Una partenza con il botto, con tanta gente, militanti e cittadini. Un mix di antico e nuovo. Così Andrea Miorandi, che si ricandida a sindaco, ha fatto partire la sua campagna elettorale da un capannone industriale, quello della «Marco Zeni». Facce di militanti autonomisti e Democratici, ma anche facce di giovani e ragazze. Un richiamo all'identità cittadina, mescolato a un messaggio di speranza per il futuro, in una cornice all'americana.
F. Franchi, 2 marzo 2015
Tutto studiato, come in una convention d'oltre oceano. Prima i saluti di tanti alleati e amici, illuminati da fari potentissimi. Poi il palcoscenico tutto per lui. «One man show». Ad ascoltarlo una platea variegata. Su cui poteva pesare l'assenza di Alessandro Olivi, il vicepresidente della giunta. L'annuncio della sua assenza da parte del segretario del Pd Fabiano Lorandi, suscita mormorii nel capannone. Fermati subito, perché il candidato sindaco guarda avanti. È il suo slogan, all'americana, stile kennediano. O obamiano, se preferite. Con contorno di figliolette. I cartelli richiamano quelli delle primarie dei Democrats. Slogan: «Avanti, adesso. Il 10 maggio voto Andrea Miorandi». Altra assente, dal palco, ma presente nel capannone seppure defilata, Giulia Robol. Sul palco vengono chiamati tutti: i segretari dei partiti, qualche parlamentare, qualche consigliere provinciale. Lei no. Nobile decaduta. Miorandi non la cita. Nessuno cita nemmeno Donatella Conzatti, segretaria Upt, assente come Olivi.
Il sindaco presenta dal palco gli alleati, coloro che lo hanno voluto fortemente. Franco Frisinghelli, della Civica; Giampiero Passamani, commissario dell'Upt; Lorenzo Baratter, capogruppo Patt. Tutti a spingere Miorandi. «Si deve andare casa per casa, lavoriamo». Il clima è da coalizione riappacificata. Leone Manfredi dell'Upt sorride largo. Poi tocca a Fabiano Lorandi, che ricorda i valori di solidarietà e dà il là: «Andrea, hai dimostrato di sapere guidare questa città, sei il nostro leader». Applausi. Il senatore Vittorio Fravezzi - che lo ha sempre sostenuto - aumenta la dose. Tocca poi ai grossi calibri. Prima il governatore Ugo Rossi, che sottolinea: «Stare nel centrosinistra significa farsi carico di responsabilità». In mezzo Alessio Manica, che invita tutti: «Ora si lavora, Miorandi non va lasciato solo». Poi Lorenzo Dellai, altro grande sponsor di Miorandi: «A Rovereto dimostreremo ancora una volta che questo lembo di terra che ha saputo resistere per anni al leghismo e al berlusconismo saprà essere capace di fare prevalere la solidarietà sociale». Il segretario del Patt e senatore, Franco Panizza: «Se vinciamo a Rovereto rafforziamo l'autonomia». Nuovi applausi.
Poi, tutti giù dal palco. Le luci si abbassano. Parla Miorandi, che si toglie la giacca, arrotola le maniche della camicia. Parla a braccio per venti minuti, mentre alle sue spalle scorrono alcune slides (una volta si diceva diapositive) sul lavoro, la famiglia, la città a misura di persona («città facile» la chiama), ricorda le cose fatte: i parcheggi, le ciclabili; richiama l'Europa e l'Euregio. «Siamo piccoli ma vogliamo sfidare il futuro con le nostre eccellenze», tra cui il Mart. Stop. Musica e rinfresco per tutti. Chi vuole può farsi fotografare con lui su un set, con il cartello della campagna elettorale. Tutti in fila per un ritratto.
Tanti i personaggi, in ordine sparso. Stefano Andreis del Mart, il comandante dei pompieri Luca Minatti, gli ex sindaci Ballardini e Monti statuari in piedi al centro del capannone. E, ancora, l'onorevole Mauro Ottobre, i consiglieri Lucia Maestri e Luca Zeni, il dirigente Pd Vanni Scalfi, il presidente Arci Andrea La Malfa, la presidente del Museo civico Giulia Fiorini, Sfredda del Cdm, la presidente Itea Aida Ruffini. Manuela Bottamedi, ex 5 Stelle, che cinguetta come fosse una veterana del centrosinistra. E, ineffabile, dopo il triplo salto mortale dal centrodestra e l'approdo all'Upt, Ciro D'Antuono. Non era imbarazzato a battere le mani a Miorandi dopo cinque anni di scontri in consiglio comunale. Il centrosinistra nemmeno, accogliendolo.
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