#FestivalEconomia - Lavoro, tutele a 30.000 addetti

Il Ministro del Lavoro Poletti incontra Rossi e Olivi su occupazione e ammortizzatori sociali: «I progetti trentini sono vicini alla nostra idea di fondo. Credo che non ci saranno problemi a rendere compatibili le aspettative di entrambi». Le modalità per inserire le proposte trentine sul lavoro nei decreti nazionali in arrivo sono da perfezionare. Ma il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ieri a Trento per il Festival dell'Economia, dà un sostanziale via libera alle iniziative della Provincia.
F. Terreri, "L'Adige", 2 giugno 2015

Tra le quali spicca la creazione di un fondo territoriale intercategoriale per il sostegno ai «sospesi» dal lavoro nelle piccole e micro imprese, cioè ai cassintegrati delle ditte che hanno tra 5 e 15 addetti.
Le maggiori tutele riguarderanno oltre 30 mila lavoratori trentini. Il fondo, che raccoglierà le dotazioni degli enti bilaterali, sarà integrato con risorse provinciali e dovrebbe partire con almeno 10 milioni di euro.
Prima del dibattito nello stand «Allora crealo!» in piazza Fiera (vedi pagina a fianco), il ministro Poletti ieri mattina ha incontrato il presidente Ugo Rossi e il vice Alessandro Olivi sulla delega trentina agli ammortizzatori sociali e le misure adottate in seguito in Trentino, fra cui il reddito di attivazione per i disoccupati, il reddito di qualificazione professionale rivolto ai giovani che già lavorano e il reddito di continuità per i lavoratori delle piccole imprese sospesi dal lavoro.
Primo nodo: l'Agenzia del Lavoro. Il governo prevede un'Agenzia federale che renda più omogenee a livello nazionale le prestazioni, oggi molto disuguali, delle Agenzie regionali. «Abbiamo chiesto al ministro Poletti - spiega l'assessore Olivi - che il nuovo decreto preveda la possibilità di una convenzione con quelle Agenzie esistenti, come la nostra, che già garantiscono molto più dei livelli essenziali di prestazione». L'idea, che Poletti sembra considerare fattibile, è che l'Agenzia del Lavoro di Trento, una volta fissato il minimo di prestazioni da garantire stabilito a livello nazionale, si convenzioni con l'Agenzia federale sulle ulteriori attività come le politiche attive del lavoro.
Poi c'è la partita degli ammortizzatori sociali, sui quali, in base alla delega ottenuta fin dal 2009, il Trentino ha messo a punto una serie di iniziative integrative e innovative rispetto agli istituti esistenti. Anzi, hanno ricordato Rossi e Olivi a Poletti, in Trentino già a inizio crisi è partito uno strumento di protezione sociale di carattere universalistico, il reddito di garanzia, che assorbe 16 milioni l'anno e che è una sorta di reddito di cittadinanza, un tema, come ha sottolineato lo stesso Poletti, di estrema attualità, considerato il dibattito che sta avanzando a livello nazionale sul tema del reddito minimo.

Per quanto riguarda poi il reddito di attivazione, pensato per estendere il sostegno ai disoccupati, dagli over 55 ai lavoratori discontinui, con uno stanziamento di 25 milioni in tre anni, «ormai ha gli stessi requisiti della Naspi - dice Olivi - La nuova Aspi ha allargato la platea dei beneficiari pur comprimendo l'intensità del sussidio. Noi quindi, in base alla delega, pensiamo di intervenire in aree non esplorate».

«Abbiamo pensato ad esempio - prosegue il vicepresidente della Provincia - ai giovani ricercatori assegnati all'Università che finito il contratto sono senza tutele». Un altro caso Olivi lo cita nel dibattito con Poletti in piazza Fiera: «In Agenzia del Lavoro abbiamo previsto interventi assicurativi per i giovani dipendenti che vogliono intraprendere un lavoro autonomo».
Il governo inserirà inoltre nel decreto l'obbligatorietà del versamento a fondi nazionali di categoria della quota delle imprese che andava ai fondi di solidarietà degli enti bilaterali per la cassa integrazione in deroga nelle piccole e piccolissime imprese. Saranno coperte tutte le imprese con più di 5 addetti, quindi una platea molto vasta. In Trentino, dove si era partiti con il reddito di continuità, «puntiamo a costituire un fondo intercategoriale territoriale, su base volontaria, con la partecipazione dei datori di lavoro e dei lavoratori, nonché un sostegno della parte pubblica» puntualizza Olivi.
«Una sorta di Laborfonds del lavoro per il sostegno al reddito dei lavoratori sospesi, la formazione, la partecipazione a lavori socialmente utili. Per Poletti potrebbe andar bene purché si renda compatibile con alcune forme di obbligatorietà per le imprese. E sempre che i soldi li mettiamo noi».

«Il Jobs Act anti-precarietà»

La precarietà «era considerata un disastro nazionale» ma in questi mesi «130 mila giovani sono passati da cococo e cocopro al lavoro a tempo indeterminato. Da un 15% di contratti stabili stiamo passando a un 23 o anche 25%. E mi sento dire: tutto qui? Chiedetelo a uno di questi giovani se per lui non è cambiato niente». Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti «giocando solo in difesa, se va bene si finisce zero a zero, se no si prendono tanti gol. Ci prenderemo tante critiche, ma noi andiamo avanti, il Paese va cambiato». 
Poletti ha partecipato ieri mattina all'evento dedicato a start up e giovani imprese innovative «Allora Crealo!» in piazza Fiera, organizzato da Euricse nell'ambito delle iniziative della Cooperazione trentina al Festival. Con lui sono intervenuti il presidente di Euricse Carlo Borzaga e il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi .
Borzaga sollecita Poletti sulla riforma del terzo settore e sulla necessità di un «ecosistema» per sviluppare le nuove imprese sociali. Olivi ricorda che insieme alla promozione di nuova imprenditorialità occorre un sistema di protezione sociale. Nel dibattito intervengono giovani lavoratori e «startupper».


L'obiettivo del governo, afferma Poletti, è «sbaraccare la rendita e promuovere le opportunità. Sono vent'anni che non decidiamo. Certo, se fai puoi anche sbagliare, ma se giochi solo in difesa se va bene fai zero a zero, se no prendi gol».
«Un Paese che pensa al futuro spremendo i lavoratori è cretino perché riduce la ricchezza, i consumi e la produzione» sostiene il ministro del Lavoro. Per anni «invece di spingere le imprese a competere in alto le abbiamo incoraggiate a spendere sempre meno per il lavoro».
«Se consenti a un'azienda di continuare ad assumere in modo precario - sottolinea - l'hai rovinata». Il governo attraverso il Jobs Act «sta combattendo la precarietà». Serve anche «un cambio di mentalità perché non si può più pensare all'impresa come a un male necessario. Dire che l'impresa sfrutta il lavoro è una stupidaggine, perché se non avessimo le imprese non avremmo il lavoro».


«Nella crisi - prosegue Poletti - abbiamo perso 1 milione di posti di lavoro ma anche 200 mila imprese. Accanto alle nuove imprese, alle start up che nascono, bisogna aiutare l'innovazione nelle imprese che ci sono». Ad esempio: «In una rilevazione, il 40% delle piccole aziende ha risposto di non essere interessato al digitale. Capisco Mario l'imbianchino, che ha 57 anni e ha sempre lavorato con l'apecar, che non vede l'utilità di essere sul web. Ma se glielo spieghiamo, scopre che è interessante anche per lui».


Poletti spiega: «Stiamo lavorando con Google e Unioncamere per fare in modo che ci siano 3 mila giovani evangelizzatori digitali da formare, che manderemo a spiegare queste cose alle piccole imprese e agli artigiani». Il ministro conferma che stanno arrivando insieme i nuovi decreti del Jobs Act sugli ammortizzatori sociali e sulla rete per le politiche attive del lavoro. «Finora abbiamo dato un sussidio ai cassintegrati per stare a casa. Non possono cercare altri lavori, è vietato. Così lavorano in nero ed è ragionevole che lo facciano. Dobbiamo cambiare, prendere in carico i disoccupati e accompagnarli nella formazione e nella ricerca del nuovo lavoro. Anche da dipendente a autonomo - aggiunge Poletti - Ad avviare un'impresa si può sbagliare ma smettiamola di parlare di fallimento, di marchiare lo sbaglio per tutta la vita. Anzi, stiamo preparando degli zoccoli minimi di tutela per le partite Iva. Che non mi piace chiamare così: sono giovani professionisti».

Certo, c'è bisogno di strumenti e mezzi adeguati perché «nei nostri centri per l'impiego lavorano 9 mila persone» mentre nei Paesi europei più attivi in questo campo le risorse vanno da «60 mila a 110 mila». Quindi «non si può pretendere che i nostri, in tre, al lavoro in posti immaginati all'inizio come anagrafi dei disoccupati, riescano a fare politiche attive. O sono Nembo Kid o non ce la fanno». Le nuove politiche attive, assicura Poletti, «non saranno generiche ma guarderanno alla presa in carico delle singole persone, con le loro caratteristiche specifiche».