«Alessandro Andreatta è il candidato naturale per un secondo mandato da sindaco del centrosinistra, ma sarebbe sbagliato procedere per inerzia. Ci serve un rilancio, qualche idea forte su cui lavorare nei prossimi cinque anni». Michelangelo Marchesi (Pd) è assessore alla mobilità e all’ambiente ed è anche amico di lunga data del sindaco.
C. Bert, "Trentino", 31 maggio 2014
Ma la sua analisi su questi cinque anni di legislatura è senza sconti, per la giunta e per il consiglio.
Marchesi, un esponente del suo partito, Scalfi, ha detto che non si accontenta di andare sul sicuro, sottinteso con Andreatta, ma vorrebbe una scelta convinta. Dalle dichiarazioni di questi giorni sembrerebbe che non lo sia poi molto. Che dice? Per me Andreatta è il candidato naturale della coalizione perché questo era il suo primo mandato da sindaco, perché gode di consenso e ha complessivamente lavorato bene. Ma nel ragionamento di Scalfi c’è un approccio che condivido: il percorso di rinnovo di consiglio e giunta non deve semplicemente procedere per inerzia, deve avvenire cercando un rilancio. Sono due approcci compatibili: non basta avere un candidato sindaco, servono alcune idee forti da spendere che contraddistinguano la città che vogliamo costruire.
Non è proprio quello che è mancato in questi anni, un’idea forte di città? Se lei dovesse indicarla, cosa direbbe? Venivamo da una stagione di tanti progetti, con l’esigenza quindi di realizzare qualcosa. E non penso solo all’urbanistica, che tende ad appiattire la città solo su opere e infrastrutture. Penso anche alla cultura e al sociale. E poi c’è stata un’altra difficoltà.
Quale? Non voglio usarlo come alibi, ma la crisi congiunturale è stata molto più impattante di quello che potevamo immaginare, questo ha condizionato in modo fortissimo la giunta a inizio mandato costringendoci a tagli di bilancio. Forse non si sono percepiti fino in fondo gli sforzi fatti per cercare di salvaguardare al massimo il livello dei servizi, questo ha sottratto mesi e mesi, un tempo che poteva essere dedicato a progetti di prospettiva. Ora che ci avviciniamo a nuove elezioni, è importante aprire un confronto su quali sono le nostre priorità e a quali cose possiamo invece rinunciare. Sapendo che il tempo in cui si potevano assecondare tutte le scelte è finito per sempre.
E per lei quali dovranno essere le priorità dei prossimi anni? Innanzitutto quello su cui abbiamo cercato di tenere il più possibile, ovvero il sociale. Che non è solo attenzione alle marginalità e al disagio, ma più in generale alle relazioni e dunque ai servizi, per l’infanzia e per la famiglia. E poi indico uno dei settori di mia competenza, la mobilità, che rientra anch’essa nella dimensione sociale.
La mobilità e i parcheggi sono stati uno dei fronti su cui la maggioranza si è divisa, molti impegni del piano della mobilità sono ancora sulla carta. Indubbiamente ci sono posizioni diverse. Ma le scelte del Pum sono quelle che dominano nelle città di tutta Europa, anche in quelle con amministrazioni di centrodestra: la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, la ciclabilità. Scelte su cui noi siamo ancora in ritardo.
Per qualcuno vi è mancato il coraggio di fare scelte come l’estensione della zona a traffico limitato. Cosa risponde? A sbloccare il discorso sulla Ztl è stato paradossalmente l’aumento delle tariffe, da lì si è registrata una convergenza che prima non esisteva. Col senno di poi, mi viene da dire che conveniva andare alla rottura prima, ci sarebbe stato il tempo per capitalizzare certi risultati.
In consiglio è muro contro muro sul rifinanziamento del campo nomadi. Dove sono finite le microaree, promesse a più riprese a inizio legislatura? Vero, erano nel programma di coalizione e non sono state attuate perché non si è trovata la condivisione. Io continuo a pensare che è una strada che non dovremmo temere, anzi: microaree vuol dire far evolvere la qualità di vita delle persone che ci vivono, creare patti che fanno crescere l’integrazione e migliorare la sicurezza rispetto al campo nomadi e alla marginalità illegale di oggi. C’è chi non capisce che non decidere a volte è più negativo che non prendere una decisione forte.
Non sarà che la mancanza di una vera opposizione, realmente alternativa, alla lunga diventa un elemento di debolezza per chi governa? Sì, avere un competitore compatto e forte ti costringe a tua volta ad essere più coeso e forte. In questi anni è esplosa la frammentazione, che purtroppo favorisce la ricerca di visibilità.