Ricerca e ateneo, cosa cambiare

Ritengo opportuno fare alcune riflessioni sul tema del riassetto del sistema trentino della ricerca. Si è aperto negli scorsi giorni un dibattito circa i destini del sistema della ricerca in Trentino. Credo sia importante interrogarsi pubblicamente su questo tema, visto che si tratta di un settore molto importante sia per il peso che esso ha assunto nel nostro territorio sia perché è dalla ricerca e dall’innovazione che in ultima istanza dipendono le possibilità di sviluppo economico e sociale.
Giulia Robol, "L'Adige", 21 luglio 2014

Il Trentino ha imboccato da anni la strada dell’innovazione, destinando a questa finalità risorse significative. Abbandonare questa strada sarebbe miope. Va però detto che l’Italia è impegnata in un grande processo di risanamento fiscale e che anche il Trentino si sta facendo carico di questo sforzo. Le priorità sono quelle del risparmio di risorse pubbliche, ma anche del rilancio della crescita economica. Ogni soggetto deve fare la sua parte per ridurre gli sprechi e le duplicazioni, per abbattere in questo modo il debito pubblico e per liberare risorse per diminuire il carico fiscale a favore delle piccole imprese e dei soggetti più deboli.

La razionalizzazione della spesa pubblica deve quindi riguardare soprattutto i capitoli improduttivi presenti in tutti i comparti. Anche nella spesa pubblica destinata alla ricerca e all’innovazione si annidano inefficienze, sprechi, duplicazioni che vanno eliminati, mentre vanno preservati e sostenuti gli investimenti in ricerca che più possono rappresentare un volano della competitività e della crescita economica. Al sistema della ricerca è assegnato un grande compito che non è solo quello di accrescere la conoscenza umana, ma anche quello di formare giovani in gradodi cogliere le sfide del mondo, di fornire loro sia conoscenze tecniche sia una coscienza sociale, una identità culturale forte affinché le competenze tecniche siano sfruttate per migliorare le condizioni di vita del territorio.


Bruno Kessler aveva chiara la necessità di formare ricercatori consapevoli di vivere a Trento e anche per questo volle che nel sistema della ricerca fossero presentianche le scienze sociali e non solo lescienze esatte; questa deve essere la scommessa per formare le forze del Trentino di domani. Nessuno è oggi in grado di sapere in anticipo quali potranno essere tra dieci o venti anni le specializzazioni che più serviranno al Trentino, all’Italia e all’Europa. Ma allora è importante avere una varietà di impostazioni, una molteplicità di culture e di metodi. Sappiamo che la multidisciplinarietà è una delle risorse che sempre più verranno apprezzate dal mercato e dai sistemi economici, vista la complessità del mondo presente e futuro. Un buon investimento in ricerca deve servire alle imprese, deve servire per creare nuovi posti di lavoro, ma è importante non avere solo una visione puramente «funzionale» della ricerca.

Il progresso della conoscenza serve alla democrazia e al tessuto sociale. È importante che nel processo di selezione dei progetti da sostenere, la politica sappia ascoltare più pareri, sappia ascoltare la parte tecnica, sappia soprattutto dotarsi di sistemi di valutazione rigorosi: obiettivi definiti, tempi di valutazione, conseguenze della valutazione. La politica deve poi saper scegliere, saper dare la direzione, costruendo una visione di lungo periodo e la direzione non può che essere, in un territorio come il nostro, la promozione di un sistema di conoscenza evoluto che si serva della tecnica e dell’innovazione per creare modello di sviluppo, per promuovere nuove forme di lavoro, per garantire coesione e tenuta del tessuto sociale. Individuato il campo d’azione, glio biettivi stabiliti, la funzione della politica deve diventare quella di arbitro e non di giocatore, lasciando alla creatività dei territori e dei soggetti in campo l’azione.

È questo il momento pertanto di ridefinire le regole del gioco, di rendere chiari gli incentivi e i disincentivi, di premiare e credere in una visione di sviluppo diversa, di promuovere e sostenere, lasciando però poi alla tecnica e alla ricerca il compito di giocare la partita. Sappiamo che a volte la politica ha commesso l’errore di voler giocare in prima persona anche la partita della ricerca entrando nel merito dei progetti. La politica con la P maiuscola invece deve saper sfuggire alla tentazione di fare ciò, valutando invece in modo rigoroso e selettivo il raggiungimento degli obiettivi posti rispetto al fine ultimo di valorizzazione di un modello sociale sempre teso al miglioramento della qualità del vivere quotidiano. Può essere utile forse creare un comitato strategico per la ricerca trentina, che abbia un ruolo di indirizzo e di valutazione rigorosa e super partes. Dobbiamo evitare però di creare un luogo della compensazione, un comitato in cui tutti siano rappresentati e che rischierebbe di essere il luogo della spartizione al ribasso. Non ci sono più le risorse per dare un po’ a tutti.

Dobbiamo saper fare delle scelte e valutarne i risultati. La politica deve quindi saper fare questosalto di qualità. Ma anche le istituzioni della ricerca devono assumersi la responsabilità di cambiare atteggiamento. Non esistono istituzioni inviolabili. Siamo nel mezzo della più grave crisi del dopoguerra ed ogni soggetto sociale deve rispondere del modo in cui usa le risorse che gli vengono assegnate. Non possiamo più accettare che ci siano istituzioni autoreferenziali. L’università, al pari di tanti altri organismi, deve sottoporsi al vagliodella comunità, dei cittadini, delle famiglie, degli studenti, delle imprese. Una buona università deve fornire al sistema ricerca buoni laureati, stimoli e spunti per soluzioni innovative. Le fondazioni preposte alla ricerca, allo stesso modo, devono saper dialogare con il territorio, devono abbandonare gelosie e chiusure, devono mettere a fattor comune la loro capacità di fornire nuova conoscenza a tutto il sistema economico e sociale.