Romano Prodi è di casa in Trentino fin da quando - come lui stesso ha ricordato ieri - cinquant'anni fa lavorava come «ragazzo di bottega» di Bruno Kessler per il Piano urbanistico provinciale, anni nei quali «la miseria che c'era nelle valli era impressionante a dimostrazione che l'autonomia ha avuto una importanza enorme per questa terra e ha funzionato bene».L. Patruno, "L'Adige", 6 settembre 2014
E dunque ieri mattina era sinceramente «commosso e grato» nel ricevere proprio a Trento - dopo Kohl, Ciampi, Simone Veil, Havel e Gonzales - il premio internazionale intitolato ad Alcide De Gasperi, che ha definito: «Il più grande statista dell'Italia del dopoguerra».Prima della cerimonia di premiazione in sala Depero, accessibile quasi esclusivamente alle autorità, visto che i posti erano riservati a politici e big ad esclusione delle ultime file in fondo, l'ex premier ed ex presidente della Commissione europea, nonché padre fondatore dell'Ulivo e del Pd, ha avuto un colloquio con il presidente della Provincia, Ugo Rossi, nel suo ufficio e poi ha risposto ad alcune domande sull'autonomia e l'Europa. «Ci sono autonomie speciali e autonomie speciali - ha esordito - dove siamo oggi, in Trentino, credo che l'autonomia sia stata di un'importanza enorme. Finché ho lavorato nel governo - ha detto Prodi - avevo in mente di conciliare i problemi di bilancio dello Stato con le autonomie, ad esempio aumentando le competenze, come quelle sulle strade, nel vostro caso, e ho fatto bene. Ci sono altri casi, diversi dal Trentino in cui vedo invece che l'autonomia regionale non è appropriata. Se poi parliamo di campagne turistiche, ad esempio in Asia, certo bisogna dire che il Trentino o il Molise non possono andare da soli».Ma Prodi ha parlato dell'importanza di modelli di autonomia e decentramento anche in relazione alla grave situazione ucraina. «L'Ucraina - ha sostenuto - non può essere né russa né europea. O ci convinciamo che è un ponte o va a finire male. Si fa di tutto per dividere il Paese e destabilizzarlo. Qui non si pone un problema di allargamento dell'Unione europea, serve un aiuto combinato e la costruzione di autonomie e decentramenti a garanzia delle minoranze».Poi, nella sua lectio magistralis , Romano Prodi ha sottolineato l'importanza e le qualità rare dello statista democristiano Alcide De Gasperi.«De Gasperi - ha esordito - fu all'inizio della sua vita politica un trentino italiano e poi un italiano trentino. Il passaggio non è di poco conto perché egli ha trasformato un'identità di lingua, di fede e di appartenenza in scelte politiche consapevoli, al servizio di un disegno italiano ed europeo».E come lezione a una Provincia e alla sua classe dirigente che rischia di guardarsi troppo l'ombelico ha ammonito: «De Gasperi ha sempre considerato i confini in una prospettiva che guardava ben oltre la Provincia. Questa è la radice autentica della sua e della vostra autonomia: essere liberi da ogni nazionalismo ma anche da ogni provincialismo, così da darsi la missione di considerare i confini non più come una frontiera ma come occasione di una crescente cooperazione».Prodi ha concluso con il dilemma se ci siano oggi «eredi di De Gasperi». E ha detto: «La risposta non va cercata in un singolo individuo ma nella forza delle idee a cui vanno aggiunte le capacità che qualificano uno statista: dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e competente della realtà; avere il senso supremo della responsabilità al di là della propria convenienza di parte politica o della prospettiva personale. L'eredità di De Gasperi va infatti ben al di là dell'uso politico della storia e sta nella ostinata ricerca di soluzioni, sempre dedicate ad allontanare i miti populisti, che sempre corrompono le fondamenta della nostra società. Per questo motivo la figura di De Gasperi si ingigantisce nel tempo».LEGGI ANCHE:
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