E ora innovazione per il dopo Whirlpool

La chiusura della Whirlpool a Trento ha assunto un significato dal forte valore simbolico: quello stabilimento rappresenta infatti uno dei luoghi più significativi di una lunga stagione industriale in Trentino, che ha attraversato nei decenni i momenti di crescita e quelli meno felici delle crisi. Migliaia di trentine e trentini hanno lavorato in quei capannoni.
Bruno Dorigatti, "L'Adige", 23 settembre 2014


Vi hanno lavorato operai e impiegati a tempo pieno, ma anche i cosiddetti «metalmezzadri» o i giovani stagionali: insomma, a Spini di Gardolo, dietro i cancelli di quella fabbrica, si sono scritte pagine importanti dello sviluppo economico e sociale della nostra provincia.

Non solo simboli e racconti del passato, però: centinaia di lavoratrici e lavoratori hanno perso il posto di lavoro, e lo sforzo di tutti deve essere teso alla loro riqualificazione e al loro reinserimento occupazionale, nessuno escluso, usando al meglio le risorse e le competenze che la Provincia ha a disposizione. Le recenti notizie in merito all'insediamento di un'importante attività nel settore dell'auto motive fanno intravedere una luce in fondo al tunnel: sono certo, in questo senso, che ognuno lavorerà con grande responsabilità per sfruttare al meglio ogni occasione.

Ma quei cancelli, ora chiusi, possono raccontarci ancora molto: ci parlano delle difficoltà che sta attraversando il sistema industriale trentino, delle pressioni che esso subisce nei flussi turbolenti della competizione globale; ci ricordano che il settore manifatturiero, un tempo formidabile volano della crescita economica, oggi vive una fase contraddittoria, segnata da luci e ombre.

La luce che illumina l'economia si chiama innovazione: parola magica e abusata, tanto da suonare retorica, ma che - quando si concretizza nel vivo della produzione - perde questa sua virtualità e diventa crescita, occupazione solida e salari migliori.

La Provincia ha avuto un merito: ha capito che gli elementi centrali della crescita, nel nuovo contesto globale, sono proprio l'innovazione e il rafforzamento del capitale umano. Lo ha capito per tempo e ha deciso di investire risorse importanti nei saperi, nella ricerca, nell'infrastrutturazione tecnologica. Si è fatta «imprenditrice» e «innovatrice», e ha fatto bene: anche grazie a quella scelta il nostro territorio ha arginato la crisi che dal 2009 non dà tregua all'economia.

Quella «visione» non è da riporre nel cassetto: nonostante le difficoltà, non possiamo abbandonare quelle azioni strategiche che miravano a fare del Trentino un territorio attrattivo per imprese e investimenti nell'economia dell'innovazione. Rinunciarvi significherebbe perdere un treno che, con le velocità imposte dalla globalizzazione e dallo sviluppo tecnologico, passa una volta sola.

Non significa ovviamente che non si debba correggere il tiro e adeguare continuamente la strategia. Come ha acutamente scritto, tra gli altri, il professor Zaninotto, dobbiamo fare i conti con alcune debolezze strutturali del nostro sistema: innanzitutto, il dualismo tra imprese che - investendo in innovazione, organizzazione e internazionalizzazione - guadagnano in competitività, e altre che ne perdono costantemente a causa dell'arretratezza tecnologica e gestionale; altre legate alla dimensione territoriale e all'assenza di un'area metropolitana di riferimento.

«Nanismo aziendale» e «nanismo territoriale» si intrecciano dunque in modo problematico. E se sul primo sarà sempre più necessario che il sistema imprenditoriale si metta in gioco e rinunci ad ogni rendita di posizione, sul secondo la politica può fare il primo passo, cominciando - ad esempio - a pensare al contesto «euroregionale» non solo in termini istituzionali, ma anche economici e sociali: abbiamo infatti bisogno di un ambito economico più ampio della sola provincia, ma al contempo riconoscibile e «governabile», grazie alla già matura esperienza di rapporti con Innsbruck e a una sinergia con Bolzano tutta da rafforzare.

Ma anche la prospettiva euroregionale potrebbe non bastare: va comunque trovato un riferimento economico strategico in qualche ambito metropolitano, e questa è una scelta di natura politica, così come politiche sono le decisioni che deriveranno da questa scelta. Pensiamo solo alla questione delle infrastrutture: non sono questioni meramente tecniche, ma sottendono il modello e le traiettorie dello sviluppo che vogliamo immaginare per il Trentino nel futuro.

Il Trentino è un territorio piccolo, ma piccolo non significa necessariamente marginale: e se alcuni fattori negativi sono difficili da modificare, dobbiamo cercare di rafforzare quelli che hanno rappresentato fino ad ora un punto di forza. Prima di tutto, la coesione sociale: è grazie a questa se, anche nei momenti più difficili e di fronte alle più gravi crisi dell'economia, il Trentino ha saputo uscirne in modo positivo e creativo.

Chi tenta soluzioni diverse, unilaterali e conflittuali, in questo momento sta percorrendo una strada pericolosa, che può portare la nostra provincia fuori dalle mappe mondiali dello sviluppo e del benessere.