Carissimi tutti,
finalmente è arrivato il momento del confronto, il dialogo come ama chiamarlo e correttamente la Presidente, sui nodi politici, sulle questioni irrisolte di questo partito, sul bilancio di quasi un anno di segreteria, che ha visto me nominata in questa assemblea grazie ad un accordo tra la mia componente e quella scalfiana.
Giulia Robol, 23 febbraio 2015
E mi scuserete se vorrò ripercorre alcuni passaggi difficili e delicati ma che danno il polso delle difficoltà incontrate in ogni momento e in ogni questione politica che si è posta sul nostro cammino.
Quest’ultima settimana è stata una settimana particolarmente difficile, difficile per il Partito Democratico, difficile anche per me su un piano squisitamente personale, l’immagine data di noi per citare le parole di Piergiorgio Cattani in un suo recente editoriale sul Trentino “è quella di un partito fragile, senza dibattito interno vero, dove ci si scontra e ci si accapiglia soltanto per spartirsi le poltrone con esiti paradossali e farseschi e quando i contenuti sono assenti, rimane soltanto una guerra tra bande”.
Non sono le mie parole ma la durezza di questo pensiero fa molto riflettere.
Dal partito chiesa al partito azienda al partito persona, continua Cattani nella sua riflessione, dove la leadership personale conta molto di più della struttura di partito, dove aggiungo io, non è che non esistano i luoghi dell’elaborazione del pensiero ma poco vengono praticati, dove il confronto è più di forma che di sostanza, i retroterra culturali e ideologici, non sono sempre gli stessi e la capacità di fare sintesi, di fare mediazione, pratica poco amata, non viene considerata un valore, perché determina evidentemente la rinuncia di un pezzetto di sé. Spesso si assiste allo scontro muscolare tra pezzi di PD che alle volte sembrano parlare lingue diverse, anche e comunque perché questo è in ogni caso un partito relativamente giovane (non ancora 10 anni di età), se pur racchiuda al suo interno tradizioni politiche di grande prestigio e di antica tradizione. Quella vera cultura democratica e progressista non sempre manifesta la sua piena maturità.
Quando ho condiviso il percorso del congresso con Elisa e Vanni, ci siamo accorti, che ognuno di noi, dopo le tante riunioni di presentazione insieme, ripeteva alcuni slogan, alcuni punti caratteristici della propria mozione. Elisa era solita chiudere gli interventi richiamando alcune campagne d’ascolto che avrebbe inteso promuovere, Vanni molto spesso faceva riferimento alla presenza nel Pd e cito, di diversi capibastone, che a suo dire non consentivano un’elaborazione unitaria ma solo la divisione in correnti in piccoli gruppi, male atavico del Pd, le famose correnti, tipiche per altro comunque di un grande partito.
I CAPI BASTONE, all’epoca poco capivo l’espressione.
Ecco quella citazione, è tanto vera quanto ancora presente. A mio modesto giudizio, il problema non è tanto l’esistenza di questi gruppi, quanto il costante lavorio degli stessi per emergere gli uni sugli altri, tralasciando però l’interesse a farlo nel merito delle questioni vere, riscoprendo nella competizione, fisiologica in un partito, la bontà del merito degli argomenti, con il confronto anche serrato sulle cose, sapendosi mettere in discussione, quando serve, per poi arrivare a convincersi, che ciò che prevale è la soluzione migliore.
LA SOLUZIONE MIGLIORE NELL’INTERESSE DI TUTTI E DA TUTTI RISPETTATA.
Questo costa una fatica incredibile, grande preparazione, impegno sul farsi un’opinione strutturata, coinvolgimento di saperi anche esterni, tanto diffidato in questo partito, come se noi fossimo capaci di rispondere ad ogni esigenza. Penso al dibattito sull’autonomia per es. portato in coordinamento, così complesso e difficile nell’avere una posizione di partito che fosse innovatrice rispetto a quanto già si era fino ad ora proclamato, quasi stancando nel dibattito la comunità trentina, che è stato liquidata nella produzione dell’ennesimo documento per altro mai presentato in assemblea.
Penso al percorso sulla riforma istituzionale, dove la velocità degli eventi rispetto al dibattito del congresso necessitò comunque una rielaborazione del disegno originario. Il ricorso vinto da Geremia Gios, il parere di Onida fornito dal Presidente Rossi. La volontà era cercare di capire come poteva il Pd reinterpretare una riforma che si immaginasse un disegno innovativo del Trentino, un disegno magari tutto Pd, che potesse andare al confronto della coalizione in modo strutturato, supportato da un’idea robusta e di lungo respiro, un disegno perché no, che sapeva anche mettersi in discussione rispetto alla storica impostazione. Da qui l’aiuto richiesto a Francesco Palermo e ad alcune ricercatrici, per altro molto brave, con cui abbiamo lavorato. Un’iniziativa forse troppo strutturata, troppo azzardata, certamente non piaciuta al gruppo consigliare, che mi ha permesso di capire, che successive ingerenze non sarebbero state opportune, chiarendo, che il livello istituzionale era una cosa quello politico un’altra.
L’intento tuttavia era elaborativo, voleva essere di aiuto all’immagine del PD, voleva mettere insieme anche in modo propositivo il partito che elabora e il livello istituzionale che poi decide, prende queste elaborazioni e vede se farle proprie.
I problemi sono stati molti e soprattutto quasi sempre legati alle dinamiche istituzionali.
Uno per tutti i VITALIZI, un tasto dolente, quanto ormai cancellato dal partito, perché ovviamente mette a nudo responsabilità precise, che tutti noi non siamo stati in grado di orientare nel modo più corretto. Ricordo ancora il dibattito delle allora assemblee, le fortissime prese di posizione dell’opinione pubblica, l’attacco nei miei confronti per aver ingenerato false aspettative, in una posizione tanto difficile quanto delicata, nel tenere rispettato un corretto equilibrio.
Dalla prima richiesta al gruppo consigliare di restituzione dei famosi 180.000 euro, non certo un’esperienza piacevole, per poi passare alla restituzione volontaria della tessera di Margherita Cogo, fino alla richiesta di restituzione ad Alberto Rella e al tentativo di ottemperare ai tanti deliberati in assemblea sul tema, dal tono consentitemi fortemente giustizialista a cui io dovevo star dietro a fronte evidentemente come si può immaginare di una certa scarsità di risultati nel merito.
Il Pd in un momento così difficile non si è certo stretto intorno alla segretaria, anzi direi l’ha criticata e come detto attaccata per aver ingenerato false aspettative. Mai mi sarei immaginata che l’errore commesso di una mia successiva intervista mi avrebbe posto sullo stesso piano della gogna mediatica dei vitalizi, in tema di restituzione di tessera.
IL TEMA DEGLI OSPEDALI, i punti nascite, la difesa dell’assessore Donata Borgonovo tramite mail, sulla stampa, mai sufficiente per alcuni, troppo invadente per altri. L’obiettivo sempre presente del garantire il supporto corretto ed efficiente alla giunta, il più possibile mirato, che realmente potesse produrre risultati anche nei difficili rapporti di coalizione, molto spesso troppo apertamente palesati. Il contributo sulla questione della ricerca, il tentativo di stoppare una nomina quella di Berti, poi riuscito, considerata dall’assessora non adeguata, il supporto sulla legge alle preferenze di genere, queste solo le alcune questioni istituzionali che hanno visto il partito vicino alle sue istituzioni, nel merito delle questioni soprattutto dalla giunta segnalate.
L’omofobia e il dibattito con il consigliere Borga organizzato dall’associazione Pro vita. Un argomento importante nella difesa dei diritti, fondamentale per il PD, punto irrinunciabile del programma di governo ma da meno sentito, rispetto ad una mia sensibilità personale e lo dico con sincerità, sapendo di portarmi dietro diverse critiche. Ciò non mi ha indotto a sottrarmi nelle varie situazioni in cui sono stata coinvolta, soprattutto in quel dibattito sopra citato, laddove lo scontro fu forte e feroce, dove nessun rappresentante istituzionale provinciale anche locale era presente, nella mia città, dove evidentemente anche il giocare in caso poteva costituire un aspetto di maggior difficoltà. Ho cercato sempre di non sottrarmi e l’ho fatto con convinzione, sapendo che era la cosa giusta, che era tra le mie responsabilità e ho convinto, ricevendo poi successivamente messaggi di rispetto anche da chi non la pensava come me ma dava l’onore alle armi.
Non posso essere io chi giudica me stessa ma ho la convinzione di aver lavorato al meglio, nel rispetto del ruolo delle istituzioni, del sostegno alla mia giunta, nel confronto costante e serrato con la coalizione, le forze politiche e i segretari, il Presidente e gli altri assessori. Francamente non riesco a riconoscere particolari errori politici nel merito ma se ci sono sarò disposta certamente ad accettarli e sottopormi al confronto di quanto mi verrà detto. E Per tornare a discorsi fatti sopra, la mia sensazione è spesso stata che la più o meno forte difesa che mi veniva richiesta sul livello istituzionale non fosse valutata tanto nel merito ma oscillasse a seconda del soggetto coinvolto, perché come detto sopra credo che spesso ci si riconosca più nelle persone e nelle appartenenze, che nei contenuti delle questioni. Nonostante tutto, visto che anche io sono espressione di una mozione e di persone che con me sono state elette, che certo non sempre ho “accontentato” e mi si consenta questo termine, credo che la forza di una segretaria si riconosca anche nell’equilibrio, nella libertà e capacità di giudizio, capace di dimostrare sul campo.
Un ulteriore passaggio vorrei dedicarlo ai rapporti nel gruppo consigliare, alla questione che anche ha scatenato non poche fibrillazione, alla mia cosiddetta e rimproverata difesa del vicepresidente per la questione leopoldina.
Ho sempre cercato di stare fuori dalle dinamiche del gruppo che pure è noto al suo interno non ha una grande coesione e anche questo credo sia la cifra, il termometro su cui anche misurare la salute del PD. L’agire istituzionale è altro rispetto all’agire politico e questo l’ho rimarcato prima.
Tuttavia, la questione del comunicato stampa che magari nei contenuti voleva porre una questione interna al gruppo, certamente legittima, come sempre succede sulla stampa altro messaggio ha dato, oltre a gettare ulteriore fibrillazione su un partito comunque scosso già da mille questioni.
Mi limito a dire e vorrei che fosse molto chiaro, che la mia presa di posizione era di metodo e di sostanza. Ho molto rispetto dei ruoli e delle istituzioni e quello che vorrei fosse esemplare come messaggio è che al di là delle simpatie e antipatie quando si attacca uno dei vertici istituzionali o politici del Pd a prescindere dal nome e lo si fa per questioni interne impossibili ai più da comprendere, se non agli addetti ai lavori, si indebolisce al cuore il partito stesso. Perché ciò che di gran lunga è intollerabile per l’elettorato, sono l’immagine costante della cosiddetta lotta di potere e l'attacco tra bande, condizione più volte citata e stigmatizzata nell’articolo di inizio relazione. Certo, come successo per altre questioni, la mia posizione ha incontrato il favore di alcuni e il disappunto di molti altri ma anche in questo caso ho cercato di agire al meglio, pressata dalla stampa che comunque chiedeva una forte presa di posizione, il resto lo conoscete già.
Sullo sfondo ma in modo non sfumato l’importanza dell’appuntamento per le elezioni amministrative, i molti amministratori chiamati a rimettersi in campo per il prossimo imminente appuntamento elettorale, la delicatezza del momento, la necessità di far capire che il Partito Democratico c’è ed è un costante punto di riferimento del buon governo, di un patrimonio di valori che oltre che proclamati, vengano applicati. E questo abbiamo l’onere e l’onore di dimostrarlo a breve e nel modo più rassicurante ed incisivo possibile.
Il contesto del nostro operato ci vede all’interno di una coalizione che sta subendo trasformazioni, a tutti sono noti gli esperimenti e i ragionamenti in costante divenire di Lorenzo Dellai, le iniziative della sua associazione, l’avvicinamento più o meno cauto o timido verso il Pd, sicuramente di dialogo sul contesto nazionale, molto meno dichiarato su quello locale.
La mia forte presa di posizione nel non partecipare a Sambapolis, ha voluto richiamare all’idea che il Pd è unico e rimane tale, non può essere soggetto a trasformazioni ed alchimie ma naturalmente è aperto al contributo di tutti attraverso percorsi condivisi e dichiarati apertamente ma che abbiano fini legittimati dal partito stesso.
Naturalmente capiremo dal risultato delle amministrative cosa succederà ma non si può non registrare che all’interno del nostro partito le posizioni a riguardo sono molte diverse e certamente l’argomento, pur enfatizzato dal richiamo della stampa, sta facendo particolarmente discutere la politica ma a mio avviso, affatto l’opinione pubblica che certo è interessata ad altro piuttosto che dall’ennesimo contenitore politico che certo non può decollare. Non in questo momento!
Ho citato le elezioni amministrative e non posso non ricordare la quantità di incontri fatti sul territorio nei luoghi, dove si è cercato di avviare processi costruttivi, di ricomporre dove si poteva la coalizione, di continuare percorsi precedenti e di fare scelte di rottura, laddove le condizioni lo imponevano. Ho cercato di agire al meglio e qui voglio ringraziare i molti segretari di circolo, gli amministratori, che silenziosamente fanno il loro dovere, spesso per passione e non altro, con molta costanza e fatica e che portano risultati meritatissimi di cui poi beneficia il livello centrale, perché il Pd sembra essere solo la Provincia ma in realtà non bisogna mai dimenticarsi la forte rappresentatività dei territori.
E a questo punto non posso non citare la questione roveretana, che non lascio per ultima a caso ma proprio per dimostrare, che oltre a quella in questo anno c’è stato molto di più e mi premeva ricordarlo, perché in politica ho spesso la sensazione che la memoria e la storia non esista ma quello che conta è soprattutto l’attimo.
Ormai è passata una settimana o poco più ma come ho già fatto in tutte le sedi non posso non stigmatizzare l’errore strategico di un’intervista sbagliata certamente enfatizzata di cui anche io non ho valutato la portata e che certamente voleva portare un ragionamento ma ha finito per lanciare un messaggio altro. Non possiamo sempre prendercela con la stampa e quindi vorrei tagliare corto, l’intervista non andava fatta e ciò rimane un fatto, tuttavia, rimane comunque sempre un’intervista!
Nei fatti successivi, ciò che giudico profondamente sbagliato, è che il giudizio sul mio operato si basi solo unicamente su quel gesto, che non voleva essere un’autocandidatura, posto che nessuno può autoimporsi, a meno che non candidi da solo ma che cercava di portare un ragionamento di forte preoccupazione sul contesto roveretano. Sapendo che la cifra di vittoria delle lezioni amministrative si valuterà soprattutto da contesti come Trento Rovereto Riva e così via. Il rispetto dell’autonomia del circolo è sacrosanto come anche dei deliberati dell’assemblea, tuttavia chi vive la città e posso capire che fuori la cosa non sia compresa perché appare non lineare, conosce la situazione di forte difficoltà in cui versa il centrosinistra roveretano. Non mi dilungo oltre, le verità non sono assolute ma percettive, tuttavia avrei di gran lunga preferito che prima di convocare quella famosa conferenza stampa del mattino seguente, ci fosse stato il modo di confrontarsi, ragionando su una delle migliori smentite per riuscire a dare il meno enfasi possibile alla cosa. Ciò che si è invece scatenato è stata una resa dei conti molto violenta, che pazienza per la sottoscritta, qualcuno di voi dirà ma soprattutto si è rivelata un assist fomidabile a Francesco Valduga, che come noto attacca i partiti, che certo di questi tempi non godono di molto favore.
E’ chiaro che in qualche modo i problemi già consistenti di tenuta della maggioranza per le situazioni già descritte, hanno fatto di questo gesto il chiaro pretesto per chiudere tutto, senza confronto, senza verbo ferire, senza necessità di spiegazioni con la chiara intenzione o speranza che tolta la segretaria ci sarebbe stato un nuovo inizio.
Purtroppo le cose non sono mai cosi semplici, la convocazione dell’assemblea senza la mia possibilità di partecipazione è stato un gesto altrettanto inequivocabile nelle intenzioni, tuttavia il deliberato ha espresso un principio giusto di rinnovo della fiducia al sindaco e di rispetto per tutti i contesti amministrativi, che certamente necessitavano di uno slancio ulteriore e di una presa di posizione con iniezione di fiducia. Nel documento non si fa cenno di motivazioni politiche o di altro e quindi è evidente che il confronto non può che essere all’interno di questa sede che è l’assemblea.
Non sono una fanatica di metodo ma in un momento dove realmente non potevo partecipare e dove per altro la lucidità non era del tutto presente, credo che un pochino più di calma e un tentativo di risolvere la cosa con un confronto tra le parti, che poi avrebbe certamente portato in assemblea il resoconto della cosa, con una proposta evidentemente mia, avrebbe garantito al partito un passaggio certamente meno doloroso e più comprensibile, e trovato contestualmente anche la soluzione più pertinente per partire con nuovo slancio. Purtroppo mi spiace dirlo ma nonostante i chiarimenti con la Presidente, non posso non dire, che questo passaggio non l’ho condiviso né politicamente né umanamente posto che spero la politica voglia ancora occuparsi di tratti relazionali umani e personali oltre che di tutto il resto.
Rimane un fatto, il gesto mio sbagliato, rimane un fatto, che non si è voluto in alcun modo darmi la possibilità né di spiegare né di trovare una soluzione.
Ormai è storia passata, altro non posso dire, adesso ci troviamo a capire in che direzione portare il partito, che conduzione scegliere, cosa fare per garantire continuità, presenza, supporto, chiusura delle decisioni.
Rivendico certamente di aver fatto del mio meglio, di aver voluto inizialmente tenere il timone nell’equilibrio delle parti, avendo poi realizzato che una segretaria deve scegliere e alle volte lo deve fare in condizioni di velocità e di tensione, tale per cui non sempre i tempi della partecipazione e della condivisione lo consentono. Ho deciso di prendere posizione sulle questioni, alle volte in modo netto, certe volte anche sbagliando ma nella convinzione di quanto descritto in relazione, che l’interesse primo per me era tenere alto il patrimonio di valori e scelte del nostro partito, in modo che cittadini ed elettori potessero riconoscersi. Ho cercato di sostenere il progetti del livello istituzionale, le decisioni della giunta, cercando di essere tramite tra il livello istituzionale e gli organi di partito. Se ho fatto bene o male non sta a me dirlo e lo diranno i cittadini, quando ce ne sarà occasione.
I rapporti con la maggioranza non hanno funzionato per vari motivi. Mi prendo la mia parte di responsabilità come è giusto che sia, mi riservo non ora, non avrebbe senso, di dire ciò che non ha realmente funzionato.
Ora l’oggi, ho chiesto l’azzeramento degli organi di partito, perché se fallimento della maggioranza è stata è giusto che questo riguardi tutti. Non mi presento a questa assemblea scevra da responsabilità, tant’è che il mio passo indietro deve arrivare a fronte di un progetto politico successivo al quale credo di poter dare contributo in termini ideali e di proposta e al quale con tutta la dignità del caso, a fronte dell’esperienza di questo anno, auguro che le cose possano andare in una direzione di sempre maggior crescita del partito stesso, che ho avuto se pur per breve tempo, l’onore di guidare, al quale ho dedicato passione e dedizione e nel quale fortemente credo, come contributo fattivo di progetti per la crescita della nostra società.
Non posso tuttavia nascondere l’amarezza del trattamento ricevuto in questa settimana.
E ora la proposta.
La mia maggioranza nata dall’unione di due componenti diverse, mozione Robol mozione Scalfi, non ha mai realmente dialogato. Dobbiamo uscire dal pantano che si è creato in questi giorni, dal senso di sfiducia che abbiamo alimentato, rimettere in marcia il partito ripartire convinti che sia possibile rilanciare. I primi a crederlo dobbiamo esser noi, se cosi non può esserlo meglio lasciare. Non sono convinta che la soluzione del congresso dopo le amministrative sarà la panacea di tutti i mali e anche cambiare le regole, che pur va fatto, non risolverà i problemi. Credo che l’unica possibilità sia chiedere la disponibilità all’unica persona che in questo momento coinvolta da tutto questo non è e che ancora, è nella condizione di dimostrare che il partito può farcela. Mi riferisco ovviamente ad Elisa, alla quale però va garantito l’interesse totale delle parti alla partecipazione del progetto politico. Io credo che sia la cosa giusta da fare, quello che l’opinione pubblica si aspetta e che potrebbe dare stabilità al partito.
Nella vita le cose vanno dimostrate e questa è la possibilità che le va garantita.
Tutti noi dobbiamo però dimostrarci generosi e responsabili all’interno di un progetto, dove poi tutti possiamo riconoscerci garantendo governabilità e non assalto alla diligenza, perché è chiaro che se le condizioni non saranno queste, anche Elisa non potrà fare miracoli.
A fronte di questo volentieri faccio un passo indietro dando disponibilità e contributo a lavorare nel partito.
Qualsiasi altra formula sarebbe a mio avviso debole e non politicamente riconoscibile.
Siamo il Partito democratico e credo questo sia un gesto di coraggio che spero venga colto da tutti voi!
Giulia Robol