Cambiamo così le Comunità

 Mi permetto di intervenire nel dibattito sulla riforma istituzionale da componente del gruppo di lavoro istituito sul tema dal Partito Democratico. Lo faccio perché mi sembra che la discussione, in generale, si stia polarizzando su posizioni che hanno poco a che fare con la realtà, che ha dimostrato alcune cose.
A. Pedenzini, "L'Adige", 8 luglio 2014

Primo: l'esperienza delle Comunità di valle non è stata positiva, e fin qui tutti d'accordo, vuoi per il mancato trasferimento di competenze provinciali (erano nate per quello), vuoi perché attivate su territori troppo ampi e disomogenei.

Secondo: i comuni sono troppi e troppo piccoli; quello che una volta era visto come virtù ora comincia a essere un limite.

Terzo: i Comuni non ne vogliono sapere di considerare le Comunità come incubatrici dei loro servizi. Per quello ci sono già strumenti come le gestioni associate e le unioni. Lo hanno ampiamente dimostrato disattendendo in massa le gestioni obbligatorie con a capo le stesse comunità.

Quarto: il livello di conflittualità fra Comunità e Comuni ha raggiunto livelli da allarme rosso, da ultimo in Consiglio delle autonomie.

Quinto: le Comunità non possono in nessun modo favorire unioni e fusioni fra Comuni, almeno fino a quando non smetteranno di leggere gli sforzi di collaborazione fra municipi come una minaccia alla loro stessa sopravvivenza (è quanto avvenuto finora, basta chiedere ai sindaci che hanno avviato le unioni o ci hanno provato).

Ora, il gruppo di lavoro di cui faccio parte ha ritenuto in primo luogo di puntare sulle unioni dei Comuni sotto i tremila abitanti per la gestione dei servizi. Unione, non fusione, che è un'altra cosa.

È quanto avviene a livello nazionale? Sì. Ciò mina i fondamenti dell'autonomia come dice Pinter? Non direi proprio. Forse è più deleterio per l'autonomia, per dirla con Degasperi, non riuscire a dimostrare di essere migliori della burocrazia statale, dove, ma guarda un po', sono state eliminate le Province.Però a ben vedere non è tanto l'esistenza delle Comunità l'oggetto del contendere, quanto piuttosto il loro modello di governance. Sulla questione dell'elezione diretta o indiretta dichiaro subito, se ancora ce ne fosse bisogno, la mia convinta adesione all'indiretta, sulla base di alcune considerazioni.

Tecnicamente le Comunità sono enti associativi dei Comuni. La loro natura è suffragata dal fatto che la Provincia non ha trasferito loro funzioni, ma le ha trasferite ai Comuni con l'obbligo di gestirle attraverso le Comunità. Ora, va da sé che il direttivo delle pro loco viene eletto dai soci delle pro loco, come i consigli di amministrazione di qualsiasi società, associazione, ente, dalla cassa rurale alla cooperativa. Sarebbe piuttosto originale immaginare i soci della bocciofila che si fanno eleggere il direttivo da tutti i cittadini. Ebbene, è quanto avviene nel nostro caso. In altri termini, se l'ente è di fatto un'associazione dei Comuni, allora i propri organi devono essere eletti dai soci, ovvero dai consigli comunali.

C'è chi sostiene che anche l'Alto Adige ha le Comunità e che l'Austria ha un'articolazione istituzionale in distretti (Bezirke). Di solito chi lo fa dimentica di aggiungere che le comunità comprensoriali altoatesine non prevedono l'elezione diretta e che i Bezirke austriaci sono di fatto organi monocratici nominati dallo Stato, una sorta di prefetto o, nel nostro caso, di commissario del governo.Ma visto che ci siamo addentrati in una comparazione della situazione in altri lidi spingiamoci un po' più in là. Su 28 paesi europei il nostro è l'unico caso con cinque livelli istituzionali elettivi (in Italia tre); negli stessi 28 paesi europei il nostro è l'unico caso di composizione mista di un organo istituzionale (l'assemblea un po' diretta e un po' nominata). Siamo più bravi di tutti? Mah.

Fatto sta che la riforma della riforma va fatta per forza, altrimenti nella prossima primavera eleggeremo direttamente l'assemblea delle Ccomunità senza alcun rappresentante dei Comuni. Immaginiamo uno scenario più che probabile: la legge che mantiene una quota di elezione diretta arriva al governo per il via libera costituzionale; il governo (che ha appena abolito le Province), o in alternativa gli stessi Comuni trentini, la impugnano; probabile scomparsa dell'elezione diretta se non addirittura della stessa Comunità di valle, che in Costituzione non esiste proprio.Qualche politico locale griderà all'ingerenza romana, ma in realtà la nostra autonomia già provata dalla faccenda vitalizi sarà di nuovo sotto attacco, e in tempi di riforme costituzionali non so proprio a chi gioverebbe.