I sindaci dicono no alla parità di genere nelle preferenze in vista delle elezioni comunali di maggio. Ieri pomeriggio l'assemblea del Consiglio delle autonomie ha dato parere negativo al disegno di legge regionale presentato dalle consigliere provinciali, con l'Ass. Sara Ferrari prima firmataria, che punta a introdurre l'obbligo di votare un uomo e una donna nel caso l'elettore decida di esprimere entrambe le preferenze a disposizione. Solo 8 i favorevoli su 25 votanti, contro 13 no e 4 astensioni: Andrea Miorandi (Rovereto), Aldalberto Mosaner (Riva del Garda), Roberto Oss Emer (Pergine), Antonietta Nardin (Cembra), Roberto Caliari (Mori), Cristina Donei (Procuradora de Fascia), Donata Sartori (Comunità Paganella), Luca Sommadossi (Comunità Valle dei Laghi)."L'Adige", 29 gennaio 2015
Si tratta di un parere consultivo, non vincolante, ma è comunque un voto pesante in vista della seduta del prossimo 11 febbraio in cui il consiglio regionale sarà chiamato ad esprimersi.Già rinviato una settimana fa per la mancanza del numero legale, il parere non è passato per la diffusa avversione soprattutto da parte dei sindaci dei centri più piccoli, quelli dove già oggi è difficile mettere assieme una lista che rispetti l'obbligo del 30% di presenze femminili imposto dalle quote rosa. Ma il favore di quelli maggiori non è stato sufficiente.Che la proposta partiva in salita lo si è capito subito dall'introduzione di Paride Gianmoena, presidente del Consiglio delle autonomie. Pur dicendosi favorevole alle quote rosa ritiene lesiva della libertà dell'elettore invece una norma che pretenda di imporre anche una scelta di genere nella preferenza. Inoltre, argomento poi ripreso da molti negli interventi successivi, contesta il fatto che il consiglio regionale voglia partire con una norma di questo tipo dai Comuni anziché da se stesso. D'accordo con il presidente anche qualche donna, tra cui Enrica Rigotti, sindaco di Isera: «Mi pare una cosa da riserva indiana - ha spiegato - e credo che un processo di fiducia nei confronti delle donne sia avviato. Io credo che sia meglio che una donna occupi una posizione elettiva perché la gente ha fiducia in lei piuttosto che perché deve esserci per legge».Diverso il ragionamento di Antonietta Nardin, sindaco di Cembra, che ha ricordato come il suo partito, l'Upt, abbia la parità di genere nello statuto come principio di democrazia. «Gli uomini temono una scelta di questi tipo - sostiene - perché hanno paura che vada a modificare equilibri consolidati. E non ha senso dire che prima devono adeguarsi in consiglio provinciale perché se una cosa è positiva dovrebbe essere un vanto essere i primi. In realtà il rischio, segnalato dal sindaco di Rovereto, Andrea Miorandi, è quello di rimanere gli ultimi tra gli ultimi, visto che gli altri Comuni d'Italia, nazione non proprio all'avanguardia nell'emancipazione politica femminile, hanno già regole paritarie. Miorandi ha accusato i colleghi contrari di ipocrisia e ha espresso il timore che un voto contrario a questo disegno di legge possa essere dannoso per l'autonomia provinciale, già pesantemente sotto attacco da parte della politica nazionale e dei governatori delle altre Regioni.
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