«Fase difficile, ma è un governo amico»

TRENTO «È una trattativa finanziaria difficile, ma questo è un governo amico delle autonomie, è il nostro primo alleato in un contesto complicato». Giorgio Tonini, senatore Pd e renziano doc, lo dice nelle ore in cui sui rapporti Trento-Bolzano-Roma è calato il gelo. Senatore, davvero le sembra un governo amico e alleato dopo la proposta di giovedì? Rossi e Kompatscher l’hanno definita irricevibile.
"Trentino", 3 agosto 2014


Guardi, siamo all’inizio di un percorso e questa partita si deciderà da qui a dicembre, quando verrà approvata la legge di stabilità per il 2015. E sarà una manovra molto difficile, il vero esame di maturità per Renzi e il suo governo dopo la riforma del Senato. I problemi vengono da una finanza pubblica in perenne emergenza, ma oggi non è ancora il caso di suonare le campane in modo allarmistico.
Pensa che le reazioni di queste ore, dei governatori e di altri parlamentari, siano esagerate? Tra i suoi colleghi c’è chi ha minacciato di togliere la fiducia al governo. Io la penso come Dellai, meglio evitare di alzare troppo i toni. È normale che la Provincia faccia sentire la sua voce, è giusto difendere le nostre prerogative e dire che questa partita finanziaria va sistemata. Non si può pensare di andare avanti come negli ultimi anni, con tutti i governi che ad ogni manovra prendono soldi alle autonomie e le autonomie che presentano ricorsi alla Corte Costituzionale.
Ma non accreditiamo l’idea che questo sia un governo nemico. Come si risolve questo contenzioso? Trento e Bolzano la loro proposta l’hanno avanzata più di due anni fa. Ma il governo ha bocciato il criterio del residuo fiscale.
Bisogna trovare una soluzione tecnica che sia politicamente percorribile, e quando dico politicamente percorribile intendo che lo sia per tutto il sistema delle autonomie, non solo le speciali.
Si sono tutti fidati troppo di Renzi e del suo entusiasmo sulla ripresa economica? Il punto non è essersi fidati troppo di Renzi. C’erano delle aspettative generali, non solo italiane, più ottimistiche. Il Def (documento di programmazione economica e finanziaria) del governo Letta stimava nel 2014 una crescita dell’1,1%, il governo Renzi l’ha rivista allo 0,8% e oggi siamo più in basso. L’Italia paga il 10% degli interessi sul debito, 80-90 milioni su 800 miliardi all’anno, una condizione tollerabile se l’economia cresce ma insostenibile se è ferma. Riusciremo ad evitare manovre aggiuntive per il 2014 ma un anno così fiacco getta la sua ombra sul 2015. La prossima legge di stabilità sarà molto difficile.
E in tutto ciò, Trento e Bolzano cosa devono aspettarsi? Noi siamo dentro questo scenario. Sarà una trattativa complicata ma dobbiamo sapere che il governo Renzi è un nostro alleato. Sta difendendo le autonomie, a volte con difficoltà. Se si lasciasse il parlamento al suo istinto, oggi sarebbe molto più antifederalista e antiautonomista. Questo governo oggi è un elemento a nostra difesa, basta vedere chi ha scelto come presidente della Commissione dei 12 (Dellai), come sottosegretario agli affari regionali (Bressa), come referente per la trattativa con le speciali (Delrio).
Definirebbe «federalista» la riforma del Titolo V del governo Renzi? La riforma non è affatto centralista. Sta dando alle Regioni più potere, per certi versi è temeraria: avremo in parlamento i presidenti di Regione e consiglieri regionali con poteri vincolanti sulle leggi costituzionali o paracostituzionali. Chi guarda solo agli elenchi delle competenze ha una visione distorta. Il federalismo si gioca sul potere delle Regioni in parlamento, che sarà enorme. E per la nostra autonomia significherà che nessun governo potrà cambiare lo Statuto se non passando per il Senato.
Passerà questa riforma, nonostante lo scontro frontale di queste ore in parlamento? Per ridurre il peso fiscale sul lavoro bisogna avere la forza di aggredire la spesa e ristrutturare il sistema, che significa spesso accorpare, per esempio i sei corpi di polizia che sono un’assurdità italiana. La riforma del Senato è cruciale per aggredire i rami alti: passare da 945 a 630 parlamentari, abolire le Province, accorpare i Comuni e qualche Regione piccola. (ch.be.)