Folgaria, un nuovo caso "La Vis"?

La risposta alla mia interrogazione sulla società di gestione impianti a fune Carosello Sky Folgaria fornisce numeri impressionanti: 26 milioni di debito a fronte di 4 milioni di fatturato, al 30 giugno 2013. I dati forniti sono impietosi, e se considerassimo anche le varie società satellite la situazione oggi sarebbe ancora più grave. Proviamo a partire da Folgaria per parlare del Trentino.
Luca Zeni, "Trentino", 22 settembre 2014



Recentemente è divenuto patrimonio comune di tutti i partiti politici quanto diciamo da tempo, ossia la necessità di investimenti pubblici qualificati e sostenibili; il “caso Folgaria” consentirà di verificare se le azioni saranno coerenti con i principi proclamati o se si interverrà con sostegni che pubblicizzano le perdite usando i soldi dei cittadini. Naturalmente chiedo alla giunta provinciale di agire nel primo senso!
Infatti questa volta sarà importante non eludere ma affrontare il problema, per evitare parallelismi con l’ormai noto “caso” della Cantina di La Vis. Il “caso Folgaria”, scorrendo i numeri, pare emblematico di alcuni limiti che in molti casi hanno caratterizzato investimenti “pubblici” in Trentino, ed il cui comun denominatore è l’incapacità di programmare e pianificare gli investimenti. Folgaria ha avuto una crescita importante, in termini di alberghi, piste, impianti. Fino ad un certo punto le cose sono andate bene, nel senso che impianti e alberghi avevano una loro dimensione “ottimale” e coerente. Poi, come succede spesso quando si fanno le cose con una alta percentuale di fondi pubblici, ci si è fatti prendere la mano, compiendo investimenti (ingenti) per ampliare piste (che a Folgaria devono sempre essere innevate e quindi costose, vista la quota), per costruire impianti e collegamenti anche arditi (ricordiamo le proteste e le contestazioni ambientaliste per Passo Coe), senza che sia aumentato il numero degli sciatori: il bacino è limitato e quindi i conti sono saltati.

I costi fissi sono mostruosamente alti dati il fatturato, ma il fatturato difficilmente può crescere più di tanto, perché quello è il bacino di utenza, il numero di sciatori. Certo, ci può essere l’anno sfortunato, come l’ultimo, dove quasi tutti i week end nevica o piove, ma anche cambiando di uno o due milioni le entrate (che sono il 50% in più!), con quell’indebitamento, cambia davvero poco.

Cosa fare ora? Di certo la cosa che sicuramente non va fatta è provvedere a riversare ulteriori risorse pubbliche per “tirare avanti” (fornire un po’ di ossigeno e di liquidità, direbbe il gergo politichese), magari acquistando qualche pezzettino degli impianti o acquistando quote attraverso Trentino Sviluppo. In questa situazione pare difficile anche proporre un percorso in astratto auspicabile, ossia la fusione con altre società piccole, perché il debito così alto farebbe trascinare tutti verso il fallimento. I debiti alla fine o si pagano (e chi mette i soldi, magari con un aumento di capitale sociale? Gli albergatori? Spero non la Provincia!) o si ristrutturano.
In questo caso l’unica soluzione seria e credibile pare essere avviare il processo di concordato, in modo che non si pubblicizzino le perdite e invece qualcuno si assuma delle responsabilità, pur consapevoli che l’esposizione con la Cassa Rurale di Folgaria, già commissariata, non facilita il percorso. Soltanto percorrendo questa strada si può giustificare un piano di rilancio che preveda una partecipazione di risorse pubbliche, a sostegno di una zona la cui economia dipende in larga misura dal turismo, e non può essere abbandonata.
Questa è l’ennesima lezione che quando si fanno gli investimenti non basta la buona fede, e soprattutto quando ci sono contributi pubblici, non si possono dimenticare i costi di gestione e la sostenibilità economica, o il conto lo paga chi viene dopo.