OLIVI: «Rossi ha ragione che per difendere l’autonomia serve una comunità motivata e consapevole, ma la risposta sul piano politico non è il partito unico territoriale. Il Trentino non è l’Alto Adige. Dev’essere il Pd il punto di aggregazione per le culture del popolarismo riformista, quindi anche per l’Upt che oggi non ha un riferimento nazionale».
C. Bert, "Trentino", 2 dicembre 2014
Il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi interviene nel dibattito sull’autonomia provvisoria lanciato dal nostro giornale e lo fa partendo anche dall’analisi del governatore Ugo Rossi.
Olivi, perché non è d’accordo con l’idea di un grande partito territoriale e autonomista che dialoga con il Pd? Perchè non c’è lo spazio culturale per un partito dei trentini. Non siamo in Alto Adige, dove il collante è costituito da una matrice etnica e culturale che rende naturale, anche se non più egemonica, la presenza di un partito di raccolta. E non regge neanche lo schema indicato da Rossi di una forza territoriale che si allea con un partito nazionale in un accordo negoziale dove si pattuisce il dare e l’avere. Io penso invece che va reso più territoriale il progetto del Pd. Anche perché la maggior parte dei trentini si sentono autonomisti ma non elettori del Patt.
Immagina un progetto territoriale che inglobi l’Upt nel Pd? Il Pd trentino deve avere il coraggio di affrontare un percorso federato con il Pd nazionale e deve saper includere quei mondi moderati del popolarismo di sinistra che per molti anni hanno guardato alla Margherita di Dellai. Pd e Upt dovranno fare un passo in più nei prossimi due anni, forse anche prima.
L’ex governatore Dellai è tornato in campo sostenendo che all’autonomia trentina manca una visione. È d’accordo? Sono d’accordo che l’autonomia ha bisogno di un nuovo soffio ispiratore. Non è più sufficiente un buon programma di governo, serve una politica più lungimirante.
Rossi rivendica che la scuola trilingue così come la riforma della pubblica amministrazione e del welfare sono una visione. Non la convince? Sono tutte cose importanti Ma la forza di Dellai, 15 anni fa, è stato di mettere assieme, in un centrosinistra autonomista, forze che fino a quel momento erano intrise di vecchie ideologie facendole cooperare. Un progetto di anomalia trentina che è stato favorito dall’avere come avversari il berlusconismo e il leghismo.
E oggi che quel motivo aggregante è venuto meno? Oggi, di fronte a uno Stato verticista e centralista, serve un Trentino che non si differenzi solo per la buona amministrazione, ma che conquisti uno spazio di protagonismo aprendo strade nuove. E non c’è dubbio che in questo momento il centrosinistra autonomista non sembra avere sempre chiaro quale dev’essere il progetto politico capace di interpretare un’idea di futuro e di innovazione. Vedo il rischio che si proceda per vie di mezzo, compromessi e mediazioni troppo spesso al ribasso, annunci e retromarce. Negli strappi di questo anno in giunta, stando solo agli ultimi mesi, vengono in mente i temi della riorganizzazione ospedaliera e della ricerca, ambiti di responsabilità del Pd. È vero, su alcune partite non possiamo attribuire responsabilità solo a Rossi. Tutta la giunta e la maggioranza sono coinvolte quando si tratta di mettere in discussione rendite di consenso. Fare marcia indietro fa sempre perdere credibilità: secondo me occorre spendere più fatica nel costruire un percorso partecipato e poi avere il coraggio di decidere anche oltre le resistenze.
In questo progetto che peso hanno per lei le categorie di destra e sinistra? Rossi le ritiene superate, e a riprova cita le politiche del premier Renzi, che è del Pd... Penso che a rendere più debole oggi la nostra coalizione sia quest’idea, che il presidente Rossi ha espresso e non mi trova per niente d’accordo, che non sia necessario ancorare le forze politiche a solide fondamenta di valori. Per me destra e sinistra esistono ancora nel momento in cui esiste la differenza tra chi vuole difendere la rendita e chi promuovere il lavoro, tra chi vuole una società stratificata socialmente e chi vuole ridistribuire la ricchezza, tra chi incarna l’idea di un leaderismo solitario e chi intende valorizzare nell’esercizio del governo le espressioni articolate di una democrazia partecipativa.
Ha citato più volte Rossi e Dellai. Tra i due è in atto un dualismo sempre più evidente. Lei come vive questo protagonismo dell’ex presidente? Le incursioni di Dellai non mi procurano particolare disagio, ci ho lavorato insieme e ne conosco pregi e difetti, sono propenso a coglierne la passione politica. Penso che tutte le energie di cui disponiamo, comprese quella di Dellai, vadano capitalizzate. L’acuirsi di una competizione individualistica non produce nulla di buono, sarebbe bene che entrambi pensassero a ciò che possono fare per il Trentino evitando di piantare bandierine. Sia Rossi che Dellai hanno organizzato a due giorni di distanza due raduni politici.
Lei è stato invitato? Parteciperà? Mi sembrano iniziative molto diverse. Rossi raduna una cerchia di persone a lui molto vicine, compresi i due assessori del Patt (Dallapiccola e Daldoss, ndr), con cui ha condiviso un percorso. Mi sembra del tutto normale, è capitato anche a me. Lorenzo Dellai invece propone un momento aperto a tutti gli apporti, dove ognuno può portare il suo contributo. Se andrò da qualche parte, andrò dove le porte sono aperte. Non vivo certo la convention di Dellai come un test su un anno di governo della giunta provinciale. E comunque, al di là dei personalismi, io mi aspetto un Pd capace di rilanciare il suo progetto e di liberarsi finalmente della sindrome di minoranza nella maggioranza.
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«Non conosco abbastanza Dellai per sapere se nell'intimo si muova spinto anche da ambizioni personali ma la sua iniziativa e quella di Rossi sono entrambi comprensibili e pienamente legittime». Alessandro Olivi, vice presidente della giunta guidata dal governatore autonomista, era nella scorsa legislatura assessore con il padre di Margherita e Upt. Ha operato con entrambi e può dare una sua interpretazione della singolare contrapposizione che in questi ultimi giorni vede protagonisti le due ultime guide della Provincia. Una interpretazione che al di là di caratteri e personalità non può prescindere dai contesti storici.
«Rossi - spiega Olivi vestendo i panni del politologo - ha deciso di radunare attorno a se alcune persone che hanno lavorato con lui per risintonizzarsi con un'area di prossimità politica e culturale. L'iniziativa di Dellai mi pare invece orientata a un percorso plurale dove avanzare proposte e risolverle. Sono due cose ben diverse».
Eppure nelle interviste rilasciate nei giorni scorsi i toni erano spigolosi ed emergeva da Dellai una critica relativa a una carenza di visione politica della giunta e da Rossi una replica improntata alla rivendicazione di concretezza. «Ma i due agiscono in contesti diversi - rileva Olivi - perché la coalizione che ha sostenuto Dellai, in particolare all'inizio, aveva forti legami politici soprattutto perché dall'altra parte c'era un avversario politico forte e dunque si era creato un rapporto non meramente negoziale con la sinistra per contrastare in maniera efficace il partito azienda alleato col leghismo divisivo. Oggi non c'è più un avversario del genere e ciò paradossalmente finisce per essere un elemento di debolezza per la coalizione, che rischia in modo inverso di volersi allargare troppo andando a coprire mondi che non ne facevano parte». Un tentativo di allargamento verso il centro che porta a spostare confronti e scontri all'interno, trasformando i rapporti, in questo caso tra Pd, Upt e Patt, in azioni negoziali. Da questo punto di vista Olivi non condivide affatto l'idea di un grande partito di raccolta dei Trentini che, a differenza dell'Alto Adige, qui secondo lui non può funzionare perché non vi sono le ragioni storiche e culturali per giustificarlo e alimentarlo.
Quanto all'iniziativa di Dellai, se può dare qualche spunto secondo il vice presidente è positiva, basta che non si limiti ad essere una espressione di leadership. Ma secondo Olivi l'ex governatore nutre ambizioni di ritorno? «Non sono in confidenza tale da saperlo ma secondo me no. È un politico avveduto e soprattutto intuitivo e sa che il tempo di prima non ritorna. Questo però non è un motivo sufficiente per rinunciare a dare un contributo politico indipendentemente a calcoli di ricaduta personale e voglio pensare che ci sia anche qualcun'altro oltre a Dellai a voler smuovere un po' le acque, perché quello che manca è un di più di politica, non un di meno. La disincentivazione nei cittadini è talmente forte che ogni spazio di discussione diventa un'opportunità e le iniziative non vanno sempre viste come ambizione personale. Poi ognuno nel suo intimo sa veramente cosa lo spinge ad agire».