Chiudere la sede Ocse non è «cambiamento»

Come un fulmine a ciel sereno, già qualche settimana fa, rigorosamente a mezzo stampa, il presidente Ugo Rossi ha preannunciato l'intenzione di chiudere l'ufficio locale dell'Ocse, organizzazione intergovernativa che rappresenta i governi dei 34 Paesi più industrializzati (più la Commissione Europea), e che a Trento ha una sede che promuove e affianca i governi su temi legati allo sviluppo locale.
Mattia Civico, "L'Adige", 5 novembre 2014

Una sede che altri territori sono già pronti ad ospitare in quanto di altissimo prestigio e che è in grado, solo per il proprio domicilio, di assegnare credibilità e ruolo istituzionale al territorio che la ospita. A volerla valorizzare pienamente potrebbe essere il luogo della connessione strutturale e istituzionale del Trentino con l'Europa.

Ci potrebbe mettere nelle condizione di dialogare di economia e sviluppo locale con i ministri dei Paesi Europei. Potremmo chiedere un affiancamento fra i più qualificati per accompagnare i processi di trasformazione che ci attendono. Una straordinaria opportunità che si sarebbe dovuta valorizzare più convintamente e più costantemente nel recente passato.

L'annuncio di Rossi in questo senso non è del tutto negativo. Mette in evidenza quanto tempo e possibilità siano state sprecate in passato fino a rendere perfino a qualcuno incomprensibile un ulteriore investimento. Che, va detto, è intorno ai cinquecentomila euro all'anno, cifra importante ma limitata rispetto a tante altre realtà io credo meno strategiche e prestigiose.

Sono certo che questo nostro tempo richiede scelte e revisioni anche difficili e non mi scandalizza affatto che si ipotizzi la chiusura o il ridimensionamento di alcune realtà, la revisione di organizzazioni o il contenimento di definiti investimenti: l'importante sarebbe non farlo alla cieca dando l'impressione di una revisione più simbolica che sostanziale.

Non è facendo chiudere l'Ocse che si opera il cambiamento: quest'ultimo non sta nella rilettura dei simboli, ma nella trasformazione della sostanza. E, mi si permetta, la sostanza oggi sarebbe per esempio non tergiversare oltre nella revisione della rete ospedaliera: altro che ticket!

La politica non può più permettersi il gioco (durato fin troppo!) della simulazione e della metafora. Troppi concittadini vivono in termini concreti la trasformazione della propria condizione per proporre cambiamenti virtuali.

Se la tentazione iconoclasta e la rottamazione in salsa locale coinvolge le realtà più preziose e uniche, magari lasciando intoccate altre che garantiscono a detta dei più informati una non meglio specificata «buona ricaduta sul territorio», è segno che forse va anteposto ulteriore pensiero alle scelte concrete.

Se Rossi vuole essere, come credo che possa essere, l'uomo che interpreta il cambiamento necessario e per certi versi urgente, dia forza e spinta alle trasformazioni sostanziali. Passando dal virtuale, al virtuoso.