Questa settimana è iniziata in Aula la discussione sulle mozioni che impegnano il Governo, nel Semestre di presidenza italiana e in vista del Consiglio Europeo del 23 e 24 ottobre, a proporre nelle competenti sedi europee la necessità di una revisione del Regolamento di Dublino III. In tale dibattito sono intervenuto presentando la mozione che ho depositato come primo firmatario. Questo il testo del il mio intervento.
Michele Nicoletti, 17 ottobre 2014
Grazie Presidente.
Colleghe e colleghi, la mozione che abbiamo presentato e che oggi discutiamo nasce da un’iniziativa analoga che con la Delegazione italiana all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa abbiamo messo in atto e che parallelamente a quanto nostri colleghi cercheranno di fare in altri Parlamenti vuole richiamare ancora una volta l’attenzione dei nostri Governi sul dramma dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Si tratta ormai di centinaia di migliaia di persone che le tragedie della guerra e delle persecuzioni mettono in condizione di fuggire e di chiedere rifugio e asilo nel nostro e in molti altri Paesi europei. E si tratta delle difficoltà dei nostri Paesi di rispondere in modo adeguato a questo dramma.
Vorrei ricordare che le istituzioni parlamentari servono anche a questo: a dare voce nel cuore della sovranità popolare alle sofferenze delle persone. Per questo noi non siamo tra coloro che pensano che se il Parlamento chiudesse per sei mesi nessuno se ne accorgerebbe. Noi la pensiamo come Cavour, che era anche lui di Torino, e che usava dire che “la peggiore delle Camere è sempre da preferirsi alla migliore delle anticamere” e che non era mai così inquieto come quando la Camera era chiusa. Se la nostra Camera – con tutti i suoi difetti e le sue debolezze – non chiude mai, è perché rimane fedele a quell’idea che i cittadini devono potere avere sempre un luogo aperto dove poter far sentire la loro voce attraverso coloro che hanno eletto.
E per questo è sembrato a noi urgente e necessario tornare a richiamare l’attenzione su questo tema. Ma l’obiettivo non è evidentemente solo questo. La mozione infatti si propone di impegnare il Governo ad una incisiva azione di revisione della disciplina europea del diritto di asilo prevista dal cosiddetto Regolamento di Dublino III.
A dire il vero – Presidente – maggiore forza avrebbe il nostro Paese nel chiedere se avesse provveduto a darsi una legge organica sul diritto di asilo che come sappiamo è ben scritto dentro la nostra Costituzione ma non può poggiare ancora su una legislazione efficace e coerente.
Questa mozione vorrebbe anche richiamare il Parlamento al suo dovere di legiferare in materia. Da più parti la nostra assemblea legislativa e spesso a ragione è fatta oggetto di critiche per il suo immobilismo in materia di diritti. Noi vorremmo uscirne. Noi crediamo che spetti al Parlamento in primo luogo legiferare in materia di diritti fondamentali e che tale compito vada svolto con riguardo esclusivo alla tutela delle persone. Non è questa in primo luogo materia di governo. È nella sede del Parlamento che può trovare spazio quella discussione plurale e quella ricerca di mediazioni legislative che non è il frutto di scambio ma di bilanciamento tra i diversi diritti che ci è insegnata dalla nostra Costituzione. Non abbia dunque paura il Governo a lasciare al Parlamento tutta la sua responsabilità in materia. Noi come parlamentari sapremo esercitarla.
L’obiettivo della mozione è quella di definire un più adeguato sistema di asilo europeo superando l’attuale disciplina. È un obiettivo che in sede di Assemblea del Consiglio d’Europa ha trovato l’accordo trasversale di diverse forze politiche sia nazionali che europee e per questo ci auguriamo che attraverso questa discussione anche nel nostro Parlamento si possa giungere a forti convergenze.
Dobbiamo dire innanzitutto che questa iniziativa si basa sulla riaffermazione del valore fondamentale del riconoscimento e della tutela del diritto di asilo.
Nella discussione su questi temi – lo abbiamo sentito in aula anche la settimana scorsa – emergono ogni tanto posizioni che paiono mettere in discussione il diritto di asilo in quanto tale, che vorrebbero farci ritornare al sistema dell’”indifferenza”, al chiudere gli occhi oltre che le frontiere a quanti altrove sono perseguitati.
Dovrebbe essere superfluo ricordare che su questo punto le tradizioni laiche e religiose che sono alla base della nostra civiltà convergono unanimemente. Di fronte alla tragedia della guerra che colpisce gli inermi e crea vittime e fuggiaschi, di fronte alla tragedia dei regimi oppressivi che violentano le persone e impediscono loro di essere sè stessi, ciò che noi chiamiamo umanità, ciò che noi chiamiamo civiltà ha elaborato solo una risposta: quella del prendersi cura.
I principi del diritto internazionale cosmopolitico lo hanno sancito con chiarezza da più di duecento anni individuando proprio in questo punto – della “non indifferenza” nei confronti della violazione del diritto in qualsiasi parte del globo e dell’obbligo di riconoscere ad ogni individuo il suo status di “cittadino del mondo” e dunque il suo diritto di cercare altrove un rifugio all’eventuale oppressione – il necessario “complemento” al diritto interno degli Stati e al tradizionale diritto delle genti. Il diritto globale nasce anche e proprio sulla risposta alla sofferenza di coloro che sono privi della protezione del loro Stato di appartenenza.
Se il diritto di asilo si trova scritto nelle Dichiarazioni e nelle Carte dei diritti a livello internazionale ed europeo, se si trova codificato nella nostra e in altre Costituzioni è il frutto di una reazione al sistema della persecuzione e al sistema dell’indifferenza che ha prevalso nelle pagine nere dei regimi totalitari e della Seconda Guerra mondiale.
Persone e popoli spogliati dei loro elementari diritti di cittadinanza si sono trovati spogliati della loro umanità. Di fronte a questo i nostri ordinamenti hanno tentato di reagire.
Chi dunque pensa di tornare ai respingimenti, sbaglia. Non solo perché si pone al di fuori di queste tradizioni etiche e giuridiche che sono alla base della nostra vita collettiva, ma anche perché ignora che negli anni recenti la pratica dei respingimenti ci ha valso condanne della Corte Europea dei Diritti Umani ed è costantemente rigettata da tutte le direttive dell’Unione Europea in materia.
Mare Nostrum non è come qualcuno ha detto male nostrum, ma un’operazione che oltre ad aver salvato migliaia di vite umane, ha riabilitato l’immagine del nostro Paese che ha testimoniato di fronte a tutta l’Europa la sua volontà di rimanere fedele a sè stesso: Paese dell’umanesimo e non della disumanità.
Ciò che noi però oggi chiediamo con forza è un sistema di asilo europeo.
La dimensione del fenomeno lo richiede per rispetto a chi chiede asilo e anche ai Paesi che devono farsi carico dell’accoglienza.
Non è una stravaganza: così come il Trattato europeo sta definendo progressivamente lo status di cittadino europeo, così oggi si tratta di arrivare allo status europeo di rifugiato. Lo prevede il Trattato stesso che considera questa materia, materia comune e lo prevede con chiarezza il Programma di Stoccolma che nel suo Piano di azione deliberato nel 2010 dalla Commissione Europea afferma con chiarezza: «Nei prossimi anni occorrerà concentrarsi sul consolidamento di un’autentica politica comune di immigrazione e di asilo. L’attuale crisi economica non può intralciare le ambizioni e la determinazione dell’UE in questo campo. Al contrario, mai come ora è necessario sviluppare queste politiche in una prospettiva di lungo termine incentrata sul rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana, e rafforzare la solidarietà, in particolare tra gli Stati membri cui compete collettivamente garantire un sistema umano ed efficiente. Una volta consolidate queste politiche, i progressi compiuti dovranno essere valutati alla luce degli obiettivi ambiziosi posti dall’UE. Se necessario saranno proposte altre misure. […] Occorre osservare gli obblighi che impongono il rispetto del diritto fondamentale all’asilo, compreso il principio del non respingimento. L’istituzione del sistema europeo comune di asilo e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo devono garantire uno status uniforme, norme di protezione comuni nell’UE di livello elevato e una procedura comune di asilo, tenendo presente l’obiettivo a lungo termine del riconoscimento reciproco. La solidarietà tra Stati membri e con quanti subiscono persecuzioni nel mondo, sarà al centro della politica di asilo e di ricollocazione».
Come si vede in questo deliberato è chiaramente affermato il principio del riconoscimento reciproco che il governo italiano ha posto con forza in sede di Consiglio Europeo e che noi vogliamo riaffermare nella mozione. Non chiediamo all’Unione Europea nulla di nuovo se non l’attuazione di quanto da lei stessa deliberato.
In questo senso la revisione del Regolamento di Dublino nel 2013 è stata un’occasione perduta. Si sono introdotti elementi di elasticità ma del tutto insufficienti rispetto alle dimensione del problema. La rigidità del principio del Paese di prima accoglienza come Paese competente a valutare la domanda di asilo e a garantire protezione in via esclusiva ha posto i problemi che tutti conosciamo in ordine all’identificazione e al controllo dei richiedenti asilo. I nostri partner ci richiamano oggi, giustamente, ai doveri di identificazione dei richiedenti asilo: senza questo è difficile assistere le persone e al tempo stesso costruire un sistema basato sulla mutua fiducia. Ma per poter fare questo senza misure lesive dell’integrità fisica delle persone occorre costruire un sistema più accogliente e più flessibile.
Lo chiedono le conclusioni di due recenti Consigli Europei. Il Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno 2014 ha ribadito come sia necessario «adottare misure politiche coerenti in materia di asilo, immigrazione, frontiere ecc. […]. L’impegno dell’Unione per la protezione internazionale richiede una solida politica europea in materia di asilo fondata sulla solidarietà e la responsabilità. Il pieno recepimento e l’attuazione efficace del sistema europeo comune di asilo (CEAS) costituiscono una priorità assoluta. Ciò dovrebbe tradursi in norme comuni di livello elevato e in una maggiore cooperazione, creando condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l’Unione. Pratiche convergenti rafforzeranno la fiducia reciproca». E il Consiglio Giustizia e Affari Interni del 9 e 10 ottobre 2014 ha ribadito la necessità di un unitario sistema di asilo europeo.
Ma tutto questo non sarà possibile senza una profonda revisione del Regolamento di Dublino III, che ponga al centro il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un’ambiente più favorevole a una loro accoglienza, compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti e di provvedere efficacemente a una loro identificazione per evitare che finiscano vittime del traffico clandestino, fornendo loro un’adeguata assistenza. Per questo serve un omogeneo sistema europeo che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, anche al di fuori del territorio dei Paesi membri e in collaborazione con l’UNHCR, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro e prevenire ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona. Serve un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che superi il criterio esclusivo del Paese di prima accoglienza distribuendo la presenza dei rifugiati per quote definite sulla base degli indici demografici ed economici. Serve dunque un sistema di riconoscimento reciproco tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all’interno di un determinato Stato sia valido nell’intero territorio dell’Unione Europea. Serve infine l’istituzione di un’Agenzia europea per l’asilo e l’immigrazione al di fuori del territorio dell’Unione Europea, favorendo l’utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti.