Omofobia, Rossi cede alle minoranze

Le minoranze sono riuscite ieri nel loro obiettivo di fermare l'approvazione del disegno di legge sull'omofobia e di ottenerne il rinvio all'anno prossimo, dopo una decina di giorni di ostruzionismo. Civico: "Sia chiara una cosa: si tratta solo di un cambio di strategia e si dovrà continuare a discutere nel solco del testo di iniziativa popolare".
P. Morando, "Trentino", 1 ottobre 2014


La vittoria è facile da assegnare: impossibile infatti negare che il rinvio dell’esame del ddl sull’omofobia sia un punto a favore delle opposizioni. Non fosse altro perché sono loro stesse ad avanzare tale soluzione, collegialmente, in una conferenza stampa la mattina, «senza neppure rimandarlo in Commissione».

Bye bye dunque al disegno di legge: alle 15.54 è lo stesso presidente della giunta Ugo Rossi a chiederne la sospensione, leggendo in aula un documento sottoscritto da tutti i consiglieri della maggioranza tranne uno, Mattia Civico del Pd, primo firmatario di uno dei due disegni di legge confluiti nel testo unificato, assieme a quello di iniziativa popolare promosso da Arcigay e Arcilesbica. Dice diverse cose importanti, il documento: si citano la riforma istituzionale e la finanziaria per sottolinearne l’improrogabilità, si confida in un atteggiamento di apertura da parte dell opposizioni, magari attraverso emendamenti «che possano recepire in forma condivisa e trasversale alcune istanze espresse dalle opposizioni.

E attenzione: anche «a partire dall’articolo 1», che del ddl definisce finalità e oggetto. Risultato: Consiglio immediatamente sconvocato, ci si rivede a metà ottobre. Altro che lavori dalle 20 alle 24, altro che maratone: tuto finito, così, di colpo. Nei prossimi giorni sarà la Conferenza dei capigruppo a ricalendarizzare la questione, che a questo punto sembra destinata a slittare quanto meno a gennaio 2015. Se non più in là. Non è però questo l’ultimo atto di una giornata che, politicamente, segna molte cose. A Rossi infatti rispondono subito in aula i vari Borga, Fugatti, Viola, Bezzi, Giovanazzi, Simoni, Fasanelli: tutti per apprezzare la decisione della maggioranza (senza comunque infierire cantando vittoria), ma anche per dire chiaro e tondo che no, non c’è alcuno spazio per condividere alcunché. A meno che, quando il ddl tornerà all’esame del Consiglio, no n si tratti di un testo profondamente diverso. Cioè del tutto depotenziato rispetto all’attuale formulazione.

Il che poi altro non è che la conferma della posizione espressa già in mattinata, quando l’intero centrodestra diffonde un documento inequivocabile nel respingere il tentativo di mediazione: toni durissimi per ribadire la totale incompatibilità delle loro posizioni con quello che definiscono «imposizione di un inaccettabile modello culturale e antropologico» Tutto questo, è evidente, pone molti interrogativi circa la decisione della maggioranza. Anche se sarebbe più corretto parlare di decisione “imposta” alla maggioranza da Rossi visto il piglio con cui, poco prima del sipario in aula, il governatore convoca conduce una riunione dell’intera maggioranza per stabilire il da farsi. Riunione disertata dal solo Civico, l’unico più tardi a non firmare il documento e a votare contro la sospensione (con in più l’astensione di Filippo Degasperi del M5S e Violetta Plotegher del Pd che non partecipa al voto).

Ed è proprio Civico a prendere la parola per ultimo, a smarcarsi dal clima di «idillio» (così lo definisce) che dopo settimane di confronto durissimo sembra essere finalmente planato in aula. Bel rompiscatole, pensano probabilmente in molti. Già, perché il consigliere del Pd cita finalmente gli estremi dell’ultimo tentativo di mediazione lanciato da giorni a Borga e ai suoi: un testo cioè notevolmente più asciutto (molti meno articoli dei 17 previsti) e soprattutto, già nell’articolo 1, con precisi riferimenti alla famiglia e alla genitorialità. Civico pesa le parole: «È bene che tutti sappiano a che cosa l’opposizione ha detto no».

Non solo: Civico butta anche lì un’altra questione, delicatissima e fin qui tenuta ben coperta da lui stesso, dai capigruppo, dai militanti di Arcigay che da settimane seguono i lavori dell’aula, anche dal presidente Rossi. L’esistenza cioè di una via d’uscita concreta per venire a capo dell’ostruzionismo. Il disegno di legge è infatti “scomponibile”: vale a dire che si è già messo in conto di fare a meno di diversi articoli per portarne a casa appena 6. Il meccanismo è sottile ma straordinariamente efficace: sull’articolo 2, ad esempio, votando sì al primo emendamento che lo abroga, l’effetto è quello di far decadere anche tutte le altre modifiche richieste dalle opposizioni. E così anche per il 3, il 4, il 7, il 9 e così via, salvano solo gli marticoli 1, 5, 6, 8, 11 e 15. L’effetto complessivo sarebbe quello di passare da 1.500 ad appena 150 emendamenti. E a quel punto basterebbero un paio di settimane (certo a spron battuto e anche con sedute serali) per giungere finalmente all’approvazione. L’escamotage è lì, a portata di mano. E chissà se le minoranze se ne sono accorte. Fatto sta che alle fin, evidentemente, il governatore non se la sente di farvi ricorso.

È probabile che c’entrino considerazioni più generali sui rapporti maggioranza-opposizioni, oppure i timori di nuove barricate ostruzionistiche sulle Comunità di valle o, peggio, sulla finanziaria: l’incubo cioè di un esercizio provvisorio in tempi giù finanziariamente complicati. Sta di fatto che anche Civico deve incassare il dietrofront. Ma lo fa tenendo il punto: «Che sia chiara una cosa - dice, appena prima che Dorigatti gli toga la parola perché il tempo è terminato - non si tratta di un cambio di linea ma di un cambio di strategia: quando il disegno di legge tornerà all’esame dell’aula, si dovrà tornare a discutere nel solco del testo di iniziativa popolare». Senza cioè alcuna concessione alla trattativa, se non riproponendo le modifiche già sottoposte alle opposizioni ma ieri ancora una volta respinte. Non solo: per Civico rimane assolutamente valido il ricorso agli emendamenti “ammazza-emendamenti” per piegare l’ostruzionismo e non andare troppo in là con i tempi. Anche perché la prossima primavera si voterà per le comunali. E senz’altro c’è già chi prepara una campagna elettorale con Patt e Upt sotto l’accusa di essere ostaggio dell’Arcigay. 




Civico contrario: «No a testi nuovi», da "L'Adige", 1 ottobre 2014

Ieri Mattia Civico ha espresso in aula tutto il suo disappunto e poi ha commentato la sua contrarietà al rinvio: «Nel merito sono stato (e rimango) disponibile a tutte le mediazioni del caso e a trovare formulazioni che provino a tenere conto delle diverse sensibilità, ma ritengo non trattabile l'obiettivo generale di dare (in tempi ragionevoli) alla nostra Comunità una norma efficace nel contrasto al bullismo omofobico e nel superamento delle disuguaglianze e discriminazioni. È due anni che ascoltiamo, limiamo, emendiamo, specifichiamo. Possiamo farlo ancora a patto che si rimanga fedeli all'obiettivo originario. Più d'uno in aula ha parlato della necessità di elaborare un "testo nuovo", con nuovi presupposti. Ho chiesto (in presenza dei capigruppo di maggioranza) ed ottenuto dal Presidente la rassicurazione che non vi saranno "testi nuovi", ma che a gennaio riprenderemo il lavoro nel solco della proposta di iniziativa popolare».«Sarebbero bastati dieci giorni d'aula (anche solo la sera o solo il fine settimana) - conclude Civico - e il testo che la maggioranza ha condiviso e si è impegnata ad approvare, sarebbe approdato a un esito positivo in tempi ragionevoli. Naturalmente garantendo tutte le sospensioni del caso per discutere di finanziaria e riforma istituzionale, e dunque senza rinunciare al tanto citato senso di responsabilità».