Dal dibattito sviluppatosi per iniziativa del Vostro giornale, appare chiaro come l’autonomia sia una ricchezza poliedrica. I suoi peculiari contenuti storici, politici, giuridici, finanziari, amministrativi, culturali e simbolici ne esprimono le varie facce, nessuna sufficiente, tutte necessarie.
Alessandro Olivi, "Trentino", 12 febbraio 2015
Come una figura geometrica che, privata di un lato, cessa di esistere, la nostra autonomia si qualifica per la cura riservata a tutti i suoi versanti: e non possiamo escludere che proprio l’aver trascurato i rischi di scelte e comportamenti buoni per un aspetto, meno per altri (come nel caso di talune spese di vistosa entità) sia concausa dell’attuale sensazione che incombe sul nostro ordinamento. Si avverte perciò l’urgenza di uno sforzo rigenerante, che coinvolga tutte le componenti del corpo sociale, orientato a ripristinare il valore dell’autonomia nella pienezza dei suoi significati.
Tre, secondo me, sono le direttrici lungo le quali questo sforzo appare indifferibile. La prima è la direttrice delle riforme. Se l’autonomia non riesce ad autogenerare le misure fondamentali per uno sviluppo equo e sostenibile finirà per smarrire il suo senso. Un chiaro esempio è la pubblica amministrazione, ancora troppo lontana dai soggetti che producono valori collettivi. Vanno stimolate le catene del valore, anche attraverso forme di affiancamento alle imprese e di autodisciplina affidate alle parti sociali; va riconvertito il ruolo dell’ente pubblico da rigoroso regolatore ad agente di sviluppo. La riforma istituzionale, poi, è l’occasione per riconfigurare più chiaramente il confine tra le funzioni di indirizzo da riservare alla Provincia e alla nuova Regione ed i compiti di svilluppo locale integrato da affidare ai Comuni. E’ necessario che nell’ambito della riforma costituzionale il ruolo della Regione contempli un nuovo livello di governance realmente comune di competenze quali l’energia, la mobilità, la sanità, la ricerca e aggiungo anche il turismo: è necessario allungare le reti della collaborazione se vogliamo davvero sopravvivere al rigurgito centralista. L’autonomia deve poi giocare al meglio la carta dell’innesto sulle riforme attualmente in corso a livello statale, integrandole e migliorandole.
E’ quanto sperimentato, in Trentino, nella delega sugli ammortizzatori sociali, declinata in modo originale con le politiche attive del lavoro, per facilitare il reimpiego dei lavoratori. Le migliori pratiche europee, reinterpretate alla luce delle peculiarità locali, hanno ispirato queste misure. Anche la delega sull’università consegna alla nostra autonomia preziose opportunità. Altrove, non solo negli Stati Uniti, le università si sono dimostrate efficaci promotori dello sviluppo locale. Lo stesso deve avvenire a livello regionale, facendo leva su un ateneo multifacoltà di riconosciuto prestigio, che deve tuttavia aprirsi maggiormente al territorio, rinforzando i rapporti con i giovani, le imprese (quanto è importante la contaminazione tra queste due realtà) e i centri di formazione e di ricerca. Ineludibile è anche il riposizionamento dell’università all’interno di network internazionali.
La seconda direttrice è il buon governo, una delle migliori medicine per la salute della nostra autonomia. Non c’è storia, né accordi che tengano, se non ci sapremo elevare ad apripista di comportamenti istituzionali e amministrativi in grado di garantire risposte efficaci ed eque alle sfide del tessuto sociale. Non possiamo ignorare che, sotto questo profilo, il percorso più arduo è oggi una profonda revisione della spesa pubblica.
La terza direttrice riguarda le politiche di sistema, con priorità per gli investimenti nell’economia della conoscenza. A questo fine vanno finalizzati gli incentivi e i canali di credito alternativi. Sarà in questo modo scongiurato ogni effetto soporifero a danno del sistema locale, che sarà invece sospinto verso una salutare apertura alle realtà esterne e ai mercati internazionali. In questo l’Alto Adige ha saputo meglio coniugare la combinazione virtuosa tra locale e globale in settori quali turismo e industria. Tutta la finanza dell’autonomia va dunque ricalibrata verso le politiche di contesto, tenendo conto che a mettere in crisi la reputazione delle autonomie speciali sono i privilegi individuali o di categoria, non gli investimenti di sistema.
L'impegno su queste direttrici ci consentirà di qualificare l'intero perimetro della nostra autonomia, di rafforzarla sul piano dell'ordinamento, della responsabilità e della reputazione, affrontandone più serenamente gli sviluppi nel contesto delle riforme dello Stato. Questo ha bisogno di una politica forte capace di riscrivere un patto per l’autonoma del presente e del futuro. Una collaborazione non meramente negoziale tra partiti territorial-localistici e una forza nazionale di riferimento. Vi è bisogno che il valore dell’autonomia come modello di buon governo a servizio del Paese venga veicolato attraverso un progetto politico capace di costruire una più ricca filigrana culturale quale quella che può esprimere oggi il Pd. In quest’ottica si colloca anche l’iniziativa che ho ritenuto di promuovere agli amici del Pd trentino per rilanciare il nostro ruolo come nucleo federativo di questo patto per l’autonomia. Dobbiamo costruire una nostra fisionomia che non sia eterodiretta da altri ma che si alimenta di uno sforzo di inclusione accogliendo le istanze di tutti coloro che chiedono di sentirsi cittadini del Trentino Alto Adige, d’Italia e dell’Europa.