Il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, ieri nella conferenza stampa di fine anno ha espresso parole di forte preoccupazione per il futuro del Trentino a fronte di una crisi profonda che a suo dire si continua ad affrontare senza una adeguata consapevolezza e capacità di risposta, innanzitutto da parte della politica e in particolare della maggioranza di centrosinistra autonomista di cui fa parte.
L. Patruno, "L'Adige", 28 dicembre 2014
Tanto che Dorigatti si è spinto a dire che: «C'è il rischio di lasciare un Trentino peggiore rispetto a quello che abbiamo trovato ad inizio legislatura nel 2013».
Il presidente del consiglio paventa dunque una regressione nelle condizioni generali della nostra provincia e anche della partecipazione democratica e dice: «La crisi dei partiti e della politica, così come dei corpi intermedi come le organizzazioni sindacali, segni di una trasformazione sociale, ha portato alla mancanza di punti di riferimento e di autorevolezza nelle istituzioni, con le risorse intellettuali che abbandonano il campo e le leadership che stentano a farsi strada».
Presidente Dorigatti, come valuta questo primo anno di legislatura?
È stato un anno difficile. Va recuperato il dialogo con la comunità a fronte della crisi economica, la chiusura delle aziende, la questione della riduzione dei costi della politica sui quali mi auguro si prosegua. C'è stato il taglio di finanze pubbliche, il rapporto difficile con Roma con gli attacchi all'autonomia da parte di tutte le forze politiche nazionali compresa la mia, il Pd, e il ritorno al centralismo statale. Poi ricordo la scomparsa del presidente del consiglio regionale che ci ha segnato.
Tanti ex consiglieri non intendono restituire i vitalizi e hanno fatto ricorso. Cosa ne pensa?
Mi auguro che tutti rispettino la legge e che l'ufficio di presidenza del consiglio regionale si attivi per farla rispettare.
Lei parla di crisi della politica. Si riferisce anche alla maggioranza? Cosa è mancato?
Non c'è consapevolezza della crisi. Vedo più fibrillazioni che proposte. Al Trentino serve un progetto di rilancio, servono scelte. Non serve invece la politica roboante degli annunci, che va di moda da Roma in su e spesso porta avanti soluzioni nemmeno costruite sul confronto con le parti interessate. Bene, ad esempio, il trilinguismo di Rossi, servono scelte di sistema, ma si deve fare in fretta se no torniamo indietro.
La maggioranza politica provinciale ha retto gli urti con un apprezzabile grado di coesione, ma i problemi emersi hanno contribuito a definire ulteriormente il profilo di gravità dell'attuale situazione in Trentino, c'è stato uno sfilacciamento. Serve un rafforzamento delle ragioni della coalizione di governo, abbiamo bisogno di rilanciare l'originale progetto che ci ha fin qui distinti, senza voler marcare le differenze e senza immaginare scenari diversi da quelli condivisi dall'elettorato.
Che rapporto c'è tra il consiglio provinciale e la giunta Rossi? Qualche commissione si è sentita ignorata e sull'emendamento approvato che ha azzerato gli 89 milioni di addizionale Irpef, Rossi ha detto che non doveva neppure essere ammesso. Insomma, è stato un errore colpa del Consiglio....
Il rapporto è buono, ma fa bene il consiglio provinciale a mantenere la propria autonomia e visioni diverse. Riaffermo che debbano essere messe a disposizione dei consiglieri le informazioni chieste e serva una maggiore attenzione ai giudizi espressi dalle commissioni per rafforzare il ruolo del Consiglio. Riguardo all'emendamento sull'Irpef, le affermazioni del presidente Rossi non sono veritiere perché l'emendamento è stato ammesso perché è stato dichiarato ammissibile sia dal nostro ufficio legislatura che dalla Regioneria della Provincia, che ha stabilito che c'era la copertura finanziaria. Quell'emendamento doveva essere respinto ma c'è stato un incidente di percorso.
Lei è stato segretario della Cgil del Trentino ed è esponente del Pd. Cosa pensa del Jobs Act di Renzi?
Le leggi sul lavoro non portano posti di lavoro e non è tagliando i diritti che si crea sviluppo. Ricordo 40.000 firme dei trentini per difendere l'articolo 18. I diritti vanno estesi se si vuol fare crescere la società. Per questo ho anche partecipato allo sciopero generale della Cgil.
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