Sui 66 anni il Pd non molla: niente anticipi

Rimane uno dei punti più controversi della riforma. E benché in commissione il testo originario del disegno di legge abbia superato indenne gli emendamenti, tutto fa pensare che una volta in aula la battaglia si riaprirà. Si tratta dell’età compiuta la quale gli ex consiglieri potranno ricevere il sospirato vitalizio: 66 anni, prevede il ddl, ma con possibilità di anticipo anche a 60 anni, in questo caso con una decurtazione dell’importo in quota percentuale per ognuno degli anni d’ anticipo.
"Trentino", 18 giugno 2014

Quota fissata al 2% nella proposta dell’Ufficio di presidenza e rialzata al 3% da parte della commissione, che ha approvato un emendamento della Svp in tal senso. Ma basterà, questo aumento, per “salvare” uno dei punti più controversi della riforma?

Il Pd da tempo sostiene in ogni sede la necessità di eliminate tale previsione, fissando i 66 anni senza possibilità di anticipo. Posizione in passato sostenuta anche dal capogruppo del Patt Lorenzo Baratter, benché ieri assieme alla Svp la Stella alpina abbia votato contro questa proposta avanzata appunto dal Pd e dai Verdi.

Il punto, oltre che concretissimo per gli interessati, è infatti di alto valore simbolico: nel vocabolario spesso fumoso della vicenda vitalizi (attualizzazioni, anticipi, Fondo Family, tasso di sconto e via così), quello dell’età da raggiungere per vedersi riconosciuto il vitalizio è una misura chiarissima a chiunque. E, soprattutto, che chiunque può valutare confrontandola con la propria situazione di lavoratore che negli ultimi anni ha visto spostarsi sempre più in là il traguardo dei requisiti previdenziali.

Ecco perché il Pd riproporrà certamente l’emendamento sui 6 anni senza anticipi anche in aula, non come merce di scambio per ulteriori compromessi (ad esempio un ulteriore aumento dal 3 al 4% della decurtazione) ma come questione di principio.