Dopo la presa di posizione dell'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, si complica l'iter di approvazione del disegno di legge contro l'omofobia, sul quale la maggioranza di centrosinistra autonomista sembrava aver trovato la quadra. Il richiamo vescovile ha avuto presa soprattutto sul Partito autonomista, che era già in difficoltà con la sua base, e che ora vuole cogliere la palla al balzo per chiedere un rinvio all'anno prossimo della discussione della legge, che era già concordato che andasse in aula il 16 settembre, per allontanare la «patata bollente» che sta spaccando il gruppo consiliare prima ancora che la coalizione.L. Patruno, "L'Adige", 7 settembre 2014
Il Partito democratico è invece determinato ad andare avanti, concordando modifiche al testo, con emendamenti che il Patt e altri vorranno proporre. L'Upt ha una posizione intermedia: è d'accordo che si arrivi a un'approvazione eliminando però quelle che ritiene essere delle ambiguità e per questo ha preparato degli emendamenti.Domani, dopo che il gruppo del Patt si sarà riunito per cercare di assumere una posizione definitiva, il capogruppo Lorenzo Baratter si incontrerà con gli altri capigruppo di maggioranza e con i firmatari del disegno di legge di iniziativa popolare per verificare gli spazi per modificare il testo. Ma anche se trovasse la strada spianata, ovvero venissero condivisi tutti gli emendamenti, comunque gli autonomisti vogliono evitare che a metà settembre - causa l'ostruzionismo annunciato dalle minoranze - il consiglio provinciale rimanga a discutere per giorni di questa legge.«Io - mette subito le mani avanti Lorenzo Baratter - ho firmato il disegno di legge contro l'omofobia non perché lo condividessi ma perché mi è stata chiesta una firma tecnica dal Pd per portarlo avanti. Dentro ci sono infatti delle cose che non condivido: vorrei infatti che fosse chiarito che le associazioni gay né le altre possano entrare nelle scuole, così come va cambiato l'articolo sulle discriminazioni sul lavoro. In ogni caso, per il Patt l'intervento del vescovo ha un valore oltre al fatto che nel nostro partito c'è più un giudizio negativo che positivo su questa legge. Per questo - conclude Baratter - invito tutti a fermarci. Il 16 settembre possiamo aprire la discussione in aula, così evitiamo il referendum, e poi rinviamo tutto a febbraio-marzo dell'anno prossimo, dopo l'approvazione della legge finanziaria. Fissiamo subito la data. Ma bloccarci ora per una settimana su questa legge con i tanti altri gravi problemi che ci sono è un suicidio».Ma Alessio Manica, capogruppo provinciale del Pd, risponde subito no: «L'origine di questo disegno di legge è popolare, sono state raccolte 7 mila firme, poi il Pd ha presentato una sua proposta e dopo lunga gestazione a luglio si è trovata una condivisione in maggioranza. Poi è successo il patatrac quando ha parlato il vescovo. Io penso che si possono discutere emendamenti, trovare un accordo, ma la legge va portata in consiglio il 16 settembre e approvata. Non dobbiamo fasciarci la testa per l'ostruzionismo prima di averlo visto. Se non approvassimo questa legge sarebbe un dramma perché il Trentino dopo aver fatto parlare di sé per i vitalizi e per essere la provincia che vuole uccidere l'orsa si farà conoscere in tutta Italia come terra omofoba».Il consigliere provinciale del Pd, Luca Zeni aggiunge: «Il dibattito ha assunto una piega strumentale, nel disegno di legge non si parla di famiglia o adozioni, ma di discriminazioni. Siamo d'accordo o no che una persona possa scegliersi chi vuole che lo assista quando sta male ed è ricoverato in ospedale? Il vescovo è legittimato come tutti i soggetti interessati a intervenire, ma poi la politica deve essere capace di scegliere. Come diceva De Gasperi: "ascolto ma dissento"».Il capogruppo provinciale dell'Upt, Gianpiero Passamani, dice: «Noi siamo d'accordo di andare in aula il 16 settembre e approvare la legge, purché sia modificata in alcuni punti che riguardano le azioni di sensibilizzazione contro l'omofobia nella scuola e gli interventi per favorire l'inserimento lavorativo, che non condividiamo».
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