Cara Lorena Torresani, grazie per aver espresso il punto di vista delle donne del Patt sulla questione dei punti nascita, grazie anche per aver sottolineato, come tipico della gente del tuo partito, come sia sempre necessario farsi carico delle necessità locali. Rafforzare anche su questi temi l’alleanza tra i nostri partiti vuol dire dare radici e ricchezza alla nostra autonomia.
Lucia Fronza Crepaz, "Trentino", 19 ottobre 2014
Ritengo quindi importante che sull'argomento ci sia un confronto anche - forse soprattutto - tra noi donne, nella speranza di dar vita a un dialogo aperto. In Europa l’indice di natalità più alto appartiene da anni alla Francia, per le scelte di politica famigliare: se due coniugi decidono di avere figli vengono sostenuti, in modo proporzionale al numero, riconoscendo in questa scelta una funzione sociale cardine. Il tasso di natalità in Italia è precipitato in pochi decenni dal più alto d'Europa al più basso, in modo inversamente proporzionale alla presenza “atomizzata” di punti nascita sul territorio nazionale. Appare chiaro quindi che non è qui la chiave: “mettere al mondo dei figli” è uno degli indicatori più importanti dell'andamento di una comunità, i figli rappresentano il futuro e ci vuole coraggio e strumenti di solidarietà sociale per programmare e costruire il futuro.
I fattori decisivi per le scelte delle donne e delle famiglie sono strettamente collegati al benessere personale, della coppia e dell’intera comunità, comprendendo nel benessere non solo il fattore economico ma la salute, la coesione sociale, l’ambiente e le pari opportunità. Il Trentino Alto Adige mantiene un buon tasso di natalità - anche se in calo - e risulta il migliore d'Italia. Il buon risultato non dipende dal punto nascita vicino casa, semmai dal migliorato benessere della popolazione e dal senso di appartenenza a una comunità. La val di Fassa ha il tasso di natalità tra i più alti del Trentino e non credo questo dipenda dal punto nascita di Cavalese, ma dai fattori di benessere citati in precedenza; se così fosse il territorio di Trento e dintorni avrebbe un tasso di natalità superiore, mentre è decisamente inferiore.
E’ indubbio che la scelta di chiudere dei punti nascita provoca disagi alle mamme che non risiedono a Trento, proprio nel momento delicato ed emozionante della nascita di un figlio, che richiederebbe calore famigliare. Ma occorre ragionare mettendo al centro la persona più fragile, il nascituro (e la sua mamma). Ripeto convinta: chiudere i punti nascita non idonei non è solo questione economica, è una questione di sicurezza legata all’esperienza che si accumula solo con un dato numero di casi. Un viaggio nella struttura appropriata pur se lontana val bene la salute del nuovo arrivato. Piuttosto l’amministrazione pubblica si faccia carico del soggiorno e pernottamento dei cari per quei pochi giorni.
I temi che ci devono vedere unite come donne nel fare politica famigliare sono più giuste misure fiscali, agevolazioni abitative, conciliazione dei tempi del lavoro con i tempi della famiglia, un servizio materno infantile territoriale, perché queste sono le misure che possono consentire a due persone che si amano di pensare a una famiglia e ai figli. Perché occorre che di famiglia e bambini si continui a parlare, ma “ciapando el sac en zima”.