Non è la prima volta e purtroppo non sarà l'ultima. Negli eleganti "think tank" della politica che pensa a un'Italia più moderna ed efficiente, si spaccia l'abolizione delle Regioni a statuto speciale come un fattore di modernità e di efficienza.La ministra delle Riforme Maria Elena Boschi ieri alla Leopolda di Firenze: "Non è il momento propizio, ma sarei favorevole alla soppressione di queste realtà".Bruno Dorigatti, 26 ottobre 2014
Quasi all'unisono, il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, al Convegno annuale della Fondazione Iniziativa Subalpina a Stresa: "In materia di Titolo V della Costituzione, si dovrebbe affrontare la questione delle regioni a statuto speciale, anche perché, come dice il film di Alain Resnais, "La guerra è finita".
Quindi la specialità associata al vecchio, addirittura all'età bellica, una sorta di residuato della storia. Il tutto con elegante citazione, per guadagnare al concetto un posto fisso nel mainstream della politica italiana e nelle coscienze dei cittadini. Senza distinzione alcuna, naturalmente, tra regioni che con la specialità hanno effettivamente sperperato fiumi di risorse pubbliche, e altre regioni che sulla specialità hanno invece costruito - mattone dopo mattone, per quasi settant'anni, onorando una tradizione millenaria di autogoverno - un modello di società capace di confrontarsi senza arrossire con le democrazie del Nord Europa.
Occorre una reazione ragionata e vigorosa a questo continuo stillicidio di attacchi rivolti anche al Trentino, perfino vicende come quelle dell'orsa Daniza dimostrano che c'è bisogno di lavorare sul piano dell'immagine esterna, per consentire agli italiani di capire che una terra di montagna come la nostra - dimostrando di sapersi amministrare da sola e senza chiedere denari allo Stato più di quanti ne versi all'erario - è uno straordinario modello da seguire per uscire dalla crisi, un fiore all'occhiello del sistema Paese. E non un privilegio da abbattere, perché muoia Sansone con tutti i filistei, perché il mal comune è già mezzo gaudio.
E' una battaglia che va condotta in modo trasversale ai partiti, e affiancata al massimo sforzo necessario della delegazione parlamentare trentina, cui chiediamo di difendere senza nessuno sconto gli accordi con lo Stato appena rinnovati, evitando il rischio di ulteriori, rovinose pressioni sul bilancio provinciale. Che altro non sono se non la guerra all'autonomia speciale condotta con altri mezzi.
Alle spalle di questo lavoro politico, devono rafforzarsi l'unità, la consapevolezza e la forza d'animo dei trentini. E' una sfida alla nostra stessa coscienza collettiva, alla nostra capacità di attingere al nostro passato e al miglior presente per garantire ancora futuro al nostro diritto-dovere di amministrarci da soli nel modo che additava Degasperi: più efficiente di quello romano, e meno costoso.
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Partito Democratico del Trentino