«Spero si fermino sull`orlo del burrone...». Giorgio Tonini, vicecapogruppo del Pd, si appella a Mineo e agli altri dissidenti: «Il Pd non può caricarsi della responsabilità storica tremenda di far fallire il governo Renzi, dopo il gigantesco carico di speranza che ha suscitato negli italiani».
Intervista di Monica Guerzoni - Corriere della Sera
Pensa che gli autosospesi vogliano far saltare il banco?
«Non vedo proporzione tra il danno che si rischia di fare e la materia del contendere. E una follia mettere in discussione l`unità del gruppo e del Pd per una questione secondaria, che attiene alla disciplina e non alla libertà di coscienza. Di fronte alle sfide enormi che il governo sta affrontando, ci dividiamo sul Senato eletto alla spagnola o alla francese?».
La situazione del Paese giustifica la sostituzione di Mineo?
«Parlano di epurazione, ma qui nessuno è stato cacciato da nulla. Mineo ha votato in maniera difforme e poiché siamo alla vigilia di un passaggio decisivo, le prime votazioni sugli emendamenti, il partito ha il diritto di sapere se in commissione c`è la maggioranza oppure no. Al Senato i numeri sono risicati, ognuno ha ín mano la chiave per far saltare tutto».
Per Mineo i numeri non ci sono.
«Con la sua sostituzione, i numeri ci sono. E siccome si deve fare un accordo piu ampio, un conto è andare al confronto con Berlusconi forti di una maggioranza autosufficiente, altra cosa è chiedere i voti a Forza Italia col cappello in mano. Trovo singolare che proprio coloro che accusano Renzi di eccessive aperture a Berlusconi stiano lavorando per indebolire il Pd davanti ai nostri interlocutori».
L`ipotesi espulsione esiste?
«Noi non cacciamo nessuno. Loro si sono autosospesi e spero chiariscano cosa voglia dire. Mineo ha deciso di fare della sua presenza in dissenso in Commissione uno strumento di battaglia politica ed è stato quindi giorni sui giornali da par suo. Il caso andava risolto e si è trovato un escamotage».
Per Lotti, Mineo ha tradito.
«A me non piacciono queste parole forti, né condivido l`idea di decisioni disciplinari. In questo assomiglio a landa, credo nella mediazione e mi considero un allievo ideale di Aldo Moro. Ma la pazienza a un certo punto finisce. Dopo 15 assemblee di gruppo a discutere di Senato, si tira una linea e chi è in dissenso si adegua. Lo dice uno che è stato quasi sempre in minoranza e al quale non è mai passato per l`anticamera del cervello di sfasciare l`unità».
Il Pd rischia la scissione?
«Il merito non giustifica una posizione così dura e incongrua, contro la maggioranza del gruppo e contro il governo, quindi non posso che rubricare la vicenda come un episodio di lotta politica contro il premier. Una parte del gruppo e del Pd è contro le riforme e intende opporsi con tutti i mezzi. È bene chiamare le cose col loro nome».
Gli autosospesi si appellano al regolamento del gruppo e impugnano l`articolo 67 della Costituzione.
«Il regolamento prevede la libertà di coscienza nel voto in assemblea, non in commissione, sui principi della Costituzione. Dunque non è questo il caso. L`articolo 67 poi non c`entra niente, perché garantisce al parlamentare che nessuno possa revocarne il mandato. Ma non è scritto da nessuna parte che i membri delle commissioni sono inamovibili».
Vede una relazione con i franchi tiratori alla Camera sulla giustizia?
«Non credo ai complotti. Ma se nel voto non ci si adegua tutti alla linea che prevale, i partiti non riescono a stare insieme. Se davanti a una crisi storica in Europa facciamo saltare tutto sulle modalità di elezione dei senatori, gli italiani ci rincorrono coi forconi e ci portano tutti in manicomio». - See more at: http://www.senatoripd.it/doc/6510/tonini-dobbiamo-stare-uniti-o-i-cittadini-ci-portano-tutti-in-manicomio.htm#sthash.6uR1lPqG.dpuf