Aicha Mesrar consigliera comunale del PD, prima donna araba con il velo e di religione musulmana a diventare consigliera comunale nella nostra città, ha scelto di andarsene da Rovereto a seguito delle minacce ricevute. La sua decisione è stata molto sofferta, alla fine di un lungo percorso di riflessione personale e non può che essere rispettata.Fabiano Lorandi, 5 settembre 2014
La prima volta che ha ricevuto la lettera minatoria, lei è corsa a casa mia per chiedermi aiuto e così ha fatto nelle altre occasioni.A me era sembrato di essere riuscito a darglielo. Evidentemente non abbastanza.Come amico di Aicha da molti anni, ben prima che tutti e due ci dedicassimo alla politica attiva, mi sento responsabile di non aver saputo leggere e interpretare il suo disagio e le sue difficoltà e di non essere stato in grado di farla sentire meno sola.E di questo le chiedo scusa.Spiace che una persona di valore come lei - che ha investito grandi energie, intelligenza, saperi, tempo generosamente per promuovere e favorire l'incontro tra culture e mondi diversi, contribuendo a far sì che la nostra e sua città diventasse sempre più una comunità accogliente - se ne vada.Quando le ho chiesto di candidare per il nostro partito nel 2010 ci ha pensato molto e poi mi ha detto "lo faccio perché così forse avrò l’occasione di fare qualcosa per i nostri figli” riferendosi ai figli degli stranieri e a quelli degli italiani. Ha aggiunto "ti devi prendere l'impegno come segretario del PD che porrai al centro dell'azione politica anche la questione multiculturale e l'attenzione alle seconde generazioni".Mi devo interrogare come segretario del PD, ci dobbiamo interrogare, non tanto sulla sicurezza di Rovereto -che non ha problemi di rilevanza - ma sul grado di accettazione diffuso nel tessuto sociale delle diversità culturali.Abbiamo fatto e stiamo facendo abbastanza come partito in questa direzione? Che cos'altro si potrebbe fare ancora di più e meglio?Dal punto di vista politico, credo che questa vicenda dovrebbe farci riflettere sui processi di accoglienza e di inclusione di coloro che vengono da altri Paesi alla ricerca di lavoro e di una vita migliore.Nella crisi economica sono le fasce più deboli della popolazione che ne risentono maggiormente e purtroppo quella di Aicha non è la sola famiglia di origine straniera che abbandona Rovereto e l’Italia negli ultimi mesi.Nella nostra città le diverse culture si vivono semplicemente accanto, separate e legate alle proprie radici in via esclusiva, come se fossero impermeabili una all'altra, oppure la democrazia e la convivenza nella nostra città dimostrano la capacità di far crescere e contaminare, di seminare e di raccogliere valori comuni?Penso sia vera la seconda delle due opzioni.Aicha stava lavorando per presentare una mozione perché il sindaco desse la cittadinanza onoraria ai figli nati in Italia dei cittadini stranieri presenti a Rovereto, come è già avvenuto in centinaia di città italiane tra cui anche quella di Treviso dell’ex sindaco sceriffo Gentilini.Ne proporrò il testo al mio gruppo consiliare e chiederò a tutti i consiglieri del PD di sottoscriverlo.Mi pare un atto dovuto anche ad Aicha, oltre che a quell'oltre 20% della popolazione giovanile dai 0 ai 18 anni che sono una risorsa multicolorata per tutti noi.Ad Aicha, ai suoi figli, a suo marito auguro tutto il bene possibile.Rovereto rimarrà sempre casa sua, se e quando verrà la accoglieremo con grande affetto.Il SegretarioFabiano LorandiLEGGI ANCHE:
- "Rovereto non è una città razzista", M. Pfaender, "L'Adige", 5 settembre 2014Solidarietà per le minacce ricevute e auguri per la nuova vita a Parigi. Ma circa il presunto razzismo della Città della Quercia, pochissime aperture. Anzi. Per la maggior parte dei trentini e dei roveretani sentirsi dare degli xenofobi è inaccettabile. Non poteva passare sotto silenzio l'addio a Rovereto dell'esponente Pd Aicha Mesrar, che ha dato le dimissioni dal Consiglio Comunale a causa, ha dichiarato all'Adige, delle troppe «minacce ricevute». Minacce di matrice razzista ed islamofobica arrivate, nel corso degli ultimi due anni, attraverso una decina scarsa di lettere anonime. Lettere violente, volgari e particolareggiate, soprattutto nei riferimenti alla famiglia dell'ex consigliere con delega per «la promozione di "Rovereto città aperta al mondo"». Tanto da indurre le forze dell'ordine ad organizzare servizi di protezione ad hoc alla cittadina italiana di origine marocchina. Una condizione, quella di persona «sotto scorta», che, ha dichiarato all'Adige, è «inaccettabile». «Non puoi vivere sotto scorta per sempre. Soprattutto a Rovereto».Il presidente della Provincia Ugo Rossi ha chiamato ieri Mesrar, che ricopriva anche i ruoli di mediatrice culturale per il Cinformi. «Ho espresso il mio rammarico - spiega Rossi - per il fatto che qualcuno si è comportato male nei suoi confronti e ho detto alla consigliera che il Trentino non è questo, prima di tutto nella cultura delle persone, ma anche nell'operato delle istituzioni». «Se Aicha Mesrar ha dichiarato il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti, - straordinario esempio di impegno civile nella direzione della convivenza pacifica tra le culture, a Rovereto e nel nostro Trentino, decide di abbandonare i propri incarichi e trasferirsi all'estero, allora dobbiamo preoccuparci tutti. Se deve cedere alle intimidazioni una donna residente da 23 anni in provincia, da molti anni punto di riferimento della comunità islamica, significa che il Trentino non ha ancora sconfitto i pericolosi germi dell'intolleranza». «Dispiace l'addio di Mesrar - ha commentato il sindaco di Rovereto Andrea Miorandi, peraltro destinatario congiunto delle lettere anonime - perché ha dato tanto alla città. Ma ha anche ricevuto tanto. Non voglio commentare la sua scelta personale, alla quale si preparava da tempo. Ma devo sottolineare che Rovereto è una città sicura ed accogliente, che sa creare opportunità di convivenza. La percentuale di stranieri residenti lo dimostra. Certo la politica è sempre un po' in ritardo nell'interpretare i velocissimi cambiamenti sociali, e la nostra attenzione al tema dell'integrazione come amminstratori non deve mai venire meno». L'assessore all'Urbanistica e segretario provinciale del Pd Giulia Robol non dà «alcun giudizio sulla scelta personale» ma sottolinea che «non si può certo dire che Rovereto è razzista. Da Roveretana, non mi riconosco nell'immagine che dà della città. Come amministratore tocco con mano che qui la diffidenza verso gli stranieri è molto bassa, e come madre di due figli piccoli vedo che nelle scuole si stanno gettando le basi concrete di una convivenza matura e piena». Il capogruppo del Patt in Provincia Lorenzo Baratter sottolinea che «certamente si condannino le presunte intimidazioni subite, tuttavia ricordo a Dorigatti e a tutti quelli che lanciano allarmi e proclami che la nostra terra è tutto tranne che intollerante. Non confondiamo il singolo caso, seppur grave, con la situazione generale che è sotto gli occhi di tutti. Se esiste una terra che ha dato tutto quello che poteva a una miriade di soggetti (compresi numerosissimi extracomunitari) è proprio in Trentino». «Troviamo alquanto fuori luogo - è il consigliere Provinciale leghista Maurizio Fugatti a parlare - la presa di posizione del presidente Dorigatti che descrive il Trentino come non solidale e intollerante. Non è questa l'immagine che hanno i tanti trentini che oggi si sentono discriminati nell'erogazione dei sussidi pubblici rispetto agli stranieri. Non conosciamo le motivazioni reali per cui Mesrar lascia il Trentino. Certo non sentiremo la mancanza di stranieri come lei, venuti nella nostra Provincia da ospiti, che hanno usufruito del sistema sociale e solidale e che poi se ne vanno sparando alla schiena dei trentini in modo ingrato». Infine, da uno storico «antagonista» politico, l'«onore delle armi» a Mesrar. Per Piergiorgio Plotegher, che bolla l'autore delle lettere anonime con un «verme disgustoso», Mesrar aveva «la virtù, rara in mezzo alle ipocrisie dei nostri cattolici, di metterci la faccia e difendere a testa alta le proprie convinzioni. Sull'idea dell'immigrazione, soprattutto di stampo islamico, avevamo e abbiamo idee molto differenti. Ma mi riconosco nella sua determinazione a difendere le proprie culture e tradizioni».
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