La salute è il bene più prezioso, per i cittadini e le comunità. È dunque un tema altamente sensibile, in grado più di ogni altro di mobilitare preoccupazioni, timori e allarmi. Per questo e necessario che chi ricopre responsabilità in questo campo – siano esse di tipo professionale, amministrativo o politico – sia consapevole della delicatezza del suo ruolo e della risonanza anche emotiva che le sue parole, le sue decisioni e le sue iniziative assumono.
Alessio Manica, "Corriere del Trentino", 28 settembre 2014
Anche i responsabili dell’informazione e della comunicazione di massa dovrebbero usare la massima prudenza nell’affrontare i temi sanitari, cercando sempre di privilegiare la moderazione, la completezza, la correttezza, anche rinunciando a qualche titolo ad effetto o a qualche enfatizzazione su certi aspetti particolari.
In Trentino stiamo invece rischiando di trasformare il dibattito sul Sistema sanitario provinciale e sulle modificazioni che sono necessarie nel prossimo futuro, in un’occasione per alimentare polemiche, contrapposizioni, sospetti. In una disfida che non aiuta a promuovere un confronto sincero e pacato, in un duello che mette in discussione persino la fiducia nel fatto che nessuno mira a smantellare presidi, a ridurre servizi, a indebolire il sistema di cura attivo nella nostra provincia.
L’attenzione è tutta sulla rete ospedaliera, e il primo rischio e quello di sottovalutare quanta importanza nella difesa della salute hanno i servizi territoriali extra ospedalieri. Servizi di cui si parla poco, ma che sono invece la spina dorsale di un sistema di presa in carico reale, dei pazienti e della malattia, al pari della cura per le condizioni ambientali, per la prevenzione, per perseverare nella tensione verso un benessere psichico e relazionale: tutti aspetti di cui in questi giorni non si parla, ma che sono in realtà importanti come e più degli ospedali.
Detto questo, il tema della riorganizzazione della rete ospedaliera esiste e non è mia intenzione, o intenzione del mio Gruppo, sfuggirvi. Non si può però ragionare seriamente su nulla se prima non si toglie dal tavolo il sospetto che si vogliano chiudere un po’ alla volta interi ospedali, nel senso di strutture che prevedono anche delle unità di degenza. La geografia del Trentino, e l’esigenza stessa di un agile funzionamento delle strutture di alto livello specialistico e tecnologico, rendono necessaria la presenza degli ospedali periferici. Nessuno, questo, lo mette in discussione.
Ma partendo da questa certezza dobbiamo tutti essere aperti ad accogliere i dati di novità portati da uno sviluppo scientifico e tecnico travolgente, da costi che vanno costantemente riragionati e resi sostenibili, dall’andamento stesso dell’epidemiologia che muta le necessità della popolazione e dunque le risposte che la sanità pubblica deve fornire. Questo significa anche accentrare quello che va accentrato, e decentrare ciò che è giusto decentrare.
Le prossime settimane, i prossimi mesi dovranno necessariamente segnare una ritaratura profonda del nostro sistema della salute, dobbiamo gestirla con un profondo e trasversale senso di responsabilità collettiva che sappia cogliere la peculiarità del sistema trentino senza per questo rinunciare a quell’obiettivo basilare che è il miglioramento.
La nostra assessora, come da lei stessa più volte affermato, è una neofita della materia, ma non arriva in una terra vergine in cui tutto deve essere inventato. Negli ultimi dieci anni documenti, piani, delibere e allegati sono stati predisposti ed approvati, da Giunte e assessori diversi. Certo, anche se la direzione appare tracciata e nonostante questo sia il tempo dell’attuazione, un assessore ha il compito di costruire il consenso attorno alla rotta da percorrere, caricandosi la fatica che questo comporta. Senza promettere l’impromettibile e neppure congelando scelte dolorose, perché oggi non possiamo permettercelo, ma ascoltando e confrontandosi con tutti, comunicando e componendo le diverse esigenze che intrecciano una realtà composita e complessa come quella trentina.
Se questo forse non è stato fatto abbastanza, è importante porvi rimedio. Consapevoli però tutti che un dialogo si fa almeno in due, e che tutti devono essere disposti a parlare ed ascoltarsi sulla realtà delle cose. Senza reagire con l’imperio del “comunque decido io”, ma anche senza cercare di raccogliere facili consensi cavalcando timori, preoccupazioni, e allarmi. Ciò vale per i tecnici come per i politici: in mezzo ci sono i cittadini.