«Non mi dimetto a scatola chiusa: prima va condiviso un documento di analisi della situazione e di prospettiva politica, con una soluzione transitoria di gestione del partito fino al congresso. Solo dopo si può convocare l'assemblea. Nel frattempo io sono e resto segretaria».
L. Patruno, "L'Adige", 20 febbraio 2015
Giulia Robol ieri è ricomparsa in pubblico ed è tornata a fare sentire la sua voce, dopo giorni di silenzio, bombardata dalle polemiche per l'annuncio della candidatura a sindaco di Rovereto raggiunta da una richiesta di dimissioni approvata all'unanimità dell'assemblea lunedì scorso, compresa la componente che l'ha sostenuta al congresso. E ieri sera la segretaria provinciale del Pd ha scelto proprio la riunione dei suoi fedelissimi, ovvero i membri dell'assemblea eletti con lei, per spiegare la sua posizione a quattro giorni da quell'assemblea alla quale non ha potuto partecipare perché a casa con la febbre e che la presidente Lucia Fronza Crepaz non ha acconsentito a rinviare sotto la pressione della componente che fa riferimento al vicesegretario Vanni Scalfi, che già aveva presentato le dimissioni facendo mancare la maggioranza a Robol, e che sollecitava una rapida definizione di questa situazione di crisi interna considerato il particolare momento dell'imminenza delle elezioni comunali.
Giulia Robol ieri è apparsa molto provata, ma anche arrabbiata per il trattamento ingiusto che ritiene di aver ricevuto con il mancato rinvio dell'assemblea.
«Voglio evitare - aggiunge ancora Robol - che succeda quanto è accaduto lunedì scorso quando si è deciso senza che io abbia potuto parlare. Io non mi dimetto prima che sia raggiunto un accordo su come arrivare al congresso e sulla troika. Non intendo partecipare alle trattative di questi giorni ma intendo dire la mia. Per me dunque non ha senso convocare l'assemblea lunedì se non si è trovata prima una soluzione che vada bene a tutti». E soprattutto che vada bene a lei.
D'altronde Giulia Robol sa bene che il partito ha tutto interesse ad assecondare le sue richieste, perché è l'unico modo per ottenere le sue dimissioni e avviarsi con tempi ragionevoli al congresso, che potrebbe tenersi al più presto a giugno, subito dopo le elezioni comunali, e comunque non oltre il 25 ottobre. Viceversa, un'azione di forza, come una sfiducia, farebbe precipitare quasi inevitabilmente il partito - in base al regolamento - in mano a un commissario mandato da Roma, soluzione che tutti vogliono evitare, oltre al fatto che i «roboliani» non voterebbero la sfiducia e addio soluzione unitaria.
Il gruppo degli eletti con Robol - c'erano tra gli altri Monica Baggia, Luca Sommadossi, Gigi Olivieri, Alessio Manica - hanno infatti condiviso all'unanimità la richiesta della segretaria di procedere in questo modo, chiedendo alle altre due componenti - quella di Scalfi e l'altra di Elisa Filippi - un accordo su un «pacchetto completo» prima di arrivare alle dimissioni. Nel pacchetto, oltre al documento politico, ai tempi del congresso, ai nomi (uno per componente) del triumvirato che andrà a gestire la fase transitoria, dovranno essere indicate anche le nuove regole per le primarie che diano un vincitore certo.
Le ipotesi sono: o delle primarie tra gli iscritti per selezionare solo due nomi da presentare alle primarie vere, oppure un premio di maggioranza al primo (tipo il 35%). Ora resta da capire se oggi e nel week-end sarà possibile arrivare a un accordo unitario che soddisfi tutti e soprattutto la segretaria ancora in carica oppure sarà necessario rinviare l'assemblea già convocata dalla presidente Fronza Crepaz per lunedì.
Dopo la riunione della componente Robol c'è stato un confronto con gli altri al quale hanno partecipato Olivieri e Manica per Robol, Vanni Scalfi e poi Piergiorgio Sester e Gianluca Merlo per la componente di Filippi. Si è trovata l'intesa sul congresso da tenere a giunto o al massimo entro il 25 ottobre e su poco altro. Scalfi, Sester, ma anche Manica hanno espresso l'auspicio che si riesca a confermare l'assemblea di lunedì.