino", 27 settembre 2009 Giuseppe De Rita, in occasione dell’ultima edizione del Festival dell’Economia, nel pieno della crisi finanziaria globale, ha proposto una suggestione che mi è parsa di straordinario valore. La risposta alla crisi va ricercata – diceva De Rita – nel recupero di una “cultura terranea”.
Non semplicemente il territorio come chiave per abitare un tempo globale, ma il ritorno al valore della terra, di quel che è prodotto con le mani dell’uomo. Parlava di un paese come l’Italia fatto di strade regionali dove la laboriosità, i saperi, i legami sociali sono in sintonia con l’unicità di ogni territorio. Un’immagine che ho ritrovato a fine giugno, di ritorno da Messina dove ero stato per la presentazione di “Darsi il tempo. Idee e pratiche per un’altra cooperazione internazionale” quando, lasciato l’incubo della “Salerno – Reggio Calabria”, mi sono trovato a percorrere altre strade, meno conosciute, di un Mezzogiorno non rassegnato al degrado.
Credo davvero che si debba ripartire da qui. In un’economia mondo diventata un immenso casinò, dove i “titoli derivati” dettano legge e trascinano nel baratro l’economia reale, la terra rappresenta una possibile risposta.
Potrebbe essere questa la cornice dove inquadrare il Disegno di Legge “Norme per la promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari di prossimità e per l'educazione alimentare e il consumo consapevole” varato ieri dalla Seconda Commissione legislativa provinciale e che a ottobre arriverà in aula per l’approvazione definitiva. Una proposta che è insieme tante cose.
In primo luogo la valorizzazione dei prodotti della filiera corta e di prossimità e dunque dell’economia locale in particolare nel settore agroalimentare. Con il vincolo – a partire dalla ristorazione collettiva (mense delle scuole, degli ospedali, delle case di riposo…) – ad utilizzare i prodotti di qualità certificata del territorio, riconoscendo questa scelta come titolo nell’aggiudicazione degli appalti. Prendiamo come esempio la crisi della filiera del latte trentino. Non possiamo certo impedire l’arrivo sui nostri mercati di prodotti a prezzi stracciati provenienti da chissà dove, ma possiamo intervenire per garantire che gli standard di qualità e la certificazione della provenienza costituiscano motivo di scelta preferenziale.
L’educazione alimentare rappresenta uno dei cardini del testo di legge, perché una parte rilevante dell’economia la fanno i consumatori, nel loro scegliere più o meno consapevole dei prodotti. Per questo è importante favorire ad ogni livello la conoscenza dei prodotti, delle loro caratteristiche come della tracciabilità della loro filiera produttiva. Senza dimenticare che educazione al consumo consapevole vuol dire anche sobrietà, rispetto del lavoro, stagionalità, conoscenza e valorizzazione delle culture materiali e dell’unicità dei territori.
Un terzo aspetto è quello relativo alla difesa della salute dei cittadini, l’uso di prodotti salubri soprattutto nelle scuole, provenienti dall’agricoltura biologica e di qualità riconosciuta e certificata, a fronte di patologie come ad esempio l’obesità infantile che costituiscono un problema (e un costo) sociale tutt’altro che indifferente. O nell’attenzione verso forme di intolleranza alimentare sempre più diffuse.
Altro aspetto, correlato a quelli precedenti, è che filiera corta significa anche minori costi accessori come quelli dovuti al trasporto delle merci con quel che significa in termini di risparmio energetico e lotta all’inquinamento. Ma filiera corta significa anche coesione sociale, l’incontro del contadino con l’albergatore o il ristoratore, dell’allevatore o del casaro con il negoziante locale, che facendo sistema fra loro promuovono oltre alle loro attività anche il territorio.
Con questa proposta di legge, forse l’atto politico più significativo dopo la finanziaria in questo inizio di legislatura, ci si pone l’obiettivo di interagire in maniera intelligente con le dinamiche della globalizzazione attraverso la sfida della qualità e della responsabilità.
“Buono, pulito e giusto” dicono a “Terra Madre”, l’incontro delle comunità del cibo che ogni due anni s’incontrano a Torino provenienti da tutto il mondo non per proporsi in concorrenza fra loro ma per confrontarsi nella difesa delle culture materiali e dei saperi dei territori. La terra, per riprendere l’immagine di De Rita, come fonte di vita.
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