La Consulta della Salute sostiene la linea provinciale: «Numeri piccoli, non c’è qualità. Anche per i punti nascita». Gli ospedali di valle? Vanno rivisti, ripensati, ridimensionati, non tanto per i costi (che pure contano) quanto per la sicurezza degli utenti, perché non accada di finire in sala operatoria, oppure di effettuare un esame, con specialisti che non hanno sufficiente esperienza. A. Selva, "Trentino", 22 gennaio 2015
Pare di sentire i medici, oppure l’assessora Borgonovo Re, e invece questa volta la presa di posizione arriva dalla Consulta per la Salute che riunisce 45 associazioni che si occupano di sanità, salute e assistenza sul territorio provinciale. L’appello è arrivato ieri in occasione della presentazione delle proposte della Consulta in vista della preparazione per il piano della salute provinciale. La Provincia vuole consigli per programmare la sanità dei prossimi dieci anni? Le associazioni hanno presentato un corposo dossier di 100 pagine (da fare invidia a un piano sanitario vero e proprio) e hanno voluto dire la loro anche sul tema (scottante) della riorganizzazione della rete ospedaliera: un unico ospedale centrale (l’ospedale di Trento, da realizzare al più presto, senza tentennamenti fra il capoluogo e Rovereto, senza perdere altro tempo) e una serie di strutture periferiche che però andranno riconvertite in servizi sanitari sul territorio, perché non è pensabile di affidarsi a professionisti che non hanno un sufficiente “volume di lavoro” (e quindi esperienza) per quanto riguarda le prestazioni specialistiche. Compresi - anzi, soprattutto - i punti nascita. Insomma dalle associazioni che fanno parte della Consulta è arrivato l’appoggio totale alla linea della Provincia, che suonerà come una dichiarazione di guerra per i comitati che sul territorio hanno raccolto firme e consensi per la difesa degli ospedali di valle. Ieri alla Sala della Regione - dove è stato presentato il documento - c’era la presidente della Consulta, Annamaria Marchionne, e per quanto riguarda la rete degli ospedali ha parlato l’ex primario Mario Cristofolini, attuale presidente della Lega contro i tumori: «Solo con numeri sufficienti si può avere una qualità dei servizi, altrimenti, con una casistica insufficiente, ci sono rischi per i pazienti» ha detto. E ancora: «Nove reparti di chirurgia su un territorio di 500 mila abitanti sono una follia, il nostro è un sistema che deve essere rivisto. Ci sono soglie di attività minima che devono essere rispettate, in questo caso l’autonomia del Trentino non deve essere una scusa per fare cose sbagliate: non esiste una “via trentina” alla salute. La politica trentina ascolti quello che dicono i tecnici e i professionisti». E Cristofolini ha ricordato che l’ospedale Santa Chiara è al capolinea: «Serve subito quello nuovo, senza ripensamenti e dubbi, compresi quelli di Rovereto». In sala c’era anche Aldo Degaudenz, già assessore provinciale, già presidente dell’ospedale di Borgo, già presidente (a sua volta) della Consulta della Salute, che intervenuto dicendosi d’accordo: «Capisco i sindaci pressati dai cittadini, ma seguendo i principi di qualità e di efficienza della cura non si possono avere tutti i servizi sanitari sotto casa».
A sentire le proposte della Consulta della Salute (e la linea “dura” contro gli ospedali periferici) ieri al palazzo della Regione (in sala Rosa) c’era anche Luigi Olivieri, assessore in Comunità di valle, che dopo il giro di interventi ha preso la parola, dal pubblico, per dire la sua: «Presentare un piano sanitario su internet può essere difficile e soprattutto riduttivo, vorrei quindi chiedere alle associazioni che fanno parte della Consulta la disponibilità a venire sul territorio trentino a confrontarsi sui contenuti». Traduzione: venite a dirlo nelle valli del Trentino che volete smantellare gli ospedali e vedrete la reazione della gente. «Perché - ha ripreso Olivieri - c’è una sorta di frattura tra le esigenze di salute e sanità delle persone che vivono lungo l’asta dell’Adige e quelle che invece vivono nelle altre zone del Trentino». L’avvocato ha fatto un riferimento implicito alla sua zona di provenienza (le valli Giudicarie) ma ha citato esplicitamente anche le valli di Non, Sole e Fassa: «Bisogna andare sul territorio per rendersi conto di quali sono le difficoltà delle famiglie». Da parte della Consulta è arrivata comunque la disponibilità al confronto.
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