Ritirato (tecnicamente sospeso) dalla maggioranza a inizio ottobre, sotto il fuoco di fila delle opposizioni, tornerà in aula a inizio febbraio il contestato disegno di legge sull’omofobia, che aveva bloccato il consiglio provinciale per 7 giornate, domenica inclusa. Lo ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo del consiglio provinciale, che ha definito l’ordine del giorno per le sedute del 27-28-29 gennaio e del 3-4 e 5 febbraio.
"Trentino", 16 gennaio 2015
Si ripartirà da dove si era rimasti, ricorda il presidente del consiglio Bruno Dorigatti: articolo 1, emendamento 8. Discussione con tempi non contingentati. E all’orizzonte si profila un nuovo muro contro muro, con il centrodestra deciso a replicare le barricate. Proprio la paralisi dell’aula, in vista di passaggi delicati come la finanziaria e la riforma delle Comunità di valle, aveva spinto il presidente Ugo Rossi a sospendere la discussione, ferma all’articolo 1 del ddl nel pieno di un braccio di ferro durissimo con le minoranze che avevano presentato 1500 emendamenti per bloccare la legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale. Di «imposizione di un inaccettabile modello culturale e antropologico» aveva parlato compatto il centrodestra in un comunicato diffuso prima che il governatore scegliesse la via del passo indietro. «Confidiamo che sia possibile pervenire a emendamenti che possano recepire in forma trasversale istanze delle opposizioni», aveva detto Ugo Rossi leggendo un documento sottoscritto da tutti i consiglieri di maggioranza tranne Mattia Civico del Pd, primo firmatario di uno dei due disegni di legge confluiti nel testo unificato assieme a quello di iniziativa popolare promosso da Arcigay e Arcilesbica e sottoscritto da 7 mila cittadini trentini.
Tre mesi dopo, cos’è cambiato? «Non ci siamo più sentiti», taglia corto Rodolfo Borga (Civica Trentina), tra i più acerrimi oppositori della legge, «la nostra posizione è chiara e da parte nostra resterebbe lo stesso atteggiamento in aula. La giunta faccia un elenco delle sue priorità e assuma le decisioni conseguenti». Parole che non sembrano decisamente un viatico verso un accordo. Da parte della maggioranza, il consigliere Mattia Civico ricorda che «a ottobre avevamo fatto alcune proposte per venire incontro alle minoranze, ma da parte loro non era arrivata nessuna disponibilità». Indisponibilità ribadita da Borga nell’incontro di ieri dei capigruppo. «Non possiamo rinunciare ad affrontare temi doverosi», rilancia il consigliere Pd, «come maggioranza faremo le nostre valutazioni sull’opportunità di sfrondare un po’ il testo per superare alcuni nodi e alleggerire l’ostruzionismo».
La exit strategy elaborata dalla maggioranza aveva già previsto a ottobre un testo più snello di 5-6 articoli, che salvasse l'impianto della proposta, la lotta al bullismo omofobico e alla discriminazione. Di fatto, abrogando alcuni articoli, decadrebbero in automatico centinaia di emendamenti. Resta lo scontro, culturale prima che politico, su una legge nata per combattere l’omofobia considerando «una violazione dei diritti umani» ogni discriminazione legata all’orientamento sessuale, e per promuovere campagne di informazione e azioni di sensibilizzazione sul pluralismo dell’identità di genere. Per le opposizioni si tratta di «un attacco alla famiglia». Per i promotori della legge «un atto di civiltà».