«Molta attenzione al pragmatismo amministrativo, troppo poca a un’idea di futuro per il Trentino». il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi (Pd), riassume così il senso del primo anno di governo provinciale a guida Rossi, che secondo l’assessore alle politiche economiche necessita di più d’una correzione di rotta.
L. Patruno, "L'Adige", 7 gennaio 2015
Domani gli assessori si riuniranno per un incontro di inizio anno che dovrà servire a definire le priorità della giunta per l’anno appena iniziato. E Olivi anticipa alcune proposte forti che intende condividere con i colleghi: dall’introduzione della tassa sul turismo, per anni rimandata, alla riforma profonda dell’Agenzia del lavoro e di Trentino Sviluppo, ma anche una riorganizzazione della pubblica amministrazione che a differenza dell’approccio fallito del presidente Rossi, «coinvolga i dirigenti provinciali e i medici in questa trasformazione culturale».
Vicepresidente Olivi, come valuta questo primo anno della giunta?
Abbiamo impostato le linee di indirizzo dell’azione della giunta che è stata molto condizionata dal clima di incertezza legato alla trattativa finanziaria con Roma. Ma ad essere sincero, mi pare che sia stata data troppa attenzione a una sommatoria di atti amministrativi, quasi a voler trasmettere ai trentini il valore dell’amministrare da buon padre di famiglia, che va bene, ma senza l’idea che dietro vi sia una trama, un’intelaiatura di progetto di reinterpretazione dell’autonomia che non può essere solo la difesa delle finanze né di un’architettura giuridico-amministrativa.
Non condivide l’impostazione con cui si sta discutendo la modifica dello Statuto di autonomia?
Penso, a differenza di Rossi e anche di Dellai, che l’«interesse nazionale» non sia un fardello di cui dobbiamo liberarci, ma che l’autonomia sia al servizio del Paese e non debba tirarsi fuori. Deve servirci a dimostrare, ad esempio, che possiamo avere una pubblica amministrazione più efficiente e snella, semplificando la vita dei cittadini e delle imprese, con una Provincia che indirizza e i comuni che si unificano. E francamente la riforma della riforma istituzionale non mi pare che sia stata quel gran successo come è stato declamato. Ma si è trattato solo di un primo passo. Sul tema della riduzione del numero dei comuni dobbiamo dare un esempio al Paese.
Il governo Renzi ha approvato i decreti attuativi del Jobs Act. La Provincia, che ha anche una delega sugli ammortizzatori sociali, come intende muoversi?
Noi vogliamo utilizzare gli ammortizzatori sociali in modo meno conservativo. Io vorrei proporre entro fine gennaio una riforma profonda dell’assetto dell’Agenzia del lavoro perché sul tema delle politiche attive e della ricollocazione tra un lavoro e l’altro, oltre che delle relazioni industriali, il Trentino può diventare un modello sulla contrattazione decentrata. Possiamo sperimentare buone pratiche arrivando prima di altri ad interpretare tutto quello che c’è di buono nel Jobs Act.
Il problema centrale, anche per garantire nuovi posti di lavoro, resta quello dello sviluppo. In quali settori e come può crescere l’economia trentina?
Noi dobbiamo puntare sulle ricchezze che abbiamo. E innanzitutto penso che si debba aggredire in modo più incisivo il tema del turismo. Noi scontiamo rispetto all’Alto Adige 1 miliardo di Pil di differenza sul turismo. Non bastano piccole manutenzioni. La tassa di soggiorno ci allinea alle altre realtà regionali, ma questa non è una riforma sufficiente a superare questo gab.
Cosa serve allora?
La tassa di scopo, ovvero la tassa sul turismo che non si è mai voluta introdurre. Se si vuole guardare alle buone pratiche del Tirolo e dell’Austria ci si rende conto che la compartecipazione diffusa alla creazione di un’industria dell’ospitalità è stata adottata. Dobbiamo fare un piano straordinario di rilancio delle strutture ricettive: albergatori e impiantisti non possono seguire solo un modello pubblico-dipendente. La partecipazione al sostegno del distretto turistico però non dovrà essere limitata alle categorie che vivono direttamente di turismo, ma vanno coinvolte categorie del commercio, professionisti, affittacamere, che comunque godono del turismo. È un problema pedagogico e culturale, vanno coinvolti il geometra, il libero professionista, l’artigiano per costruire un budget di decine di milioni di euro di risorse private che servono ad aumentare la competitività del territorio.
Anche il settore manifatturiero è debole. Cosa si può fare?
Il livello di esportazioni è bassissimo e in mano solo a 20-25 grandi aziende. Mancano filiere di imprese. L’unico modo è rafforzare il ruolo di Trentino Sviluppo che fino ad ora non ha fatto quello che ci aspettavamo: ovvero andare a intercettare le imprese fuori dal Trentino promuovendo i vantaggi offerti dal nostro territorio. Quindi un riassetto della mission va fatto. Poi, servono investitori che vengono qui a fare economia: è quello che cerchiamo di fare con meccatronica. Ma abbiamo anche un altro problema: quando non c’è la Provincia a finanziare, dov’è il privato? Sarebbe bene che ci fosse un richiamo forte della giunta al sistema finanziario trentino. Dove sono Isa, Finanziaria Trentina, l’Itas, la finanza della cooperazione? Questi invece di sostenere le imprese sul territorio hanno fatto troppi affari sul fronte della rendita o investono fuori dal Trentino perché rende di più. Quando abbiamo costituito il fondo strategico non si sono fatte vedere. Dove sono i tanti soldi immessi dalla Provincia nel sistema? Perché oggi non vengono messi in circolo per aiutare le imprese a crescere?
In questo anno nel centrosinistra autonomista ci sono state forti fibrillazioni. Ogni partito sembra guardare solo a sé e il presidente Rossi si muove più da leader del Patt che della coalizione. Andrete avanti così per altri 4 anni?
Questa coalizione assomiglia sempre più a un patto negoziale a scadenza, dove tre partiti negoziano un accordo e cercano di adempiere alle obbligazioni assunte. Il Pd trentino non ha ancora superato la sciagura delle primarie perse, perché è ancora un partito stratificato. E così sta avvenendo che un cittadino di fronte a una situazione in cui non è chiaro un progetto comune della coalizione cerca di avvicinarsi di più a chi presume possa risolvere prima il suo problema. E questa è la logica che sta gonfiando il Patt. Spero per questo che il Pd lanci una fase costituente della coalizione per dire quali sono gli elementi fondativi di un nuovo patto politico basato su alcuni punti forti. E su questo fronte mi auguro che l’Upt sciolga i suoi nodi per fare delle proposte comuni.